Su fratelli e su compagne come sembra già preistoria quel tempo Su venite in fitta schiera quasi una parodia Compagni avanti il gran partito si contorcono le viscere e lamentano su venite in fitta schiera fuggiti gli eroi avanti il gregge Alla mattina mi sono alzato un sasso al vetro della finestra e il canto rimbomba su tutti i muri della casa risuonano in ogni anfratto del mio corpo Compagni fratelli Cervi cosa importa se si muore Ecco oggi è questo il mio tempo e Dio solo sa come invece vorrei gridare la Pace e Non La Guerra. Eppure le pagine fitte fitte dei quaderni di mia madre che ho sotto gli occhi m'inducono a rivivere quel tempo di adesioni ferme e volontarie, di cordoni segreti, le irruzioni nelle case, le retate per le strade coi mostri neri in agguato, i primi assembramenti spontanei di movimenti contro il nemico (i tedeschi ) che accomunavano tutti, dai comunisti ai cattolici (Giancarlo Puecher) dagli sbandati usciti dal carcere o dal confino o dall'emigrazione agli operai, dai braccianti agli artigiani, dai ragazzi della borghesia a cui la lotta, contro, appariva come la continuazione delle battaglie risorgimentali alle giovani donne. Quelle giovani donne che, quasi con allegria sfuggivano ai guardiani del focolare. (Alcune di loro saranno vere e proprie eroine -Egle Gualdi- Vera e Libera Arduini -Elvira la leggendaria mamma dei Pajetta -Irma Bandiera sottoposta alle più terribili torture sino a cavarle gli occhi per poi trucidarla sulla strada, ma che, dura come l'acciaio accettò d'imolarsi alle brutalità senza rivelare il nome dei compagni). Questo voglio ricordare oggi. E sarà il mio sangue a farlo anche contro la mia stessa volontà. Perchè insieme a questo dovere di Memoria, sarà la coscienza a tenere viva l'attenzione per non cadere in nessun tipo di sconforto. Perchè lottare per la Libertà e la Giustizia sono valori che non si possono cancellare per paure, per rassegnazione, o per delega, ma hanno l'obbligo di restare presenti come consapevolezza dell'indistruttibile cordone ombelicale che lega il tempo vecchio al tempo nuovo. E quello nuovo è ora. E forse è guerra sicuramente Resistenza. Mirka
Nota: La fotografia sopra è di Fernanda Menozzi mia zia, staffetta partigiana insieme alla sorella Bianca mia madre. Quella sotto, la festa della Liberazione tenuta a Novellara di R. E.
Un cinguettio nel fitto del fogliame mi destò alla nascosta vita La vita che liberamente amai e amo Un sussulto preannunciato dal rapido battere di ciglia il certo passo verso quel fogliame serrate le mani a modo di preghiera continuò a cantare l'uccellino io nel mio calvario che coltivava dubbi lo vedrò non lo vedrò. Non lo vidi ma intera nella mente quel canto mi lasciò la foresta non copiata e il Dio a guardia dei cannibali galanti
la prima farfalla tra le dita strette e ancor congiunte in semplice preghiera muta
le ridiede il volo. Mirka "Dolce sentire" (Dal film Chiara e Francesco)
Su un muretto un poco diroccato una bicicletta dal color Maranello bussò alla porticina della mia mente Nostalgia di puledre gambe rigate dal sole il ruscello canterino in lontananza la campanella dell'Ave Maria l'erba già alta col vento che la scompigliava i sogni in testa come il pozzo della vecchia casa di mamma mia un fioretto al Dio perchè ne esaudisse almeno uno. Felicità fatta di sole di vestina al vento e dell'impronta appena accennata di quell'erba scompigliata come un abbraccio disordinato e stretto una canzone trattenuta l'attimo giusto per dare vita all'eterno il futuro nel presente d'ogni pedalata. Mirka "La vie en rose"
Davanti a me c'era Chopin. Magia del suono. Magia del l'immaginazione. Magia della cospirazione. E davanti a me tutta la Rivoluzione del rosso. Dai fiori con le loro multiple testine colorate, alla natura così ricca di sussurri misteriosi, agli animali coi loro linguaggi trasmittenti, agli uomini, tutti, nelle loro fronti riflettenti luce. Mi sono detta Se ogni cosa bella potesse combaciare sarebbe un eterno Inno di vittoria. Vittoria su ogni chiusura di gretto egoismo, su ogni muro eretto senza un dinamico pensiero che li abbatté, su ogni confine che ingloba su rumori, lasciando fuori il silenzio che parla alla coscienza. Solo un trono di prato con liberi papaveri, avremmo davanti. Un labirinto di rosso e verde dove perdersi e ritrovarsi come anime antiche che non conoscono tempo se non quello della loro fioritura. Mirka " Revolutionary" ( Etude n.12 C minor Op 10- F. Chopin)
Piccole mani che un giorno mi siete apparso così ricche di aquiloni Dove siete? Navigate forse in ignote vibrazioni che solo io sento nella notte quando spenta si èla lucciola che risveglia e veglia i sogni? Rimbalzano nella testa cupi come forzate risate dentro una casa abitata dai fantasmi dove siete? l'eco risponde nella voluttà di quel cielo ormai perso nel punto più alto del suo meriggio perfetto voluttà di tenere visioni e... più nulla. Mirka
"Per Elisa" (Bagatelle N.25 A min -L.van Beethoven)
...si era creata tra di loro un'intimità così profonda da esigere il più assoluto silenzio. Paride allungò la mano. Trovò pronta quella di lei. La strinse. Sentì la stessa pressione, forte e sicura .Nel buio i loro sguardi s'incrociarono verso un'unica misteriosa direzione fissata alla parete illuminata a strisce dalla flebile luce della piccola lampada del comodino . Si addormentarono felici di quel muto dialogo certi di ritrovare al mattino, e non importava Dove, i rispettivi familiari cinguettii. Mirka (estrapolato dai Racconti Il Desino Nel Nome)
Andante (Concerto n. 21 in C Major k 467 Mozart- Elvira Madigan)
C'era la neve la neve bianca bianca come una Sposa vera il sangue scorreva svelto nelle vene il sogno dentro la realtà di una piccola auto Blu che gli occhi vedevano rossa Poesia d'amore
fuori il mondo e i giornali
tutti
unico libro noi gareggiava la Felicità libidinosa senza freno Libera
Unica regola autoguidata mentre Tremavano i vetri- Mirka 'Blowin' in The Wind
Un po di tempo fa, il cappellano delle Carceri di Rebibbia, certo padre Venanzio, una persona splendida nel suo esercizio di culto, umano, profondamente consapevole della missione scelta come tale e del quale mi onora l'amicizia, m'invitò a tenere un concerto di canto durante il rito della Messa . Si era in prossimità delle feste natalizie. Dapprima fui riluttante (non è facile portare gioia in quei posti di espiazione ) poi diedi il Si determinata a vivere anche questa Esperienza impiegando quei talenti avuti in prestito ma soprattutto per sentire sulla pelle come poteva essere l'odore del male. Non nascondo i brividi del silenzio che mi accompagnarono durante e per tutto il tragitto sino alla cappella del Carcere. Ho ancora nelle orecchie, anche a distanza di tempo, il lugubre stridore dei vari cancelli mentre si aprivano, il sottofondo cupo e inquietante delle varie atmosfere, il freddo malgrado il caldissimo cappotto di cachemire. Ricordo che a un certo punto, di colpo, senza un motivo logistico che giustificasse quel l'arresto, inspiegabilmente sentii che tutto il mio corpo si stava trasformando in ghiaccio. Istintivamente e anche questo in modo inspiegabile volsi la testa alla mia sinistra. La guardia che mi accompagnava seguendo la direzione del mio sguardo mi sussurrò, senza fermarsi e guardando in avanti quella è la parte dei più gravi. Lì ci sta Riina. Solo il Canto ebbe il potere di sciogliere il ghiaccio con cui aveva preso forma il mio corpo insieme al caldo delle mie lacrime unite alle milionesime gocce di tante umanità sofferenti. Ma, solo adesso, a distanza da quella fortissima Esperienza so cosa significa per me l'odore del Male che sento sempre sulla pelle prima ancora di farne consapevole esperienza. Freddo di Caverna. Ghiaccio che si forma nelle vene e che fa male sino a martoriare il corpo, sino a farne scempio,sino a finirlo e anche lì lo sai. Ho imparato a riconoscerlo, quel gelo, alla prima alzata di un pelo. Solo l'anima sa e guida lontano, libera e mai soggiacente.
Mirka
"Pietà Signore" ( A. Stradella)
Nota: Si racconta che, Alessandro Stradella, conosciuto anche per libertino, morì in un agguato teso dai suoi molti nemici poco tempo dopo avere composto questa straordinaria supplica da Chiesa. Una coincidenza veramente particolare
Primi di aprile. L'aria invia profumi e il primo caldo del sole. E bello tenere la finestra aperta fare i propri compiti quotidiani scrivere. Scrivere per me è uno di questi compiti quotidiani. Come bere due bicchieri d'acqua al mattino disfare il letto e rifarlo qualche flessione per sfidare la ruggine o la muffa lavare la tazzina del caffè ascoltare o suonare al pianoforte uno dei preludi di Bach del clavicembalo ben temperato ecc. Quando scrivo sono fortemente concentrata e nulla mi può distogliere ne il telefono ne i rumori proveniente dall'esterno. Eppure questa mattina mi attirò il pianto di un bimbo. Sono sempre molto sensibile ai bimbi, sia che ridono sia che piangano. Il piccolo poteva avere otto mesi o verso lì. Ho in memoria il distinguo per affermarlo. Due voci adulte si intrecciarono. Pensai saranno dei nonni che hanno avuto in affido il piccolo. E provai tenerezza immaginando l'ansia, sicuramente eccessiva, ( che coliche al pancino, il dentino che fora la tenera gengiva fa urlare il giorno e poi anche la notte ) la preoccupazione, l'impotenza per i mille dubbi, la responsabilità. Oppure, mi dissi,saranno due giovani (adulti) alle prese col primo bambino. Pensai con orgoglio ai miei figli e a molti altri giovani. Sotto alcuni aspetti i giovani d'oggi sono più maturi e realisti della mia generazione. I miei genitori venivano da una guerra atroce e devastante, maturi oltre la stessa giovinezza e costretti a costruire (sulle macerie) senza pensare ai sogni se non solidificando lo nella semina di un presente per risanare le profonde ferite e dar loro consistenza di nuovo e di speranza . Per cui lavorare (sodo, trascurando in parte anche la famiglia) era per loro una sintesi tra passato e una forza rivoluzionaria che faceva convergere il fare con la coscienza rigorosa, forse, incuranti, per necessità, alla formazione in atto che si stava formando nel tessuto sociale e percependo piano piano l'amaro della disuguaglianza di una pseudo democrazia con relativa soggezione, da parte di molti, anche se ammansito dalla carezza dell'uguaglianza e dalla libertà (formale) data come promessa nell'uovo pasquale e abilmente divulgata dai media. Cosa che noi, nati da quella generazione dura e forte di quei sopravvissuti alla tragedia della guerra, il Sogno c'è lo inserimmo, pur attentissimo a tutti i più lievi cambiamenti d'umore e di inserimenti politici e sbottavamo immediati e irruenti svelando senza mezzi termini il nuovo del padrone. Perché noi volevamo veramente un mondo nuovo, e credevamo che solo sfidando i nemici di sempre, togliendo loro la maschera d'ogni buonismo fosse l'unica cosa doverosa da fare, l'unica virtù che valesse quanto la vita, il sentimento più vero e ardente contro ogni Democrazia col manganello nei pantaloni. A questo pensavo mentre davo valore a quel tipo di giovani e a quel lato di maturità che aveva loro permesso di potere estrarre il positivo (buono) dalle lezioni negative lasciate da noi. E di questo ne sono convinta come sono consapevole dello spietato impietoso giudizio a noi riservato. Cosi che, nell'orgoglio iniziale cominciò a prendere forma anche la profonda tristezza per l'ingiusto (cattivo) chiuso dalla corazza del freddo egoismo. Mi dissi un giorno quando questi giovani saranno arrivati alla mia stessa riva, capiranno e smarriti si cacceranno dal volto un'invisibile lacrima per un tardivo rimpianto di non essere stati capaci di scavare oltre la superficie e dentro un'umanità forse anche fragile ma fatta con la sostanza dei miracoli. Andai alla finestra per chiuderla. Dal mio balcone il primo fiore blu. Sorrisi perché nel frattempo anche il bimbo si era tranquillizzarlo. Mi sono detta ora saranno gli Angeli a vegliare su di lui. Con lentezza mi sono incamminatosi al lettore per mettere un CD della mia musica preferita. Se non fosse stato l'improvviso della pancia a ricordarmi del negozio più vicino per mettere anche lei tranquilla. La quotidianità. Mirka