fiume

fiume
fiume della vita

giovedì 30 gennaio 2020

Ho Cercato






In allegria solitaria ho cercato  conchiglie e sassolini colorati 
nel l'immaginario tempo del l'infanzia mai sbiadita 
in rumoroso urlo scattato dalla libera gioia del l'azione 
 incrociata alla spavalderia degli occhi nel lucido della meraviglia.  

Ma invece di conchiglie e sassolini colorati
 ho trovato un legno forse il remo di una barca 
forse di un ramo d'albero separato dal suo tronco 
o forse un trafugato a entrambi lasciato a segno per comprendere qualcosa.

E ho trovato un lampo sfuggito da cavità azzurrina
oscillante come un pendolo scadente  l'intricato bandolo dei sogni
tutti a grido di stupore in concentrata irradiata meraviglia   immaginati a perfetto di compiuto in sferica visione in suono ostinato che ritorna.

Sogni intravisti a lunga gittata di durata 
nel tempo sparato come un salve di cannone
nel tempo legatore di percepiti mondi sconosciuti e in festa
il tempo separatore di creduta brace anziché miraggi
 le perle regalate dal  cosmopolita girotondo 
assurte a delizia di palato verde genovese
raccolti in bagliori di collana riflessa agli occhi 
poi messa in uno scrigno e abbandonata li a inutilità del l'uso impreziosita.
E infine a copertura di luna malandrina trovai la tela della malinconia innevata a brina di primavera non ricordando più il sito dello scrigno 
per indossarla ancora vantando la ruota del pavone
  concorrenziale al vero anche se imperfetto
per ogni perla cercata con fatica coraggiosa
 con l'uragano che ne spaccò la terra a primitivo mare
 da cui prese il via la vita per tenerlo inseme in alto di clessidra. 
 Ma 
come segno di vibrazioni congiunto a benigna terra
 per quando in cielo più non resterà plenilunio di lumini
 restò la scia del rosso luminoso del mio cuore 
 in coppa di mirto che conforta l'entrata della notte 
e veste bianca di splendori indefiniti in liberata bandiera che protegge.
La polvere raccolta dalla strada lasciata con indifferenza al vento
su passi di bambina senza l'obbligato ubbidiente della mèta
 ma per rivoluzionare il mondo con profilati salti fatti dalla gioia
senza nessuna conoscenza di dolore al centrato della retina in memoria.


Mirka



Song to the Moon. (Dvorak -Russalka)







mercoledì 22 gennaio 2020

Quel Guizzo Di Eternità trapassato Alla Fronte Di Un Bambino








Una grigliata d'infinito pareva camminare tra occhi e fianco  
nel solco rosso scavato dal cielo in sul telaio del tramonto. 

  Ordito separante    
filtrato di coscienza  che non conosce alibi
ritorni a un originale Paradiso
 senza mediazione di Miti
 o simulacri deificati a illusorie proiezioni
 iniettando menta sul plastificato degli ombrelli chiusi.

 Poi  tutto sparì.   

Solo agli occhi rimase il guizzo del passaggio 
a memoria di sentenza per ciò che siamo.  

Guizzo.  
Fuoco.  
Armata.  
Frecce. 
  Evanescenza.  
Dissolvenza.  
Lampo di memoria  
 Preghiera a ultima supplica.  

 Preghiera a Circolare intreccio. 
  Intrecciati separati  dal sospeso.
Liberi fluttuanti dì passaggi 
attraversanti dalla immutabile Eternità 
riflessa in ogni cosa e a specchio di un'idea.

 Prometeo alfiere scattato da quel solco di fuoco  
 incisore di ogni battito mortale e a termine serenità
 in limpido risuonare di antica voce
trovati in spaziale di ogni alba giovane. 

Accordo di ascensione sul trovato del coraggio che si slancia  
scontrandosi con la luce senza inganni di lampioni.

 Principio di verità tante volte ferita dal l'oltraggio farisaico
 a cui fa capo misericordia nel l'implacabile giustizia.

Innocenza ritrovata come da primo ordine in placato Caos
 perpetuato solo per fragilità di Terra in feritoie d'armi 
dove l'eroe ebbe a sogno soffi di braciere
 del bilingue dio in tutte le create fessure compiacenti.


Mirka




Sinfonia Dei Salmi. I. Stravinskij





Nota:  Abbozzata a occhi chiusi con matita alle 2 di questa notte, e ripassata qua e là in ripresa di mattino

venerdì 17 gennaio 2020

IL PIACERE DEL CAFFÈ MODIFICATO A INUTILE FRETTA DEL NULLA







Modificati anche nel Piacere del l'attesa attestante il rito gustativo nel l'immaginario ancora prima del reale, conducente ad altri mondi e persino a magico scatto di lampeggiante fuggire


E c'era un Tempo dove il Caffè precedeva col suo profumo ogni fastidio di incombenza poi.  Un pensiero di Alba su cui lavorare di telaio.    Il respirare l'aria degli Incontri con la voracità di conoscere e di sapere, negli occhi sfuggenti, o nel l'attimo fermato più del dovuto.  Un'officina di chiacchiere su reciproche vicinanze in continuo flusso e riflusso degli stessi respiri o pause di Silenzio.  L'estasi dei Silenzi diventati complicità di percepiti misteri e inconsapevolmente amati come da naturale pensato. Dove anche i pensieri s'incontravano aperti l'uno al l'altro, ma vigili sul più piccolo segno contrario al l' empatico sentire emozionale.  Dove tutto diventava famiglia allargata su una idea conducente a qualche memoriale, o a involontari sbagliati di giornata, e  dove il "brivido" lasciato a fulmine, era sempre il piacere di un medesimo ritrovato di una stessa strada.  Nel gioco degli Occhi, lampi di magia su quel "niente" diventato grandezza di Realtà nuova da vivere con audacia matura, di vincente sfrontatezza incurante di quel rischio piccolo borghese che calcola il centesimo sul confinato a margine.    La pausa felice sul l'attraversamento di un ricordo fastidioso sul "lento" del cucchiaino girato sul bagliore di occhi dritti nel loro guizzo di incrociato.  A sera poi, per accomiatarsi da una visione ostinata appiccicosa fra un pensiero e l'altro formandosi sorriso labiale, forse ritrovandolo a messaggio positivo svelato dal l'onirico intricato qua e là, ma nel compiuto della cosciente Interpretazione, il fidato con la Corsa ai piedi fra nuvole e colori.   Un rito sempre sacrale vissuto e Pensato anche al volante della macchina, tra il domestico affaccendato, il lavoro pure nel serio della attenzione purtuttavia allietato da quella visione.  Nel l'odierna liquidità epocale invece, una terribile trasformazione di abitudine alla gestualità senza il Piacere neppure incollato alla memoria, di quel profumo aspirato con la  "voluttà"  dei finì Intenditori mai confuso dalla chiacchiera d'osteria ostentata a oreficeria incantatrice quanto fasulla.  Un cucchiaino che sbatte con inconsapevole stizza su una spinta che rovescerà quasi con sadico gusto il liquido prezioso firmandosi Oro mattone su un tovagliolo che frettolosamente si procederà a spiazzare con uguale stizzito annoiato gesto perditempo.  Questo pensavo nel l'improvviso di un lampo in una imprecisata ora di passaggio e senza il Piacere di un profumo aromatico Dovunque respirato ad abitata vita in festoso incrociatore ciononostante.

Mirka









Speak Low



mercoledì 8 gennaio 2020

OSTINATI CONTRASTI DIVERSIFICATI ovvero Lettera in formato lirico






Drin la porta era già aperta bastava scortarla.  Bello come può essere il Primo angelo cacciato dal Paradiso a ricordo del ragazzo mai uscito dalla testa, o come l'Azaze' Cherubino per altezza ma svettante tuoni d'Abissinia custoditi nel magazzino del l'inconscio, al tetto della casa, sul bruciante strisciante respiro generativo del Caos su addensati calchi della notte, anziché a flussi di vita irruente, diventando foresta di lance, su elmetti e scudi in profondità di ordine, ma senza ritmo dorico di flauti e di clarini.   Improvviso piombò il  Silenzio a cordigliera di muraria, e fu quasi Babilonia, lavorando in minute cavità con incorporei spiriti ridotti a formato minimale.  Prima ancora che sul mio volto Nidiata, il tuo burrascoso occhio tranquillo si posò sul pianoforte chiuso.  Mi hai detto "Non suoni più?" e a seguito senza distogliere lo sguardo dal coperchio chiuso " Si sarà scordato "  hai aggiunto con una smorfia.   Ho sorriso guardando dritto il tuo volto ( bello anche se adombrato da improvvisi guizzi luciferini) illuminato dal imperiale lampadario del l'antico familiare tempio condiviso.  Sguardo diretto che mai conobbe il basso, neppure su le avversità più crude inviati da maligna bizzarra Sorte, ma abbassati a Terra e a qualche vapore non purgato si, o solo e semplicemente per avvertire qualche "buca" di passaggio e senza luna esaltandone l' inganno e la lusinga trappola coperta dal fogliame.  Forse neppure hai visto lo splendore tutto Intero che congiunge il Sole alla sorella luna senza competizione in coda,  Complici del giorno come della notte, e mai scordato da nessuna baruffa sotterranea pregnante agli occhi disarmanti e chiari.  Ma con la disinvoltura che il  muscolo ben esercitato ne permette l'arroganza del diritto, ti sei diretto al grande divano ad angolo, hai svuotato lo zaino coi tuo doni e compiaciuto me li hai messi fra le mani.  Nel mentre, vergognosa e a occhi bassi ( questa volta si)  ti ho allungato il mio dei doni, nella inutile sciarpa cachemire dal disegnato Fendi, acquistata sul bruciante caldo del sanguigno, prima ancora del saltato alla sferica degli occhi.
Cosa assai triste cercare di curare la "vittoria" sul dubbio di equivoci mai chiariti, che ostinatamente si volle incatenare a strategia per guerra e non a partigianeria d'amore!  E questo fu il mio abbraccio Muto sul l'uscio del comminato, a congiunta diversità persino  un poco divertita, in un giorno qualunque dove fuochi ruggenti aizzarono fiamme, svuotando la pura Essenza della grazia, in umiltà redenta a devozione di famigliare, nel conosciuto della sacralità dello scambiato pur restando sul obbligato quanto asettico superficiali idiomi, anziché protesi in voli Univoci là, dove aquila e fenici  hanno  ovunque il fresco del mattino, svelato sempre dal bagliore del l'attimo, ad albero fiorito e senza il più dei rami troppo lunghi da sembrare spilli o ossi funerari.

Mirka


Preludio G min Op 23. Rachmaninov