fiume

fiume
fiume della vita

mercoledì 28 gennaio 2015

FU LO SBATTERE DI ALI







 La tua ferocia fu la tua tenera forza nel diverso cielo di stagioni nuove.

O forse fu quel fruscio di ali che sbatté tra i capelli, come fa la speranza quando non vuol morire.

 Nel giorno.  Col vento.  Quando mormorano i ciliegi prima che a sera.


Mirka

""Forever and forever"









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lunedì 26 gennaio 2015

MEMORIE INTRECCIATE



Ti ricordo sempre in attesa e, anche oralmente mi fu trasmessa l'attesa.  Un'attesa strana come di chi, forse, arrivò solo con le ossa.  Che l'anima vibrava dappertutto e in ogni tuo umile atto quotidiano.  E tramandato oralmente mi fu il tuo volto di perla brunito dalle percosse per aver sfidato l'impossibile andando incontro all'amato Tuo Bene per avvisarlo di una retata fascista.  Nei miei ricordi personali tengo invece una canzone Because  che portavi sempre sulla bocca, che nessuno riuscì a togliertela e, che, in quel tempio, anch'io trovavo strana pur incantata dal suo fascino di suono senza parola ma che adesso so. Spesso risuona come allora,quella canzone e pare che anche il Tempo non sia passato..   Di questo e d'altro sono testimone orale di fortezze tramandate e di cui con altrettanta fierezza posso dire "no",  giacché noi apparteniamo a quella razza di minoranza che non si piega neppure davanti a un plotone di esecuzione. Come quella volta che lo zio Giuseppe chiamato a sproposito Fifo attraversò tutta la Piazza della sua città emiliana con la sigaretta fra le labbra consapevole che, al termine del percorso ad accoglierlo ci sarebbe stato tutto lo stato Maggiore Fascista, che l'avrebbero pestato a testa in giù come si fa coi maiali, che restò dentro uno stagno per 3 giorni alimentandosi con una cannula per prendere l'aria perché appostati in tutta la campagna ci stavano i nazi e compagni e, che, a conseguenza di quelle botte infami e vigliacchi per l'ultima accoglienza avrebbe trovato la morte.     Questo e molto altro ancora vive nel mio DNA, con l'obbligo  morale di darne testimonianza con lo scritturato, ma anche con la voce forte senza la più lieve increspatura. Qui e altrove. Sempre.

Mirka






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domenica 25 gennaio 2015

OGGI NASCEVA MOZART MENTRE IL SOLE S'IMBRONCIAVA MANDANDO SAETTE





 Oggi nasceva Mozart. Un genio ribelle e capace d'opporsi a ogni mediazione che puzzasse di opportunismo comodo in ogni caso sempre e solo a se stesso o perchè servo di qualche padrone.  E il suo fu un Libero Volo di Vita verso e dove solo l'Indeterminato vive autorigenerandosi in infiniti atomi di purissima energia.  E noi continueremo il cammino della gratitudine omaggiandolo per ogni vibrazione percepita oltre lo stesso silenzio.  E sarà ebbrezza che tutto racchiude, inclusa quella malinconia che Lui dovette sentire nella molecola del suo midollo trasformandola in risata per ogni finito.

 Mirka


" Dalla sua pace"  (Don Giovanni)



La foto è stata presa da Internet. Sospesi i commenti

mercoledì 21 gennaio 2015

JAQUES PREVERT OVVERO DELLA LIBERTÀ







 I PRODIGI DELLA LIBERTÀ

Fra i denti di una trappola
 La zampa di una volpe bianca
 E sangue sopra la neve
 Sangue della volpe bianca
 E tracce sopra la neve
 Tracce della volpe bianca




 Che fugge su tre zampe
 Nel sole che tramonta
 Con stretta fra i suoi denti
 La lepre ancora viva.

Jaques Prèvert

 e mentre riscoprivo l'immutabilità di questa forza insita nelle persone libere mi riempivo l'animo di rinnovata meraviglia, coraggio, fiducia, in tutto ciò È e sarà.

Mirka




"NOI" (Antonello Venditti)




Sospesi i commenti. Grazie

















E




martedì 20 gennaio 2015

DUE BREVISSIMI INTENSISSIMI SOGNI NELLA STESSA NOTTE


6


Breve premessa. Dopo lo tzunami del passato anno,ho scelto di raccogliermi nella mia intimità,staccandomi dal mondo relazionale, evitando d'assumere impegni seri e, in apparenza  dedicandomi all'ozio. (Correggo dei lavori, rileggo con molta calma degli abbozzi di progetti, faccio ricerche musicali, mi tengo informata sulla vita politica e sociale del globo quel minimo necessario per stare al passo coi tempi e con la storia, rispondo a qualche lettera con piacere ma senza la foga che mettevo un tempo, do  quel minimo di cura agli amici di sempre,un giusto tempo ai miei figli ma senza importunarli con un più . Leggo qualche pagina di un saggio psicologico avuto in regalo dal mio primogenito Gabriele poco perchè gli occhi mi bruciano ancora, ho accettato di preparare una prossima esordiente, gironzolo per casa con tranquillità, dormo con soddisfazione, eccezioni a parte, mi alzo dal letto non più all'alba ma quando lo dice il corpo, anche se credo che questo dipenda dal fatto che non ho più il merlo che mi sveglia saltando sulla finestra,gli uccelli e la natura così variegata e mutevole della campagna, il sangue che rincorreva ogni cosa, la siepe coi primi fiorellini gialli e bianchi. Adesso ho davanti i casermoni della città, qualche balcone fiorito e una striscia di cielo. Stendo i panni come una popolana di Trastevere vergognandomi come una ladra perchè m'imbarazzano le bandiere di casa esposte a trofeo del  bianco più bianco non si può.  Ho interrotto le mie marce consuete  da bersagliera. Twitto volentieri, questo si,
perchè mi diverte, mi distrae dai miei incerti personali, non m'impegna troppo e tiene attivi i miei neuroni. ) Insomma per dirla tutta sincera sono in "apparenza"  l'incarnazione bella del fortunato OZIO e, questo,così contrario alla mia indole mi procura dei sensi di colpa anche se l' istinto accompagnato dalla ragione approva la scelta che ho fatto. In compenso mangio poco e quel poco cucinato nel modo più spiccio. Intendo senza la cura che si deve quando si sta ai fornelli fosse anche solo per se stessi. Tutto alla brace, insalate,verdure già belle lavate e pronte per l'uso tanto per stare in sintonia con questo stato particolare e,patatine arrosto  quando le vedo esposte al supermercato. Però non dimagrisco, ma va bene così. Mica ho sfilate in programma o grandi gala. Mi piaccio così, quindi giri il mondo giri che giro anch'io. Quando voglio rivedermi "altra" non ho che da aprire gli armadi,accarezzare quel poco di ben di dio che ancora vi sta dentro vedervi l'Afrodite (battuta ) di quei tempi, sognare ad occhi aperti e tutto ritorna. Gagliardo,integro,spudoratamente integro nel suo Osè così congeniale a me e naturale.   Ma ecco al primo dei Sogni ad occhi chiusi.

Ero in bagno o davanti alla toletta dove solitamente mi siedo per truccarmi l'ombra che mi ricorda un'identità,un ruolo. Sono in attesa del mio secondogenito Daniele e questo mi rende  i movimenti leggeri e sicuri. Indugio
 con un pizzico di divertimento sul bordo di una manica e  allargo le braccia come fossi a una prova di sartoria o di teatro. Alzo il braccio destro dove al polso tengo un bracciale di minuscoli brillanti montati su oro bianco e un'altro ugualmente piccolissimo sempre d'oro ma in tre sfumature. Insieme a loro l'immancabile orologio in acciaio. Non me ne separo mai. Neppure quando faccio la doccia. L'ho guardo come fosse un braccio non mio. Strabuzzo gli occhi incredula perchè vedo che il polso è nudo.  Non ho più nulla. Neppure l'orologio. Sorvolo sui due bracciali. Non me ne importa nulla di loro ma dell'orologio invece si. Di lì a poco sarebbe passato mio figlio e non avrei saputo come giustificare quella perdita. Mi agito,mi cade una matita da trucco,mi abbasso per raccoglierla, suonano il campanello. È lui. Corro senza curarmi del chimono slacciato. Apro la porta,a testa china,l'accolgo,l'abbraccio e lo metto al corrente della perdita. Leggo il dispiacere nei suoi occhi. Ha le labbra strette.  Mortificata e senza rendermi conto rialzo nuovamente il braccio per fargli vedere come può essere capitato e,con la seta del chimono che scivola appare in bella vista l'orologio. Là al polso destro dove sta sempre. Scoppio di gioia. Daniele grido l'orologio è quì. Non è perso. Anche mio figlio è felice e, come nulla fosse comincia a parlarmi di un libro. Un libro antico del quale io non so perchè ho perso la memoria.        Mi sveglio. Allungo la mano al comodino. Cerco la luce della piccola lampada. Guardo l'orologio (reale) che tengo al polso. Sono le 4. Attorno il buio. Fitto. Nessun miagolio di gatto. Tiro su il piumone sino all'inizio della bocca. Inseguo i particolari del sogno. Mi riaddormento.

Secondo Sogno
 Poteva essere una camera d'attesa. Una grande camera che, a seconda la si guardasse diventava piccola e come separata da pareti di legno. Una camera come doveva essere nell'Alto Medioevo giacchè da una finestrella s'intravvedeva un torrione. Un grande fuoco mandava luci rosse che si alternano alle luci bianche provenienti dalla finestrella. Un forziere ben visibile in fondo alla camera,qualche decorazione alle pareti. Nella stanza siamo in tre. Daniele,il mio secondogenito davanti alla piccola finestra dove in silenzio dà dei punti a un piumone ma con un'evidente attenzione a tutto quello che passa tra me e suo fratello Gabriele.  Gabriele  è sempre stato considerato in famiglia come  un Sognatore e come tale un perditempo. Daniele sorride senza smettere l'ago. (Daniele è un concreto che si è sempre dato da fare con ottimi risultati,riconosciuto da tutti per i suoi meriti,valore moralità,onestà).Gabriele parla con me. Amicale,con pacata  discorsiva positività. Non ricordo però su cosa convergessero i nostri scambi.   La sensazione che provo è comunque di bella e intensa energia come se da menti conciliate da  precedenti tensioni uscissero dei flussi di gioie che, incontrandosi non si urtano per sovrapporsi uno sull'altro ma attendono il proprio momento per manifestarsi. Chiara,strana,misteriosa,invece, risento questa frase che riporto come da sogno. "Leggi dall'alto e tranquilla scendi. Andrà tutto bene".      Mi sono svegliata e per la seconda volta ho sorriso. Con una sola differenza. Non mi sono tirata il piumone sino all'inizio della bocca però mi sono stirata come fa un gatto e,per la prima volta.dopo tanto tempo sono stata bene.
Ecco cosa io ne ho tratto.  Ognuno di noi ha qualcosa che insegna. A volte anche la stasi o uno stato di inerzia è semplicemente un vuoto necessario per colmarlo di chiarezza. Ciò che sembra una "perdita di tempo",spesso è solo un modo per rigenerarsi da un più ch'era solo zavorra o ingombro limitante per un cammino più libero. Venirsi incontro accettando le diversità e rispettandole s'impara anche ad amare di piú e più profondamente dopo avere eliminato tutte quelle tensioni create dalla mente che ne impedivano l'intrecciarsi spontaneo e naturale di connessioni affini senza le quali mai ne sapremo l'esistenza,la possibilità di farle crescere e noi con loro.  Per permettere questo cammino è necessaria l'attenzione amorevole di ciò che ci viene dato dall'altro. Dal "concreto" un bene fattibile su costruzioni costanti, minuziose,calcolate. Dal "sognatore" inedite possibilità (a sorpresa) di fiducia regalate nel momento dove più servono e sono necessarie per un volo dato per perso. Non sono psicoanalista per offrirmi spiegazioni tecniche vicino alla alla verità,ma ciò che ho provato di benessere soffermandomi su ogni particolare di questi intensi brevissimi sogni mi è bastato per comprendere quello che mi era necessario sapere.

 Mirka


 " Toccata e Fuga in Re minor"  ( BWV 565 J. S.Bach)




No commenti. Grazie.please







sabato 17 gennaio 2015

QUANDO FROTTE DI BAMBINI METTEVANO IL NIDO NELLA MIA CASA



E nei passi cinguettanti nel nido viveva il silenzio sacrale della Gioia che tesse l'eternità del ritmo a mezzo di invisibili Pause.



 Tornano a galla come pesciolini d'oro quella frotta di bimbi che nel luminoso tempo dei progetti forti, brulicavano per casa e io filo li univo, li scioglievo, li disegnavo e ogni disegno con la sua forma indivisibile di identità prendeva a lei pezzetti che variando si moltiplicavano a vista si ricongiungevano al tutto e sfiniti per lo sforzo s'intrecciavano ridendo a terra. E non è eufemismo o divagazione immaginifica se ho detto si finiva a terra, magari con la scusa d'arrivare per primi a raccogliere un libro.     Perché così era. La Mia Casa Un Nido.  Un nido che protegge, nutre per far spiccare il volo poi.  Liberi.  Forti.  Felici.  Oh come torna agli occhi lo zampettare allegro, l'occhiolino per dire senza farsi accorgere, lo spartito stretto al cuore come tesoro che non si cede neppure in povertà, i gatti e i bengalini gli usignoli e i canarini zittiti per tutto quel trambusto, i pini dentro casa, l'aria di fiati e i miei figli, ragazzi pure loro, d'attorno con l'alibi in tasca e pronti all'occasione. Perché la mia casa era tutto questo.  O non mancavano gli urli. Urlacci suona meglio.  Ma erano urli di pancia,che sparivano com'erano venuti senza lasciare traccia, mugugni,  o eco che portasse a rancori. Aspettarsi una sorpresa era diventata abitudine di giornata, una sorpresa che si formava nell'aria dopo essersi nascosta o messa a nido anche lei sotto il tavolo o sotto a un letto. Di letti ce n'erano tanti. All'improvviso capitava sempre qualcuno. E per tutti doveva esserci l'accoglienza che si riserva a un monarca col cuore semplice del più umile dei barboni.  A volte penso a quel tempo di fatiche immense per legare e organizzare il tutto, purtuttavia distese dalla gioia che dava loro il senso.   E mentre si affaccia un poco di malinconia rivedo tutti quei volti di bambini e di adolescenti e mi chiedo. Che avrà combinato Beatrice quella che arrivava sempre col fiatone e con gli occhi faceva cenno a un bicchiere d'acqua?  Di lei non so nulla. E Andrea col suo spirito da collezionista di farfalle più che da musicista, anche se non si perse mai una lezione pur col volto a geografia di febbre.  Di lui ogni tanto so, e so che sta realizzandosi nella strada giusta della biologia.  E Mariapia la figlia del droghiere quello della Piazzetta poco più su da casa mia col padre dalla gran voce baritonale e amante delle canzoni napoletane, (non gliene sfuggiva una) orgogliosa quanto una staffetta con la bandiera di un pezzo (studiato)  da far invidia al fuoco dell'Olimpo, che s'intignava diventando rossa come l'uccello rosso che chiamavamo Chagal e stava da solo in gabbia se le facevo osservare che Bach non si suonava come Beethoven. Però era molto brava e scrupolosa anche se ha scelto altro dal pianoforte. Mi han detto che lavora in RAI.  E Emanuele il cicciottello serio e tenero come le sue manine di burro aperte diligentemente e con sforzo su quel salto d'ottava che non veniva mai?  E Susi la mia tenerissima Topolina  dai buffi berretti colorati che riempiva tutta la porta per i libri in più che si portava nel doppio zaino.  Una volta si presentò con un gattino trovato per strada e con una zampetta rotta. Mi invocò come si fa davanti a un cero perché gli  mettessimo una stecca e non dai arrese sino a lavoro compiuto saltando la lezione ma volendo pagarla intera. So che fa il medico e so che è  brava e scrupolosa come lo era col pianoforte. E Giusi la triestina che si presentava sempre alle lezioni con un fiore o un dolcetto fatto dalla mamma forse per giustificarsi per quello che non aveva dedicato allo studio sostituendolo col moroso della porta accanto.  E Giulio  sempre con quella striscia di Gaza castana sugli occhi che lo faceva tanto assomigliare a Schumann, così lui si sentiva,anche non spostandosi dal Pianista virtuoso (Hanon) e a metà chiuso.  Il bello dei belli restò anche in seguito quando decise d'intraprendere lo studio del canto sul genere leggero (?) e grandioso in quel Jesus Crist Super Star ( veramente indimenticabile quel musical che fece come protagonista)  E Chiara la diva di Livorno che nei Saggi di fine anno voleva essere sempre la prima e non c'erano ragioni valide per dissuaderla che il programma richiedeva altro?  Comunque la stoffa della Diva ce l'aveva perché ora fa del cinema, e magari un giorno la cercheranno a Broadway e prima o poi chissà che anche in mano non le arrivi la statuetta.  Elisa il grillo sexi dal roco naturale. Che farà?  Dove sarà?   E Tiziana la fiamma in perenne movimento che per le lezioni non la fermò neppure quella neve che mai si era vista a Roma? . So da amici che sta facendo una splendida carriera nel campo del jazz tra un litigio e l'altro e sempre sull'uscio per lasciare. Pepe e senape furono in ogni caso il suo forte anche se mai si vide dolcezza più infinita donata a tutte le ore a  Lara la cagnolina passione di tutta la famiglia ...allargata.  E tanti altri volti e nomi vivono anche oggi di quel  tempo dove se, tutto era fatica di volontà d'acciaio, i Sogni furono la più bella fodera per custodirli e al momento giusto farli volare fra occhi d'aquila "stretta" alla sua visione mentre inviolata restava la consapevolezza che, avviare era l'unica cosa che aspetta all'insegnante, compito spesso anche ingrato e, dove il premio di felicità è solo a metà fissato a un Tempo stabilito dal Fato e dall'umano volo dei corvi.    E poco importa se qualche volta l'onda dei ricordi flagella mentre ridono i piedi portando a galla alghe, qualche cara testa ribelle velata da una bruma di nostalgia che tutto unisce e confonde,  senza infamia ne lode, e dove anche il vento che un poco li rigenera è un lontano sterile piacere.  La Casa che Ospitava, zampetta ancora di passeri  e sogni  mentre bussa alla finestra più bassa l'ambasciatore di involontarie Pene. A volte mi domando se tutto questo è avvenuto. Con orgoglio rispondo proprio di si. Consapevole in modo ripetitiva, ma va bene così che, la vita alla quale ho dato Ali continuerà nel suo fiero valore d'essere e di esistere sospinta da altri soffi di vita infiammati pur senza ricordarne l'inizio da cui partirono.  Non ho rimpianti ma una lieve malinconia si.  Come si fa con un vino buono e conservato bene. L'ebbrezza del centellinato meditando su un pensiero, il piacere che arrotola il palato, il retrogusto viola quando lo si ripercorre guardando il bicchiere che decresce. Ma anche questo fa parte del "messo in conto" in quel ciclo imprevedibile che si chiama Vita.

Mirka






"Year ago,  (Mary Poppins  -Film )




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venerdì 16 gennaio 2015

MI SCAPPO'



A li mortacci  mi scappò fuori, ieri, a un'allieva che per  72  volte stoppava sullo stesso punto.  Che dire se non che, ho ripreso il gusto d'essere la romana verace di uno storico tempo e tutto sommato non mi dispiace.   E manco posso dire di compiacersi alle leggi del bon ton o di educata civiltà se in me si aizzò Curione e tutta la sua plebe e questa Intesa mi stupì non poco.  Sospesa nel l'attimo, (infinito) zittito di Marte l'irruenza, ripresi la lezione ridendo di me e l'allieva con me.  E  l'inghippo non ebbe più a ripetersi.

Mirka

"De vieni non tardar" (Le nozze di Figaro- Atto IV)



mercoledì 14 gennaio 2015

PICCOLA FILASTROCCA DEL TIRA E MOLLA



..Infin     giungendo da destra e da  sinistra e da sinistra a destra     bramando s' imbranò con i bramini    ma  coi dardi d'Apollo scanzò tutti i confini     e la barca coi remi tirò a un Porto aperto all'Ordinata Marcia dei Leon      alla latrina pronta e col grido al muro delle stanze sue  
.   Je Suis Charlie.

 Mirka


 Armata Brancaleone  (sigla del film)



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TUTTO AVVIENE PER INSEGNARCI QUALCOSA







Un twitter  scritto da Giorgio (lanciascudo)  mi ha portato alla mente un episodio di qualche anno fa permettendone di collegare le cose agli avvenimenti e traendone delle riflessioni. Quel twitter parlava del Caso. Del Caso che non è mai Caso ma un qualcosa che si forma attorno a noi per darci dei segnali che noi dovremo essere capaci d'interpretare prestando la giusta attenzione, rifletterci e portare la riflessione sino agli strati più profondi, onde ricavarne una guida,un insegnamento e trarne benefici di forza, fiducia, sicurezza.   Rivede con assoluta chiarezza di memoria ogni particolare di quel giorno in cui capitò ciò di cui racconterà e dal quale uscì rafforzata la mia fede, se non addirittura nuova,  e come resuscitata. Abitavo in Emilia. La mia terra natale nota per le sue nebbie fittissime e improvvise. Alla guida della mia Opel ero andata a Reggio per incontrare degli amici. Si era alla fine di settembre e la giornata era bellissima. In Emilia ci sono atmosfere così suggestive, multiformi e ricche di sfumature da far invidia a Monet qualora fosse ancora tra i vivi. Non ho mai trovato da nessun'altra parte dell'Italia questa magia, incantamento e gioia per chi, come la sottoscritta sa gustare e trarre con l'occhio sempre pronto a divertirsi, con lo spirito predisposto al godere musicale dei colori come da spartito di un pezzo  letto a prima vista di cui un particolare cattura l'attenzione, tiene sospesi per un poco, per riunirsi nel finale a un'idea di quel tutto che darà, anche se molto ancora del suo invisibile profondo resterà ancora da scoprire. Or dunque. Il pomeriggio era passato troppo in fretta perché non ne avvertisse in anticipo la nostalgia che avrei provato di lì a poco appena messa al volante della mia auto. Immaginavo la conversazione e con un buon margine di antica conoscenza, ne Gustavo dettagli e contorni.  Stimolante e piacevole anche se non sarebbero  mancate punte di polemica. Diversi i punti di vista, le angolazioni, la mentalità, le esperienze. Ma tra di noi c'era affetto e stima quindi tutto poteva diventare materia di arricchimento e non il contrario. Si era in piazza del Duomo e, anche se si camminava a tondo l'orologio mi stava sempre davanti. Sono miope e con scarso senso dell'orientamento.  Quindi tutto era da mettere in conto. Ma gli argomenti tiravano e così la piacevolezza di condividere con gli amici. Il cuore si era esattamente diviso. Con un'ansia crescente e sottile com'è la Bellezza di quelle atmosfere, cominciai a intravedere una nebbiolina che cominciava a insinuarsi e, che, senza ombra di incertezza dava chiari segni di stendersi come il mantello grigio piombo che portava mio nonno. Sempre più preoccupata ho salutato in fretta la compagnia e quasi di corsa mi sono avviata verso il parcheggio dove stava la mia auto. Accesi il motore, misi la prima seconda terza e quarta mentre la nebbia cominciava a mangiarsi i contorni delle cose. Col cuore sghembo arrivai alla prima delle tante rotonde e...non vidi più nulla. Infilato una direzione a caso, mi trovai tra dei fossati e dei capannoni.  Mi sembrò di riconoscerne uno dal momento che, qualche giorno prima accompagnata da uno di quegli amici  ero capitata là per conoscere un industriale interessato a un mio progetto di lavoro.   Ero nella zona industriale di Mancasale. Ma...a parte quella certezza di locazione non vedevo nulla di nulla. Scesi dalla macchina e smarrita cercai di sguazzare gli occhi.  Davanti al muso della macchina un fosso, dietro, a pochi metri un muro.  Sudore e brividi cominciarono a ghiacciarsi tutto il corpo. Sono risalita in macchina e, come una tartaruga ho messo in moto la retromarcia. Il muro era sempre più vicino. Mi fermai. Per un attimo pensai di chiamare in  soccorso degli amici. Ma desistette. A che sarebbe servito dal momento che non sapevo indicare la posizione?  Aggrappata con le mani al volante ci buttai anche la testa. Fui distratta dalla musica uscita dalla stazione di radio 3 sulla quale mi sintonizzavo sempre.  Cantava Nilla Pizzi. Vola colomba bianca vola. Una strizza di tenerezza  subito sostituita da sbalordimento per l'inserimento improvviso di una voce uscita da chissà dove che esortava ad avere fede, che Dio non abbandona mai, che altro  non chiede  se non l'affidarsi,che tutto perdona, e non è giudice bensì Padre.  Superato il primo sbigottimento, capii che quella voce veniva da Radio Maria ed era quella del cardinale Gianfranco  Ravasi così mi parve intendere. Ancora secca di bocca, cominciai a rendermi conto delle cose. Quella stazione radio aveva misteriosamente preso il posto di radio 3 proprio nel preciso momento in cui io avevo bisogno di sentire una voce veramente umana che stava vicino a me e vicina per dirmi quelle esatte parole. Le sole che potevano restituirle la fiducia e il coraggio. Scoppiai a piangere come un rubinetto rotto, mentre la Voce prendeva commiato e al suo posto subentrava la recita del rosario. Automaticamente le mie labbra cominciarono a sillabare qualche suono di quelle note giaculatorie. Sentii il sangue riprendere il suo flusso normale partendo dalle mani che, come guidate da forza misteriosa presero a manovrare con fermezza il volante. Il collo da sbarra che era, cominciò a sciogliersi in movimenti lenti e controllati. Gli occhi come dotati di laser puntati in tutte le esatte direzioni. Il Rosario a Pilota di Strada Sicura. Senza altri intoppi e con la nebbia fittissima mi ritrovai davanti al cancello di casa mia. Di fronte alla Casa Della Gioia. Nome col quale io l'avevo voluto battezzare entrandovi per la prima volta. Un simbolo di vita e di impegno a metterla in pratica. Ovunque e sempre. Il rosario intanto era arrivato al Gloria e io potei finalmente gridare qualcosa di esclusivamente mio Hurrà!  Forse mio.

No. Nulla avviene per caso, ma tutto avviene perché si creda nei continui miracoli insiti in ogni cosa, anche nei twitter. Dentro ogni cosa e, nel più elementare dei segni si può trovare la Verità che insegna ad avere fiducia per quello Spirito buono che vive in noi e circola in ogni dove come sacralità che si impone come l'unica visione a cui guardare per dare luce dove la nebbia è scesa e impedisce di vedere. Nulla è slegato alle cose che ci capitano. Sta a noi interpretarle nel modo più positivo per ristabilire ogni perduto contatto e ridare splendore alla vita oscurata solo per la nostra cecità, ferma sull'angoscia o paura di un momentaneo destinato a passare attraverso un fiducioso atto di volontà integro come la Prima Religione.

Mirka



Veni Creator Spiritus






lunedì 12 gennaio 2015

LADRA A TUA INSAPUTA






 Fu così breve l'incontro che ancora mi domando se la vita  si fosse raccolta tutta in questa brevità fatta di passaggio.  Ci sfiorammo appena con gli occhi e questo bastò per ricreare tutte le stagioni mai uscite dalla mia terra.  E mentre ti benedicevo, furtiva nascondevo una  lacrima rubata a tua insaputa fra i fili d'argento dei tuoi capelli che tu non saprai mai. Grazie.   Mirka





 "Love is here to stay"  (G.Gershwing)



domenica 11 gennaio 2015

IL RICONOSCERSI NEL TEMPO DELL'OMOLOGAZIONE






Strada. Un bel cielo azzurro con qualche pecorella sparsa. La mia camminata è moderatamente lenta,oggi. Forse per la borsa della spesa, per qualche chilo di riserva o semplicemente per il piacere di godermi il presente. Non so e non m'importa. Distratta come sempre . Solo il mio terzo occhio vigila per me. Le buche e i regalini che lasciano i cani sono la norma qui...Una spalla mi sfiora mentre l'aria mi porta le note di bella ciao. E' un bel giovane il proprietario di quelle spalle. Volto rotondo e pulito. Porta un giaccone di ottimo taglio. Forse un moncleir. M'illumino facendo invidia al sole,di questo ne sono certa e,senza pensarci due volte gli dico "Sempre bella quella canzone,vero?"  Lui  "Si compagna" e tira dritto stringendo la mano della ragazza che gli cammina accanto.  Bella anche lei.  Belli entrambi. Per la frazione di un secondo Lui si volta e mi guarda con tutto il volto luminoso come oro non adulterato da miscele bastarde.  Entrambi abbiamo capito ciò che tra di noi è passato.   Nel 68  (il mio) c'era l'eskimo  come rivolta a povertà, i buchi sparsi come fiori liberi e selvaggi sui jeans,i capelli riccioluti e scarmigliati a sprezzo della vasca idro e quotidiana,oggi una Canzone cantata senza bavaglio in bocca, una faccia pulita, un giaccone di buon taglio senza essere il simbolo di un'elite. Come il mio cappotto anche lui di ottima fattura anche se di qualche anno fa.    Entrambi però abbiamo capito una cosa certa e senza ombra di dubbio. Che la via da percorrere era la stessa.  Un lavorare  su un medesimo telaio con la polifonia di un ritmo ben preciso per dar luce alla vita.  Operai forse sconosciuti ma esecutori di un sociale che pratica la vita più che infiorarla di ferrose parole dove lo Spirito è morto e il Popolo non cresce.  Questo ho pensato per il resto del giorno vivendolo come un Primo e sognando come facevo un tempo.

Mirka

"Bella Ciao"  (Canzone Della Resistenza)




  NOTA Sospesi i commenti perchè sarebbe faticoso risponderd a tutti a causa dell'intervento recente agli occhi

sabato 10 gennaio 2015

SOTTO PELLE








Tra uno sbadiglio e l'altro
Sotto Pelle si infilò la Vita. 
E fu Musica,
 quel l'unica musica, 
il Sirtaki, a sconfiggere l'inedia. 
Capezzoli irriverenti nei gangli delle vene.

 Mirka



"Zorba the Greek"



Sospesi momentaneamente i commenti

giovedì 8 gennaio 2015

QUANDO L'ITALIA NON ERA ANCORA QUELLA DI OGGI-- CARLO MOROZZO DELLA ROCCA



Erano gli anni dei progetti vittoriosi e a lungo termine quando conobbi Carlo Morozzo Della Rocca. Giovanissima e borsista al theatre Royal la Mannaie di Bruxelles e,caldamente raccomandata e presentata a lui dal M. Lino Liviabella. direttore del Conservatorio musicale di Parma dove avevo conseguito gli studi di pianoforte e di canto.  Rammento la prima volta del nostro incontro nella sua splendida casa con l'emozione di una educanda che per nascondere la sua timidezza diventa sfacciata sino alla impudicizia ma stretta al suo vestito semplice e castigato. La prima cosa che notai quando fui introdotta nella lunga sala fu un magnifico pianoforte a coda. Credo fosse un Petrof. Lui era al pianoforte ma alla mia entrata si alzò immediatamente e con un largo sorriso mi abbracciò. Ero impaziente di conoscerla. Lino me l'ha decantata come promessa sicura della nostra lirica  e della nostra cultura.  Rossa come una torcia al tempo di Spartaco non riuscivo a staccarsi dal fresco nido delle sue braccia appena un poco più caldo nel punto dove batte sempre il cuore. L'istinto mi disse con certezza d'essere davanti a una persona speciale, lontana da ogni acquisito che potesse avvicinare l'artificiosità o comunque fuori da se stesso e, di fronte a un avvenimento eccezionale.  Sapeva di buono Carlo M. della Rocca. Un buono di pulito e raffinato. Forse ma non importa al vapore di fahrenheit. Il tremore che mi aveva preso erano stilettate di autentico freddo pur stando nel mezzo dell'estate. Ne sarò degna? continuava a frullato  di testa o la mia acerba giovinezza strabuzzerà in qualcosa? Deluderà nelle aspettative?  Saprà trarre dall'esperienza che sto facendo l'utile del beneficio per ricambiare il  dono offerto su un vassoio di purissimo cristallo?  Insomma, devastata dai dubbi, per darmi un tono e confondere la valanga di incertezze che mi erano piombate sull'anima diedi vita a un cinguettare sconclusionato passando da un argomento all'altro con superficiale aria salottiera come avrebbe fatto Madame de Steal. Una biografia che io avevo letto da poco. Carlo M. della Rocca era il responsabile dell'Istituto Italiano di Cultura e anche dalla sua persona emanava quella grazia naturale e lieve di chi della cultura ne ha tratto piacere di sapienza e non di accademica boriosa ostentazione. Con elegante spontaneità mi prese il gomito e con passo sicuro mi portò a una delle tante finestre. Io come una quasi pecorella aggrappata al suo pastore incantata ad ammirare solo con gli occhi. Lui e il panorama della città che ci stava sotto. Ciò che ricordo fu solo un'immensa lunghissima strada che a me fece venire a mente la via lattea anche se non centrava nulla. Ogni tanto mi prendevano i dubbi di inadeguatezza che subito cacciato con l'entusiasmo più sfrenato ma tenuto a bada per residui di buona educazione.  Mi dicevo se sono lì mica sono lì per caso. Qualcuno che credeva in me ha operato per far si che avvenisse l'incontro. Devo essere orgogliosa,mettercela tutta di quel meglio che posso o intuiva fosse e far si che qualcuno di quei progetti divenga realtà grazie anche a questo incontro così fuori dall'ordinario. Tutto qui. Ma ero così giovane,inquieta,suscettibile sino all'incarnazione del riccio, umorale da passare come un lampo dal regno di Lethe all'ira  dei 10 Comandamenti e da questi condannata. E che dire di quel l'inclinazione furiosa ad afferrare tante cose insieme come ciliegine sull'albero e messe a grappoli all'orecchio?  Candida sino al ridicolo ma con una incredibile capacità d'andare in profondità quando il brivido mi attraversava la pelle. Libidinosa di conoscenza  anche se in modo disordinato personale e discontinuo entro i cui sentieri mi ci tuffavo senza mezze misure in maniera esagerata e assorbente come Carta Primordiale. Insomma un vulcano e,come tutti i vulcani pericolosi, imprevedibili e irruenti senza un segno che li preannunciasse.

 E così davanti a quel signore che spruzzava intelligenza ed erudizione mi sentivo trascinata da più correnti sotterranee,dall'entusiasmo prorompente e dal piacere lento che dà l'apprendimento vero. E Carlo M. Della Rocca fu la prima lanterna che la vita mi mise tra le mani. Raggio di luce necessaria per un cammino in progresso a corrente alternata ma che non ebbe a spegnersi mai. Che per me Arte e Conoscenza, Musica e Sapere erano e resteranno uno inscindibili forza di vita inarrestabile. Inarrestabile come la Libertà. Come il mio spirito libero. Una libertà avulsa da ogni schiavitù ma consapevole della responsabilità di pensiero operante. Operante come una necessità fuori da ogni vanitosa  ambizione competitiva ma della quale non se ne può fare a meno.  Era il tempo dove portare l'eskimo dava orgoglio da mostrare insieme alla risata dura, la due cavalli (la famosa auto a due posti 2 CV)  presa in affitto e ostentata in modo scanzonato come simbolo di libertà che include quella d'essere perennemente in bolletta senza farsene un problema che, essere magri era bello anche coi brontolii nel basso ventre e svolazzanti come farfalle in lotta di polline. Era il tempo della beffa. Dei movimenti popolari in sviluppo e propulsori di forze nuove. L'improvviso di risate collettive che si dissolvevano nell'aria come bolle di sapone. Di irruenza esplosive e fuori da consuetudini e schemi.  Il tempo della NON delega.  Il tempo di motivi forti e così travolgenti da non lasciare spazio a puerili giustificazioni piccolo borghese.  Il tempo degli appassionati Apprendistati, dei Sognatori pronti ad inseguire la luce intravista fuori e oltre ogni meschinità, e infischiandosene dello scherno della stessa ma sperimentando la passione del ferro che recide ogni ipocrisia senza curarsi troppo di morire in battaglia che, le strategia per preparare la guerra la si lasciava agli altri e non a noi, purtuttavia  avendo coscienza che i problemi di ognuno avrebbero dovuto essere quelli di tutti e solo insieme si poteva arrivare a risolverli senza affidarli ai mercanti di giuggiole e lontani dalla scena reale oltre la quale  vive la tirannide del bieco potere e il "nulla" che uccide la Speranza, la vita e rende l'uomo un robot.  Era il tempo dell'arte vitale sotto la pelle ma incapace di esprimersi. Il tempo dell'amore come legge che sovrasta ogni freddo ragionamento, vitale se ti fa pulsare anche il cervello. Ed era il tempo che sentirsi Italiana era ancora sinonimo di fierezza che racchiude Storie (grosse) comuni, il coraggio di continuare scardinando ogni ciarpame, i residuati incancreniti da quel nero verniciato a nuovo e ibrido. Il tempo di Enrico Berlinguer. Questo e altro penso divagando nel tempo dei ricordi,mentre una lacrima "reale" rotola come palla su un piano inclinato rivedendo una Madre che come formichina racimolava i soldi per dare a sua figlia la possibilità di realizzare un "Sogno" custodito in un cassetto profumato di bucato  e con fiori di lavanda per sacchetti. E mentre inseguo con l'anulare sinistro quei disegni liquidi sul volto,un poco mi rammarico per tutti quei sogni così concreti e belli finiti nella polvere e dispersi in memorie distratte da ben altro che da quell'immaginare alla Fede che uniti li teneva e alti. Alti come una corrente che ha raccolto i tanti ruscelletti sparsi con a mezzo un filo intriso nell'oro.

Mirka



"Perfect Day"

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lunedì 5 gennaio 2015

LEI -OVVERO IL SOGNO




  Quando è necessario Lei si ripresenta a me.  Lascia il  riposo beato dei giusti per arrivare sino a me sulla terra.  E il viaggio, credo, sia anche lungo oltre che faticoso. Eppure lo fa come era sua abitudine fare quando il dovere d'amore (educativo)  lo esigeva.  Così questa notte l'ho rivista in sogno.  Non so se si fosse nella casa abitata da me sino a pochi mesi fa, in quella di adesso o in una galleria d'arte, ma con qualche oggetto familiare e "nostro" ben riconoscibile.  Comunque fosse, ognuna di noi due si accingeva al quotidiano, in silenzio.    Quel silenzio, a volte, più prezioso d'ogni parola. Però si percepiva tensione. A un tratto io volli spezzare quel silenzio carico di esplosivo sotto pelle sgorgando come un proiettile tenuto a lungo in canna o come una bomba infilata nel fondo di una tasca.  Ho voglia di sparare a tutto il mondo  ho urlato.  ( Tengo a precisare che l'anno passato da poco è stato per me un autentico tsunami che m'ha lasciata "apparentemente" sfibrata, tra macerie, ceneri, imprevedibili rivelazioni dure a digerire). Per risposta ebbi da Lei un singhiozzo  (o forse fu solo mio ) senza che questo la facesse interrompere le piccole azioni cominciate.  La polvere levata dai mobili, con gesti lenti, quasi meditativi, la lucidatura, amorevole di un porta fotografie in argento, un vetro della finestra del salotto ripassato quasi con  dolcezza. Io la stavo osservando e piano piano sentivo trasformarsi la rabbia in calma. Una calma strana, come di presagio che senza sapere si attende.  Poi  Lei apri la porta a vetri che dava sul balcone e, con la scala che si era portata con se, si arrampicò sul muretto per pulire meglio (ammesso che ce ne fosse bisogno perché non c'era polvere) la lampada fissata al centro del soffitto, dal momento che l'altezza della scala non era sufficiente. Aveva le spalle e tutto il corpo proteso all'esterno e sarebbe bastato un nulla per farle perdere l'equilibrio e cadere.(immagine che ho proiettato su di me).  Ho trattenuto l'urlo istintivo che mi stava salendo per evitare possibili e inevitabili danni reali, bloccando persino il respiro e osservando la scena con trepidazione.  E fui contenta perché l'aver impedito l'urlo, significò procedere nel modo più normale e senza scossoni.  Tranquillamente e sempre in silenzio  Lei scese dal muricciolo del balcone, mise i piedi sulla scala e fu a terra.  Senza guardarmi  mi passò accanto, aprì la porta della Sua camera/Studio, si avvicinò al piccolo scrittoio in bois de rose quello "suo" di sempre, prese il quaderno che stava sopra, lo aprì nel punto lasciato, (credo fosse a metà ma non ne sono certa), aprì il cassetto della scrivania, prese la penna e cominciò a scrivere come se nulla fosse successo.  Come se non  sentisse i miei occhi  fissi su tutti  i suoi gesti. Il suo volto era impassibile ma sereno.  Io meno.  In testa avevo pensieri per la casa che di lì a poco avrei dovuto lasciare.  E qui il sogno finisce lasciandosi nelle orecchie il rumore rapido che fa la penna sul foglio.  Un altro chiaro messaggio che ancora una volta  Lei  ha voluto farmi dono  cercando di farmi capire e trasmettendo l'importanza  di vivere la realtà  del momento per come si può, attenendosi alle piccole cose del quotidiano, usare la  prudenza per i limiti sopraggiunti ( una certa predisposizione naturale mi porta  ad essere audace oltre misura e insofferente ai ragionamenti troppo logici o di calcolo).  Cosa che Lei conosceva molto bene. Nel passato, questo, era stato  un motivo di prorompenti e sonore risate da parte sua, musi lunghi come tutta la quaresima da parte mia.  L'esortazione a continuare a scrivere. Scrivere, come faccio sempre del resto e come ha fatto Lei sino all'ultimo suo istante.  E io ringrazio Lei una volta in più, se oggi (in questo preciso momento che racconto) mi vedo più tranquilla, paradossalmente combattiva, serena da rasentare l'indifferenza, o meglio  la impassibilità così poco aderente a me, al mio volto dove tutto è specchio e si rispecchia.   Io così passionale, impulsiva, scottante, permalosa, lucida.  Ciononostante distaccata (mente) fiduciosa.

Vero che le soluzioni non sono mai a portata di dito, ma si può sempre cominciare ad attingere acqua di vita vera dai problemi che in qualche modo l'hanno bloccata, magari  sciogliendo quella rigidità che ne hanno impedito il flusso,  rivedere e rivedersi con onestà per ritrovare il bandolo della nostra personale matassa. Riportare l'anima a Se e sentirla dentro tutte le cose, confidando in qualche consolazione cosmica, ma soprattutto affidandosi a Colui sempre pronto ad accogliervi anche coi molti naufragi, fallimenti e così spesso dovuti da quello stupido Super Ego che, per qualche attimo ci ha fatti sentire così poco vicini a Lui e molto più vicino ai piccoli uomini.


 Mirka




"I Thank God"






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