Tonalità di azzurro e uno sguardo che rotola
su onde tumultuose.
Itinerari di echi
su inclementi sospiri di salsedine
brividi temporaleschi che sollevano
la pelle arroventata.
Uno stormo di bambini
e voci finite in un ronzio di vespe.
La vita in festa
con la percezione delle granate in lontananza.
Carezza su petroso silenzio
mentre un uccello bianco si alza e prende il volo.
Miele grezzo e aceto di sidro evaporati
in lampo che precede il tuono.
Oasi nel deserto dove trappola è la pioggia
a cui l'anima indifesa offre labbro e bocca.
Porto dove approdarono avide bocche
e ghiacciai furiosi agli occhi predatori.
So che pensai
"Anche Afrodite per nascere vittoriosa
ha bisogno che il mare la protegga
con amorevole e vigile membrana".
È fu cosi che il destino si commosse
lasciando al dio ogni condanna che ferisce.
Nella quiete
presero forma vene furibonde
luci di barchette blu
a distanza guardandosi senza più scontri
spezzati i cordami, il vento buono a copertina,
l' incertezza del viaggio audace e consapevole
e quel l' altro d'anima di impavida incoscienza.
O forse fu semplicemente quella invitante preghiera
rivolta a memoria di vele e bandiera sventolate
in oceano aperto con al timone un dio senza mèta precisa
o di volubile sentire nel giocato della rotta
a prendere forma e spada da quei legni risorti a timoniere
Là dove sicuro è ancoraggio e Porto?
Mirka
"Aspri méra ke ya mas"
(There will be better days, even for us- Stavros Karhakos)
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