fiume

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fiume della vita

sabato 26 novembre 2011

NOTTE FONDA.

sabato, 26 novembre 2011

NOTTE FONDA



...ma sarà l'aurea di un pianoforte che suonerà da solo.








(The piano-Michael Nyman)
 







Ma chi è che suona alla mia porta in questa notte fonda? Il vento furioso che sibila come una sega in quella fessura di persiana lasciata sempre accostata purché si infili sempre quel filo di luce, o il caos di un cuore ferito in frequenze che si rinnovano come un piccolo nato che esce col capino allo scoperto e subito si rintana nel caldo ventre che nel caldo ventre che mai l'abbandonò, rigenerandosi farfalla bianca punteggiata di nero, o è il telefono che non si arrende alla memoria del tempo flagellato? Gli occhi sono aperti e ascoltano mentre in lontananza l'ultimo sbattere di persiana diventa un brusio lieve che si acquisterà in silenzio, un pianto che lentamente scorre e glissa sino alla gola, il telefono che ha smesso la sua formula uno. Siedo in poltrona e aspetto il primo canto del gallo. Non tarderà.  Un primo bagliore di luce ancora incerta mi investe. Mi ritiro da quello spiraglio.  Mi alzo di scatto e un bottoncino del pigiama salta dall'urto con lo schienale della poltrona, cadendo a terra illuminato da quel piccolo raggio che annuncia l'alba. Lo guardo stranita ma lo lascio dove sta. Torno a sbirciare la luce che adesso investe me e il pianoforte. Come una sonnambula mi porto verso di lui. Ne sollevo il coperchio e gli struscio il dorso della mano. Un brivido mi richiama un singhiozzo o un mormorio indecifrabile, ma di un qualcosa che pur non sapendo dargli una spiegazione mi accelera il respiro. Lo tocco ancora incerta sulla pressione da dargli. E lui è lì,  paziente, in attesa, che aspetta. Conosce tutto di chi sta scrivendo, depositario delle mie più  profonde emozioni che le mie dita gli trasmettono. Metto la sordina e provo un arpeggio, subito aleggia nella stanza in un'intimità complice, forte, intensa e vulnerabile che mi fa sobbalzare. Il primo sbattere d'ali fra le foglie di un albero, mi fa nuovamente sobbalzare. Mi accorgo che ho freddo. Vado al termostato che regola il caldo. Agli occhi una grande stufa col fuoco acceso e sulla superficie una pentola d'acqua. Su un tavolo delle carte da gioco, e un poco più in là un Gesù bambino fatto col cartone. Delle decorazioni natalizie e un albero poco distante dalla stufa ancora da finire, ma illuminato da una lampada come se fosse giorno. Il caldo ora si propaga a tutti gli oggetti della stanza, con la morbidezza di un velluto appena bagnato ai bordi, intriso da un forte odore di cannella. Una visione che ovunque saprà dare protezione là dove il freddo l'aveva rubata.  La notte fonda è passata, la frequenza del battito cardiaco è tornata al suo ritmo normale, io seguo un corridoio dove molte memorie s'incrociano e ognuna racconta la verità che ha percepita, senza ordini impartiti, se non per il gravoso peso della responsabilità che ne ha fatto deviare il cammino dalla strada maestra, pur desiderando con tutta l'anima che non fosse così, a meno che, anche la "volontà" fosse in accordo con l'anima, e se il Destino o l'inspiegabile non avessero deciso altro.  Ma siamo responsabili di questa forza invisibile che costantemente ci segue?  E se si, sino a che strati di coscienza non abbiano a formarne Sostanza unica a condurre, e affinché il male non operi su di noi sino a ferirsi?  E se anche potessimo trovarne il bandolo, sapremo veramente arrivare al fondo di noi stessi dove acquartierati stanno le fiere feroci avute in dotazione, e trasmessoci quando ancora il terreno era vergine? Fino a che punto  la nostra responsabilità coincide con quel l'invisibile che opera a nostra insaputa, per far si che le vie si convincono, rappresentando la realtà come verità alienate, se non per inqualificabile comando che non  sia  la ribellione al l'estraneo estraniato, già radicato al punto da non avere alternativa alcuna se non quella di "sopravvivergli",  quando anche i campanelli d'allarme cominciassero a suonare e noi a sentirli, ma con poca fiducia di ottenere il risultato giusto, pur prestandogli attenzione per un atavico valore morale inculcato, e sentito nostro, che ci segnalava  le inevitabili conseguenze provocate dalla causa-effetto?   Oppure fu la vita a scegliere me, con la mia volontà, che a sua volta la scelse e l'accettò come compagna deduttiva e insidiosa di trappole che le si interpretavano senza dubbio d'inganno, ma presuntuosi di poterle scavalcare tutte con l'arroganza di un buon cavallo da corsa che solo al buio ammette la paura, e trema e... impara a suonare. Ma ho veramente imparato?  I dubbi calciano, e io li sento tutti senza poterne barattare neppure uno. Domande, sempre domande, quasi una litania che solo a se stessi si può recitare, ben sapendo che mai ci deluderà, se non per un refuso scappato all'improvviso portandoci fuori pista. Il pianoforte sta suonando. Suona da solo. E non c'è mano d'uomo che l'abbia toccato.  Dio benedica lui e ogni cosa, (anche questa notte fonda).




Mirka (Bianca2007)

4 commenti:

  1. Un dialogo fra te ed il pianoforte, ma ancor più un dialogo fra te e te allo specchio. I se ed i forse che si inseguono, domati dall'"è stato".
    Hai scelto musica che accompagna perfettamente le domande e le risposte che ti sei data.

    Mi è piaciuto molto questo post. Davvero

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  2. MARZIO,
    si."Il corridoio della memoria" per mezzo della musica.(ine questo caso del pianoforte)
    E tu l'hai compreso.Grazie,Mirka

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  3. che bello ritrovarti
    e in gran forma!
    complimenti per la scelta del template, è bellissimo.
    ciao
    cri

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  4. CRISTINA
    cara,ci si può anche perdere,(per un pò),ma quando il tempo coincide col dentro e col fuore e nel giusto sotto il cielo ,la rosa fiorisce anche col gelo.
    Sto andando a "gattona" ma piano piano arriverò anche alla bicicletta.
    Grazie per l'apprezzamento che anche "qua" RIcambio.Mirka

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