Di te conservo un bastone antico fatto dal nonno. Un ombrello che tu hai usato per la pioggia e per il sole. Una madia dove un tempo si metteva il pane a lievitare. Una scatola d'argento con una bambolina di porcellana a pezzi. Un ventaglio con le stecche di madreperla che ti avevo regalato e un nome. Il tuo. Sul quale salti fuori tutta intera se solo lo pronuncio ad alta voce e la Malinconia mia tutta intera mentre ti saluto e ti bacio su la porta di un ospedale a novembre mentre il vento sdegnoso spazzava le foglie e una lacrima a cristallo si formava sul bordo delle ciglia. Mirka "Emmanuel" (Cris Botti e Lucia Micarelli)
Ti ho salutato da lontano ma nella intensità dello sguardo lanciato c'era la consapevolezza di un candore perso per sempre al l' Incrocio con gli occhi.
Tra lampi di rosso, immaginari e vivo (le mie automobili sono sempre state di quel colore. Veloci e di un bel rosso ferrari) uso spesso la metropolitana per i miei spostamenti da un punto e l'altro di Roma. E su questa esperienza trovo che la metro sia un'autentica Palestra di vita. Per un occhio esercitato a ogni sfumatura come il mio anche se carente di molte diottrie, per quelle multiple identità vestite di creazioni forzatamente ostentata e per alcuni, il grigio della tristezza che supera i colori provati a sognare. C'è l'uomo che dorme con la testa a penzoloni per la dura fatica del giorno e per non riuscire a digerire la delusione di un sogno vitale appeso a un salario rimandato a comodità del padrone. Una moglie che a casa urlerà e che lui prenderà con la forza per farla tacere... l'ubriacatura di birra per non sentirsi "bestia" pensante. C'è la brasiliana che passa e ripassa la bella mano nuda da anello, su la testa ricciuta del suo bimbo. Ogni tanto le morde i piedini di gorgonzola nera con dentro la goccia. Ma il suo sguardo è lontano, perso, come assente. Forse per un destino già segnato su mattini senza fuoco o contorni di mondo. Alla estremità della stessa fila c'è un uomo biondo che con tenerezza indescrivibile cerca di calmare l'irrequietezza di un bimbo sotto gli occhi indifferenti di una donna grassa che gli sta appesa al braccio. E' incredibile la tenerezza di cui sono capaci il maschile di oggi rispetto al passato. Occhi di anima nuda vestita di luce. Un uomo in piedi è concentrato su un libro. Ha due pieghe unite nel mezzo della fronte. Non si cura neppure degli scossoni che ripetutamente riceve dai passeggeri che si apprestano a scendere. La lettura lo prende come un continente tutto da esplorare. Mi incuriosisce poi penso alle tante volte che l'ho fatto anch'io e sorridente per un poco mi perdo nei pensieri sentito nel tempo lontano. Molte teste sono sui cellulari. Hanno le espressioni di quando si andava a vedere un film nelle sale di quel tempo dove ancora non esisteva la divinità della televisioni. Estasiati come le più stucchevoli delle melodie. Pensosi come un film di Ingmar Bergman. Inorriditi come per gli "Uccelli" di un Wellesley. Sgomenti. Rabbiosi. Soavi. E così sia. Col cuore Palpitante sulla bocca. Con compatimento e nostalgia ricordo la febbre graduata di quando si scrivevano, a mano, lettere impregnata di sentimento responsabile, dolcezza, e appuntamento per il prossimo incontro. Da un infradito sbuca un piede nero. Ha dita che sembrano spuntoni di radice o piccole lance spuntate. Il mio occhio si sposta al volto. Un volto duro ammorbidito da coltelli di brivido. Un rigagnolo di schiuma gli scende al l'estremità di un labbro. Una bufera di zucchero umiliato nel suo divenire acqua sporca. Cerco di farmi largo tra un groviglio di teste per avere un'idea della prossima stazione. Sono catturata da due giovani mani che si cercano e si intrecciano come bocche di neonato al seno materno o come un incendio di fuoco sparpagliato nel l'aria che non si vuole spegnere per trattenere stupore, incredulità e meraviglia. E' bello e racconta di "cucina" e di segreti lasciati scorrere allegramente nel canale sotto casa con la pioggia che si unirà cantando la canzone che ogni amante conosce quando ogni notte si muore per svegliarsi fiore. Fiore con le foglie bagnate di rugiada. Si. Viaggiare in metro ha sicuramente degli svantaggi, ma ti regala la vita reale e quella da immaginare. Cosa da non sottovalutare. Mirka "Quando m'en vo" (Boheme-G. Puccini)
Tonalità di azzurro euno sguardo che rotola su onde tumultuose. Itinerari di echi su inclementi sospiri di salsedine brividi temporaleschi che sollevano la pelle arroventata. Uno stormo di bambini e voci finite in un ronzio di vespe. La vita in festa con la percezione delle granate in lontananza. Carezza su petroso silenzio mentre un uccello bianco si alza e prende il volo. Miele grezzo e aceto di sidro evaporati in lampo che precede il tuono. Oasi nel deserto dove trappola è la pioggia a cui l'anima indifesa offre labbro e bocca. Porto dove approdarono avide bocche e ghiacciai furiosi agli occhi predatori. So che pensai "Anche Afrodite per nascere vittoriosa ha bisogno che il mare la protegga con amorevole e vigile membrana". È fu cosi che il destino si commosse lasciando al dio ogni condanna che ferisce.
Nella quiete presero forma vene furibonde luci di barchette blu a distanza guardandosi senza più scontri spezzati i cordami, il vento buono a copertina, l' incertezza del viaggio audace e consapevole e quel l' altro d'anima di impavida incoscienza. O forse fu semplicemente quella invitante preghiera rivolta a memoria di vele e bandiera sventolate in oceano aperto con al timone un dio senza mèta precisa o di volubile sentire nel giocato della rotta a prendere forma e spada da quei legni risorti a timoniere Là dove sicuro è ancoraggio e Porto? Mirka "Aspri méra ke ya mas" (There will be better days, even for us- Stavros Karhakos)
Non dobbiamo avere timore di introdurre concetti e termini che appartengono al nostro patrimonio storico- culturale (imperialismo, comunismo, fascismo ecc/); essi sono attualissimi e molto più moderni ed evoluti dei valori e degli strumenti rozzi ed arcaici che il capitalismo vigente ci impone e ci propongono senza vergogna né pentimento. Le "pochezze" e le "estraneità" del ceto partitico ed istituzionale italiano, con poche eccezioni, sono in conflitto in modo drammatico con i sentimenti e le esigenze del popolo italiano. Sarebbe anche ora di uscire da termini e sigle ambigue del nostro "circo mediatico" che servono solo a confondere con scopi elettorali (sinistra, destra, centro -sinistra ecc/). Cominciamo a chiamare le cose col loro nome, ed aggettivi, non quelli creati dagli imbonitori mediatici del capitalismo. Cerchiamo sintesi unitaria con tutte le altre componenti politico- culturale,; sarà una verifica di efficacia e di razionalità delle soluzioni proposte (da chiunque) a convalidarle oppure a smentirle nella lotta corrente.
Credo che nel mondo cristiano e cattolico si stia facendo strada un "ripensamento radicale" sul capitalismo armato, incompatibile di qualsiasi religione. Che sia allora alleanza stabile e fertile. Questo è un Augurio che faccio col cuore marxista e senza nessuna indulgenza. M. B.
In trasparenza scorre la vita corre. Ridenti obliqui bagliori stranieri infilati dentro a un prisma dove il tempo rivendica l'indeterminismo del cammino con l'urgenza di piegarne la sorte. Spettatore postumo di incredule meraviglie dove impazzirono profili e insetti nel soffio furioso che alimentò la vita. E nomi. Nomi nel cristallo luminoso degli occhi nomi su la punta di un naso rosso nomi sul labbro dal l'umore di stagione nomi in conchiglia nel labirinto di orecchio nomi a più voci armonici e dissonanti e infine un nome Unico e semplice come di mamma -nanna e la poesia di un fiore ancora cieco di rugiada. Brusio dove tintinnano i pennelli nei dettagliati rumori di memoria. Mirka "Rhapsody" (Rachmaninoff)
Misteriose alchimie invadono in su il calare della fine del giorno.
Ultima energia di Libertà serale che si insinua Coattiva nel l'innocenza fatta carne sul soffio di giorni mancati dove la volontà distrugge il lamento tentatore di Cieli abbassati su sponde di memoria.
E non si sa se sia la calma indotta dal vuoto o il pieno di una Forma riflessa in mille occhi che scintillano di eternità senza più il pianto ai bordi o al centro ma nel cerchio chiuso di un qualcosa che assomiglia alla gioia fatta specchio mentre si congiunge a molecole d'infinito su sponde unite dove guida la nostalgia a un possibile cielo senza più nuvole che ne minacciano l'azzurro.
Quando manca un padre è un buco nero da riempire con ombre di luce inventata e scalfita alle pareti per rassicurarsi dagli improvvisi tremori nella notte merlo che graffia la gola dimenticandosi del canto piume di pietra per cuscino e graffi di freddo per coperta un bosco di pianto che guida al l'unico fiore restato al l'asciutto. Quando manca un padre lo cerchi dovunque nella nobiltà di fronte spianata a protezione negli amori sganciati in precisi missili di tenerezza nel Poeta svestito di scarpe ma in camminata svelta sulla roccia nel Partigiano quando affronta il nemico senza alcun timore e dritto guarda il Dietro come il Davanti nella lingua biforcuta e occhi sono la sua spada bandiera alta anche in tramortito. E lo senti nel silenzio maturo del grano mentre fuori ruggisce il leone e il camaleonte a saetta striscia in quella forza che insieme a te cammina e nessuno sa oltre il Tuo sangue battente che è lui solo a dare luce anche al buio della notte luce sicura in guidato di desertici cammini dove più calda si fa la congiunzione al l'astro e il senno si smarrisce.
Quando manca un padre è groviglio di rovi che trattengono il mistero del lampo che scorre in Promessa gustata solo alla fine di Partita in campo dove alle spalle sogghigna il Tradimento che non può sapere la sciagura del l'inganno obliquo di quel l'assolo mentre si sentiva il due e il freddo di lamiera lasciato fuori da ogni cancellata.
Quando manca un padre è festa sconfinata di ricerca oltre orizzonti e latitudini che mai si acquistano nella meraviglia di un dettaglio che ricorda l'intero oltre passato altrove e Presente dà l'umido del ciglio. Un esilio con le sue strade in formato ragnatela con punti cardinali dove può anche spezzarsi il filo conducente in direzionale esatto ma riflesso ostinato ritrovandosi dovunque a ridente specchio riproposto avanti dietro e a te affiancato in arcaico Protettorato. Mirka
Caro Daniele, ho tardato a prendere il sonno questa notte, anzi, non sono affatto riuscita ad agguantarlo e a farlo dolcemente mio. Strani rumori mi navigavano in pancia. Colpi ripetuti a ritmo di nascondino come il gioco di "guardie e ladri" che mi tenevano occupata li, come una Destinazione a cui guardare e procedere. Come se il cuore avesse cambiato dimora e si fosse insediato li, e in quella profondità in cui si era rigettato continuasse a martellare alle pareti di quella caverna per dargli la sua impronta modellandola con la tua faccia. Un poco d'angoscia mi aveva preso è vero, ma più ancora che angoscia era la curiosità che mi spingeva a cercare fra tutto quel martirio di "martellate" i segni e i colori di quella forma scolpita su ogni parete del mio ventre. Così presa da febbre e ostinata come sono, imposi al sole di uscire allo scoperto. Anche allora lo feci. Otto mesi protetto e...l'impazienza mia. Per prudenza ti misero in incubatrice per tre giorni. Ma eri così perfetto da non credere a una simile possibilità concreta, così per stare agganciata alla Terra chiesi a tuo padre un panino col prosciutto che lui s'affrettò a portare e che io divorai col gusto di tutta la mia gioia d'esistere cantandola senza paura di disturbare anche di notte (sei nato al l'ora 21. Ti servirà per trovare il tuo ascendente "sagittario" se lo vorrai). Insieme a tuo padre c'era tuo nonno Saverio.(nonna Bianca era stata costretta a subire un intervento chirurgico alla bocca e immenso era il suo dolore per non poter assistere a una delle più belle aurore). Grande nonno il tuo e bravo che mi voleva bene come per il miracolo di una figlia prediletta che con la diversità porta ogni giorno il colorato della sorpresa che dà il via allo stupore come di fiore che si fiuta lasciando aperte narici e tutto. Gli assomigli. Non solo nel volto ma nei valori e nel forte senso della famiglia che si portava a presso. La sera prima si era andati allo "Scarpone". Ricordi il ristorante nei pressi di s. Pancrazio a Monteverde? Un punto di riferimento tranquillo per far scendere la mia febbre. Ma per ritornare a quel giorno. Mangiato il panino col prosciutto voltai la testa da un lato e dalla mia bocca cominciò a uscire la prima Ninna Nanna di molte altre a venire. Tuo padre e il nonno si erano ritirati per avere compreso la sacralità del momento,ancora, di congiunzione a quel cordone che ti legava a me. Anche il ginecologo lo fece. Uno dei più grandi uomini di valore in quel campo. Giovanni Lena. Peccato morire a quarant'anni per una banale operazione di ulcera duodenale. Non lo si perdona neppure a Dio. Con lui il pianeta femminile perse uno dei suoi più grandi sostenitori, io un'amicizia profonda e sincera. Mi lasciò in Dono Te. Mio giorno dove a notte si commuove sempre la luna. BUON COMPLEANNO Daniele, P. S. Quando eri piccolo i sogni te li dipingevo io, ma adesso che sei grande sei Tu che li dipingi a me e io sono felice di perdermi nel concreto di volti già segnati a gloria di vita dove naviga la luce "Wiegenlied (J. Brahms)
Era di maggio o giù di li bruciava la gola bagnata la stella e tutto era li. Respirava l'anima al ritmo del corpo peso d'azione che al l'eterno conduce e alla innocenza regala la voluttà del volo.
Da inconsistenza irrigidita presi a invocare il Dio mentre inanimato era il godimento libero da ogni peccato conclamato alla confessione.
Spariti i Fantasmi dalla scena perduta e vittoriosa come ogni vivo dormiente. Ma un lampo di dolore si infilò come
ospite inaspettato su la soglia oh si come fu vero quel dolore che pure non sfregiò l' intero imperfetto che non muta di sostanza pur dividendo l'interno in due metà. Ma fu lì che il freddo prese forma determinando per sempre la rotta del volo Destinale su univoche impronte di brina e verde
LE FACCENNE DER PAPA Fra tanti sturbi er Papa s'è anniscosto ner Palazzo -der-Papa e là in giardino, spasseggia,fischia e poi ruzza un tantino cor un prelato suo garbato e tosto. Lo porta a un gioco d'acqua accosto accosto e te lo fa bagnà come un purcino, e arriva ar punto de metteje infino drent' in saccoccia li pollastri arrosto. De le vorte lo pija sottobraccio poi je la fa cianchetta e, poverello je leva er piombo e je fa da' un bottaccio. Accusi er Papa se diverte; e quello s'ammaschera da tonto e fa er pajaccio pe merità l'onore der cappello. Gioachino Belli Questo papa così zuzurellone era Gregorio XVI, il quale fra l'altro, nei giorni durante il quale il Belli scrisse il sonetto, che è datato "15 gennaio 1934" avrebbe dovuto avere dei pensieri piuttosto gravi per la testa dato che stava tenendo un concistoro segreto per creare dei nuovi cardinali. La vittima dei suoi scherzi piuttosto pesanti pare fosse Monsignor Soglia,Elemosiniere Santissimo, il quale fra l'altro, non credo che, non ostante la sua condiscendenza, riuscì a farsi creare cardinale,per lo meno in quel periodo, dato che gli unici due che furono investiti della carica di "Principe della Chiesa" in quei giorni furono Monsignor Giacomo Luigi Brignole di Genova, arcivescovo di Nazianzo e tesoriere generale e Monsignor Nicola Grimaldi di Treja,allora governatore di Roma. Dal comportamento di Gregorio XVI non mi sembra avesse tanti "sturbi", come dice il Belli, cioè tante faccende, tanti disturbi, ma che anzi se la prendesse molto poco se gli andava tanto di "ruzzare", cioè di scherzare. Per ciò che riguarda i pollastri arrosto, che si divertiva ad infilare nelle saccocce del l'Elemosiniere, il quale, chissà se poi li avrà distribuiti ai poveri in elemosina, o se li sarà mangiati lui, per ricompensarli in qualche modo del male che gli faceva la schiena per via dei "bottacci" ossia delle cadute che il Sommo Pontefice gli faceva fare levandogli non il piombo ma "l'appiombo" ossia l'equilibrio coi suoi sgambetti Toccata e Fuga in Re min" ( BWV 565 -J. S. Bach)
Ho avuto la fortuna d'avere due splendidi figli nel l'età della formazione. Vivaci (molto). Ricettivi (moltissimo). Sani (di corpo e di mente). Per cui i problemi riguardarono solo la normale attenzione verso tutto ciò che richiedeva la responsabilità di ogni cura per un buon sviluppo, l'attenzione verso le naturali tendenze affinché crescessero rafforzandole, e un ambiente possibilmente sereno, anche se difficile per i tempi di corse rocambolesca, ovviamente soprattutto al femminile, ove prendesse il via l'autostima, la fiducia in loro stessi, la curiosità e la fantasia, su alcune regole ferme, e al contempo una flessibilità utile per adattarsi poi ai vari cambiamenti della vita. Prerogativa quasi idealistica da mettere in pratica, quella della serenità, considerando il lavoro, i viaggi per lavori, e senza nessun supporto di aiuti familiari (parenti- nonni- ecc.). Ho comunque cercato d'applicare la "misura", quella " ragionata" e suggerita dal "buon senso", cercando di non condizionarlo con la mia forte personalità, le mie personali esperienze, a meno che, non fossero suffragate da principi universali accoppiati a concetti razionali dell'universo, sostenuti dalla volontà e dalla speranza di farcela, alimentando sempre la Speranza dopo ogni sforzo, come bene che precede e segue l'altro, accettando i rischi del fallimento, come prove, senza scoraggiarsi e riprovare magari utilizzando mezzi diversi o un'altra strada. E ho vigilato anche su una latente smisurata generosità e su l'impulso a donarla indiscriminatamente, guardandomi bene dallo spegnerne o mortificare la felicità che accompagna sempre il gesto di chi dona. Davanti ho la scena di un ricordo chiaro e dettagliato. Terza elementare. Rientro dalla scuola. Merenda. Scherzetti. Piccoli scambi allegri. Informazioni (da parte mia) in tono apparentemente leggero senza che, mi passasse inosservata la cupezza sul faccino di uno dei miei due bambini. Cercai in tutti i modi, ma senza trovare la causa di quell'ombra. In silenzio l' osservo fingendo di guardare i suoi compiti che già avevo visto ordinati e perfetti. Lui scribacchiava su un foglio con una biro amaranto non comprata da me. "Che bella penna Daniele" gli dico "L'hai trovata o te la regalata qualcuno?" gli chiedo con dolcezza guardandolo negli occhi. " No. E' stato uno scambio" dice lui " E cioè?" dico io di rimando. "A Massimo piacevano i miei ventiquattro pastelli Giotto, io la sua biro, così abbiamo fatto scambio". "E sei contento di questo scambio?" gli chiedo. "No. Però non so perché" e subito aggiunge "E comunque ormai i pastelli glieli ho dati". Gli faccio una carezza e gli dico "Si. Ormai lo scambio è fatto e non si può tornare indietro. Però puoi sempre imparare per un'altra volta, valutando i pro e i contro e tenendo conto se i "contro" ti vanno ugualmente bene". Con naturalezza gli faccio due semplici piccoli conti. "Quanto sono costati i ventiquattro pastelli?... "Diecimila lire "La biro? Cento lire. Bene. Coi ventiquattro pastelli potevi colorare il mondo, con una biro al massimo potevi dipingere il nero delle mattonelle di marmo che stanno all'ingresso". Credo che Daniele abbia compreso la lezione perché il suo volto si illuminò come un sole buttandosi fra le mie braccia. E ora che è grande è anche un ottimo economo senza nulla togliere al suo magnifico altruismo naturale. Una singolare precocità di coscienza accoppiata a un curioso miscuglio di generosità e controllo su se stesso. E anche questo non può che essere un motivo per esserne orgogliosa. . Educare al ragionamento prima d'intraprendere una qualsiasi azione. Anche la più buona nell'intenzione.. L'avesse messa in pratica anch'essa, oggi sarei felice doppiamente. Fa nulla. Altri lo saranno. E un poco anche grazie a me. Mirka "Winter The four Seasons" (Antonio Vivaldi)
La tua era la Consapevolezza dei grandi Iniziati all'amore attraverso tutte le sue estreme tensioni che si Vincono con la forza ridente della foglia verdissima sbattuta dal vento ma col sole tra le braccia di ogni ramo teso. Eppure un fremito di unghia si fermò più del dovuto dandolo in pasto al Destino, e impedendone la corsa verso la patria incisa tra radici e tronco. Ci sono ancora dei cristalli grossi ai bordi delle foglie verdi!. Ma arde la fiaccola davanti al nido. Forse è li che dimora l'eternità? Invulnerabile luce d'anima che trapassò il finito e oltre l'infinito dove fiore e frutto furono figli dello stesso albero sotto un sole incandescente. BUON COMPLEANNO. Mirka "Ombra Mai fu" ( Serse- G. F. Handel)
La nostra fu tensione Estrema solo per finta Per rendere il gioco a eternità di Presente dove tutto divampa e niente brucia. Fummo mai coscienti di ciò? Non so ma so che l'incoscienza sapiente fu la Terra della nostra innocenza. Non si chiede al l'anima la Fiducia quando ancella la si abbandona Là dove si costruiscono i Templi e Muta su l'altare si converge Il pentimento Granaiolo e di preghiera su l'arco teso d'una melodia infinita. Mirka "Sweet Memories" (Ray Charles- film)
A volte mi viene voglia di danzare al movimento della vita alla fisicità che trasmette il corpo quando libero al vento che scuote o accarezza la foglia.
Frammenti di stelle cadenti la danza.
Sanno di nebbia che fuma stupore di bimbo che cerca il dove e risolve da sé domande e risposte sulla colla della Nostalgia negli occhi grandi che danzano la Vita Monadi gemelle collage fuso in ogni stella che danza Luce che semplice cifra diventa.
Si rincorrono come nuvole nel cielo i ricordi. Di qualcuno ne resta il colore concentrato dentro un cerchio. Di altri la vibrazione di una nota collegata a una costante. Di altri un tracciato fissato all'orizzonte come testimonianza di un processo evolutivo dove resistere fu naturale predisposto. Per qualcuno è come la stracciata di un aereo, il naso all'insù, la domanda istintiva della mèta senza mai sapere. Il suono della tua voce nel l'orecchio quando davi la sveglia ai tuoi bimbi, la vestaglia a uno, un buffetto sul naso all'altro. Una canzoncina quando l'orario di lavoro non ci obbligava alla giostra dell'auto scontro. O ricordi di una nuvola scura ferma in un cielo limpido e azzurro ma che annuncia un temporale prossimo a venire o in attesa di scoppiare. Così come fu quel giorno di qualche tempo fa. Si Abitava in un bel quartiere, vivo d'umanità differente. Per la strada s'incontravano i poeti (Caproni) e non solo. Le mamme o i papà dei miei allievi, la signora della merceria su l'uscio del negozio, sulla piazzetta a un tiro di schioppo da casa mia, il fornitissimo negozio di alimentari dove Marco, il proprietario, innamorato di Claudio Villa e di Zucchero dava, senza accorgersi, una fetta di prosciutto in più nel mentre la moglie, innamorata di Mozart gli tirava l'orlo del grembiule (credo fosse per quella fetta di prosciutto scivolata involontariamente...). Il piccolo bar dell'angolo con l'Adolfo, l'uomo con le stampelle del casermone di via Donna Olimpia, in attesa per dispensare saggezza e feroci critiche al governo. Il piccolo bar stava di fronte al palazzo dove stavo io. Un palazzo molto rispettabile composto da parlamentari (Giancarlo Pajetta), avvocati, giudici e, da una giornalista. Sicuramente professionalmente in gamba e giustamente stimata, ma maleducata, arrogante, supponente e a cui fu "necessario" impartire una bella lezione comportamentale. Ché, quando i numerosi e ripetuti tentativi civili falliscono, bisogna passare "tranquillamente" ai fatti. Cosa che "tranquillamente" mi sono predisposta a organizzare. Qualcuno sicuramente ricorderà quello che sto per raccontare. Si era a luglio, o giù di li. La gatta inquieta girava per casa, i bengalini e gli usignoli gareggiavano nelle loro gabbiette, i bimbi facevano i compiti alternando l'improvviso di urla, passi per tutta la casa della mia metà, soddisfatto e felice per ogni fatica giornaliera e già seduto al desco serale. Una famiglia felice e del tutto normale, insomma. Ottimi anche i rapporti relazionali coi condomini. La vita si dipanava nel migliore dei modi, se...non si fosse presentata quella nuvola nera all'orizzonte, ovvero quella maleducata di giornalista da mettere in riga. La su citata giornalista domiciliata sopra di me, infieriva giornalmente sul mio terrazzo umiliandola e offendendola per tutte le porcherie che senza risparmio le buttava. Era di sabato. Un sabato sera. Al minestrone ricco di tutte le primizie, aveva fatto seguito una frittata con zucchine di dieci uova. I gusci li avevo conservati insieme al pattume di una settimana sul terrazzino adiacente alla cucina ma ben nascosto agli occhi di tutti Grazia inclusa, ( la collaboratrice che avevo, zittita strizzando l'occhio).. Dopo la macedonia, rigorosamente col gelato, si era andati, io mio marito e i bimbi a godere della sera fatta dolce e profumata poi... a nanna col sentore di strano nell'aria. Arriva l'alba, tutti dormono il sonno senza prezzo dei giusti. Solo io veglio e sono sveglia. Senza peso lascio quello dolcissimo del letto, m'infilo la vestaglia sul pigiama preparata all'uso su la poltroncina di fronte al letto, apro e chiudo la porta della camera da letto. Col passo felpato come la gatta di casa mi porto al terrazzino sul retro della cucina. Prendo i due bustoni di pattume accumulati da una settimana e come un ladro d'hotel faccio girare la chiave della porta blindata. Ed eccomi in ascensore silenzioso certamente più del mio cuore tamburello. Arrivo al piano predestinato e, con goduto sentito in ogni fibra corporea, raffinata e finissima, apro i sacchi e semino il tutto davanti alla porta della su detta giornalista. Scendo, e come niente fosse, mi in filo nel letto abbandonandosi dolcemente al sonno. Risveglio trionfante anche se per tutto il giorno mi restò incollato sul viso una indecifrabile sorriso e un'ancora più enigmatica canzone. Que sera, sera. Se ci fu il risultato? Oh si. Omaggi giornalieri della signora tutte le volte che ci s' incontrava e soprattutto il Mio Bellissimo Terrazzo fiorito dei soli suoi fiori. Conclusioni, ovvero ciò che ho imparato da tutto questo è, che si deve sempre trovare la forza per difendersi da ogni prepotenza e sopruso, senza cedere alla rassegnazione che conduce al l' impotenza con trionfalismo del nemico. Con intelligenza e con le giuste intelligenti strategie. Ovviamente è necessario esserne convintamente determinanti, del giusto sentito profondamente dentro di sé, per operare senza titubanza Le canaglie sono dappertutto. Anche fra gli insospettabili. La civiltà va data a chi abitualmente la USA. Altro inquina ed è frainteso come debolezza friabilità se non la vigliaccheria del l'ultima istanza L'imbonitore abile e favolista è spesso legato al doppio menzognero usato per accattivarsi la buona fede altrui rendendola asservita. E ho capito, inoltre, che non è la vita intorno a se che si deve organizzare in modo simmetrico, secondo i propri desideri, ma è se stessi che si deve fronteggiare, rompere, modificare, piegare, accomodante solo per adattarsi a qualsiasi modello, anche col risultato (momentaneo) di un atto misero come quello fatto da me, ma necessario per essere capiti su l'onda dello stesso linguaggio. Il pericolo ci gira sempre attorno. Mai abbassare la guardia, oltre che misurare le nostre capacità e capacitarsi di renderla efficiente e determinata al rispetto dovuto. In fondo resta pure un certo gusto, sottile e duttile come un intrecciato di ottimo acciaio Rolex, per un ristabilito e una ritrovata dignità ridonando al volto lo splendore della bellezza senza tempo. Che, pur adattandosi, bisogna darsi delle regole in cui si crede e si vogliono perché sono giuste. Ma le regole devono essere morali e pratiche. Appunto; pratiche, senza cui non può esservi felicità, rispetto e...risultati vantaggiosi come sopra doverosamente ricevuto.
Una locandina incorniciata del mio primo concerto importante (Vivaldi- Stabat Mater- dir. Konrad Latte -Berlino), un passa carte in argento, un ventaglio anch'esso incorniciato,un bauletto in metallo foderato in seta rossa, una clessidra di metallo, un carillon in legno con un angelo che suona il violoncello, un bicchiere di tempo antico e pregiato. Si nasce già predisposti ad abitudini che nutriranno il nostro corpo, rafforzeranno l'istinto, l'affezione a dei rumori che diventeranno familiari in seguito, un sentimento che crescerà o si fermerà nell'anima facendo il nido come un passero mai pronto a spiccare il volo, l'attenzione a degli oggetti che si tenderà sempre a cercare e ad afferrare spinti dal piacere e senza avere l'esatta conoscenza del motivo della ricerca se non quel Piacere che muove. Che a volte, gli oggetti che circolano per casa possono essere anche di poco valore monetario, ma preziosissimi per il nostro occhio a cui comunicano vibrazioni, echi misteriosi e un'ancora più strana connessione col momento diventato tassello di un mosaico. E poco importa se abbiamo acquistato noi quegli oggetti o li abbiamo avuti in dono da una persona cara o da un conoscente particolarmente simpatico. Quegli oggetti devono stare lì dove la mente inconsciamente o consapevolmente li ha loro destinati o dove il cuore autonomamente comincia improvvisamente a battere di più, Così è un poco per tutto. Almeno io credo questo. Quando pensi a una persona che realmente si ha conosciuto, evocandola con la mente, se ne sentono immediatamente le sfumature della voce, il ritmo lento o veloce del suo intercalare, il linguaggio colorito o monocorde. Se ne sente persino l'odore. Viene alla memoria un gesto preciso lasciato in un'occasione precisa, un silenzio che non ti aspetti ecc. E si vede intera la personalità evocata dentro a ogni pezzetto raccolto come un collezionista tanto da formare una collana composta da grani colorati la cui essenza sta in ognuno di quei granelli colorati che si portano addosso anche se girano per casa. Credo che sia per certi versi la stessa cosa anche per il virtuale. Di chi conosci se nè intuiscono le intenzione anche da un "segno", ma su chi non hai conosciuto nella realtà, non puoi che fantasticare o tutt'al più immaginare storie, antefatti, magari lasciandosi suggestionare, più o meno da ciò che ci propina o che mette nel e profilo, e affezionandosi a "quel" posto "preciso" dove la si collocò la prima volta, proprio come un'oggettività che ci parla anche senza l'odore di "ascella" non mascherata da nessun deodorante, vera in quella realtà che ci rese inconfondibile una persona. Intera e situata fra tanti piccoli specchi che purtuttavia stabiliscono un rapporto fra di loro. Ma è anche un qualcosa che non riesce bene e che, appunto per il suo incompiuto, dovuto forse al nostro pressappochismo, alla nostra ignoranza o a una parte anche di imbecillità ci rende insoddisfatti e si continua a cercare. E allora si inventa reinventato da coincidenze, legami e date, in un dettaglio sopravvissuto alla volontà e a lei sfuggito ma animato incredibilmente dalla vita che gli dà il burattinaio. Il burattinaio trasformatore. Ed è ciò che tocca.. E in un mondo condannato alla soggettività, alla totale molteplicità dei punti di vista, mi pare così semplice dare per scontato che un'apparente uniformità ( di vedute o di giudizio) sia dovuta esclusivamente alla grossolanità dello sguardo che si getta considerando identiche cose che si rassomigliano soltanto. Ma è pur bello scoprire qualcosa e scoprirlo come un "già saputo" ma comprendendo un immaginato che si portava dentro.. Mirka "Stabat Mater" ( F min - RV 621 -A.Vivaldi)
Nell'aria rarefatta dagli umori restò sospeso un canto senza il suo finale. Solo l'anima continuò a vibrare In naturale autonomia verso la strada della Imperfezione che annulla il tempo mentre incorrotto lo esalta nella sua innocenza originale. E vibrò. Inestinguibile canto sino a dar vita a uno stellato cielo. . Ogni stella Tutte le stelle in festa da univoca vibrazione. Nel dentro l'alchimia della Gioia e del Dolore nella più perfetta tragicità nella più dura delle Gioie divenuta anche lei immensa Gemma luminosa. Mirka "Bolero" (Maurice Ravel)
Sono alla fermata di un bus. lo sto aspettando da quarantacinque minuti. La schiena fa male come avessi lavorato, ininterrottamente, otto ore a una catena di montaggio, o raccogliendo pomodori. Con me aspettano delle persone che forma un gruppo che via via s'infittisce. C'è chi vomita parolacce e insulti al governo, altri fanno lo stesso ma per l'andazzo generale che investe tutta la vita collettiva . C'è chi invece inveisce muovendo solo le labbra gli stessi insulti che i si intuisce nel duro cattivo del volto. Altri sbuffano come locomotive di storica memoria. E c'è chi si lamenta come pecore pronte per essere macellato, nel mentre altri sconfortata abbassa semplicemente la testa e rassegnato si guarda i piedi, sicuramente gonfi e doloranti. Io ascolto, osservo, provo compassione, do loro ragione e in cuor mio rifletto. Ma possibile che non si possa fare nulla per questa società sempre più disastrata, smarrita e senza una Speranza per il futuro anche lontano? Ché tutti siamo inglobati e ingabbiati da questo "falso" di chi dice e Non fa, o di chi assicura che fa mentre invece depista, imbibisce, manipola, allontana dal reale Fattibile, se si volesse. Penso ad es alle mistificazioni dei medi, "informatica" o da TV. Dalla forte deriva autoritaria e oligarchica a livello mondiale e nazionale. Funzioni propagandistiche e fuorvianti che i grandi massmediatica (massonica inclusa) svolgono oggi per conto dell'imperialismo e del suo pensiero "unico" . Una manipolazione ed omissione della realtà, ma anche una negazione dei diritti elementari dei popoli. Da qui i genocidi e le menzogne di Sharon in Palestina, di Clinton - Bush in Iran, nei Balcani ed in Afghanistan; Erdogan in Turchia, Al-Sisi in Egitto, le strategie militari in Colombia (e in America Latina); dei desaparecidos e dei disastri economici argentini; delle degradazione del l'URSS e dell'Est europeo. Una distruzione contrastata da milioni e milioni di persone consapevoli in ogni parte del mondo, nonostante la le repressioni militari e poliziesca. Ma i misfatti impuniti condotti con arroganza si moltiplicano con lo stravolgimento del diritto e della giustizia internazionale il cui obiettivo non sono che la rapina delle risorse ambientali e la colonizzazione planetaria. L'espansionismo sempre più forte degli USA inarrestabile come carri armati, con una militarizzazione del pianeta usata anche in chiave di repressione interna. Agitando un "terrorismo" assoluto e senza aggettivi. Si pratica di fatto un "terrorismo di Stato" ben più micidiale, illegale e barbaro. Abile strategia del "taglione" e della "tensione" praticata da fascisti e nazisti di tutte le epoche ma che i massmediatica ( massoneria caste) coprono ampiamente. Di fatto è una guerra provata e privata, militare, mediatica, sociale, ambientale ed economicamente contro l'umanità e le generazioni future, condotte con bombe all'uranio, mine, embarghi, manipolazioni genetiche, e quanto altro in addivenire e scientificamente studiato per l'uscita del tempo compreso perfettamente adeguato al l' invadere. Arma micidiale di questa guerra "privata" e rappresentata dal controllo "imperialista" dei grandi mezzi di conoscenza, informazione e comunicazione. Abbiamo sotto gli occhi le prove ogni giorno. Il monopolio mediatico dei giornalisti e quello politico dei leader di partito produce una comunicazione politica mistificante ed oligarchica, lontana da ogni impianto costituzionale e delle esigenze popolari. Si tratta di slogan di sigla e di dispute personali che quel personaggio del teatrino mediatico si configura e pone a fronte della realtà. E' uno schema rozzo e anticostituzionale che si riproduce in altri campi della vita politica, in particolare nelle forme di rappresentanza (elezioni) e nella politica comunicativa. Per la politica (elezioni) dove i media giocano un ruolo decisivo ma con una serie di trucchi a catena ( maggioritario, presidenzialismo, collegi, liste civetta) stravolgono il rapporto di voti e seggi, generando assenteismo, assurdità, azzeramento popolare di matrice costituzionale. Più che elettori che danno mandato a candidati responsabilizzati, su scelte misurabili, siamo ormai sudditi disinformati e impotenti che inseguono e accettano il meno peggio, presunto. Si può ribaltare questo sfascio nazionale e globale, cioè con una visione politica fatta di valori, regole, rapporti, poteri, controlli, necessari per risollevare razionalmente i problemi del mondo?... Si. Con una equa ripartizione planetaria delle risorse e dei diritti fondamentali, in particolare, dei diritti del lavoro, della comunicazione e dell'ambiente. Ciò implica una pianificazione collettiva, mondiale e nazionale delle risorse e dei diritti. Una necessità "strutturalmente" e storicamente antitetica rispetto al capitalismo, ovviamente. Eppure sarà il marxismo scientifico capace di raccogliere questa " sfida?" Io credo di si, dopo un risorgere da macerie e sanguinose lotte. In primo luogo perché esso è organicamente e storicamente antagonista a quella imperialista, come sanno bene tutti i capitalisti che lo combattono da sempre con ogni mezzo. In secondo luogo perché esso rispecchia valori universali propri della grande maggioranza dell'umanità e dei lavoratori "L'Internazionale"
Stanotte ti ho vista in sogno. Ti circondava il grigio, ma tu nel centro irraggiata di luce come un giallo di Kandinsky eri pennello dentro la sanguigna. Solo il tuo volto era un poco mesto. Mesto come può essere l'occhio che s 'imbatte in una "viola del pensiero" trovata tra le pagine ingiallite di un libro messa lì per ricordare un avvenimento che non si può scordare ma solo ricordare. Mossi le labbra per una canzone d'altri tempi che dal l'antico mi riportasse a tutti i tuoi colori sparsi fra l'argento dei capelli una sola si elevò dalle alte maree a custodito di sacrale col melo e tutto il resto che dal profondo basso svetta per incrociare il sole in tutte le stagioni Madre e tutta interamente viscerale in compiuti di Ideali e sogni ma al suo centro interrompeva Muto il gialloe tutto il grigio solamente attorno.
Si diceva "Può la mente ricreare le condizioni di pienezza reale di un tempo? No. Nel mentre l' Immaginazione mescolava sangue fresco al vecchio delle vene. E...nel mentre si aggrappava all'illusione di trattenere quel tempo che era stata realtà, si sentiva quasi felice. La donna si allungò leccandosi i baffi come un gatto appagato dalla zuppa. Un filo d'aria le attraversò la faccia come per un imponderabile brivido misterioso scivolato sotto la pelle. Solo allora s'accorse della finestra aperta. Sovra pensiero si alzò e con gesto automatico la chiuse mentre le sue labbra automaticamente continuavano a ripetere: "Il miglior studio per imparare è conoscere prima se stessi". Si guardò attorno come d'abitudine. Tutto era come sempre. In ordine quasi perfetto. Il silenzio era totale. Solo le cose parlavano. E un bimbo che urlava nella stanza adiacente alla sua. Mirka (Etude N.3 Op 10 E Major -F. Chopin)
Ho scritto da forsennata della Vita e tranquilla morirò Rivendicando anche l'ultimo slancio di quel prisma prepotente che muta al cambiare della luce. Non sempre ho rimarcato l'oggetto che sfuggiva al mutar del l' energia esplosa in su il cambiare di stagione. Candida sino a rasentare l' ingenuità mi sono offerta al l'urto inevitabile per un rimorso postumo ma compatta restai liberata che fui da sofferenza il peso. E nel mio mutismo di patinate volontà istruita al l'uso per la desistenza sempre trionfò la vita evolutiva e audace pur nel mancato di un abbraccio che la stringesse forte a sé portandola altrove con quella stessa volontà desiderata da determinata ebbrezza di acciaio impugnato ad armato campionato. E chi se né fotte se ancor compongo e rimpasto sul flusso placentare l'inciso autobiografico che su una Lira la sua arma ebbe il suo originario scopo e che persino Apollo ebbe conforto e forse anche sonno? E qui vera fui sempre nella coscienza di ciò che è e non potrebbe essere altrimenti. Ché in fondo tutto è gioco un maledetto divertente Serio gioco.
Mirka
" Exaudi orazionem meam Domine" (Symphony of Psalms-Igor Stravinsky)
Speak Low Tu maestro degli Adagi Speak Low in ogni battito delle mie primavere fraseggio di rondini intrappolate a un crocevia dove non c'era luna a illuminare il rosa della rotta ma dubbi di intricati rami
Speak Low nido di prodigi dove il mio grembo partoriva Feste nel singhiozzo dei Silenzi come tavola imbandita di domenica Speak Low vena di fronte martellante Invisibili orologi Orgoglio di segreti inconfessabili ma Benedetti dal sacro unguento del Signore Speak Low ricordanze senza più ritmi di follia ma nidi di Quaresima dove manca il vino e sbadigli fanno da piumato e anche da coperta. Speak Low incandescenza mai veramente spenta. Mirka "Speak Low" (Kurt Weill)
Com'è silenziosa la casa senza i bengalini e senza il nobile Omero quando faceva le fusa dopo gli sbadigli! Eppure anche il silenzio ha la sua potenza. Una potenza che a sé ha richiamato i demoni e un Arcangelo che li spazza via. Risuonò la stanza di ricordi e nel l'improvviso di miagolii la visione del primo mandorlo in fiore. Il domani è qui. Mirka"Zorba
Si. Sono una che piange. Confesso la mia fragilità ho la lacrima in tasca un fiore un vagito la mia nipotina quando mi volta la testa e subito mi allunga la piccola mano un bimbo sconosciuto che mi sorride un vecchio che senza parlare mi chiede e io l' accompagno per un pezzo di strada me stessa quando ripercorrendo ogni strada in salita rifletto su gli incanti d'allora i disincanti accennanti al l'intuito del l'occhio come solchi ramificati nel deserto del l' oggi. Sono una che piange su ogni inizio su ogni pietra incontrata su ogni finale glorioso rovesciato alla beffa sconvolta e inerme di fronte alla gigantesca forza che l'uomo si trova addosso quando comincia una partita lo sbriciolamento d'energia quando la perde. Sono una che piange apparentemente per un niente come per ogni marcia nuziale per il va Pensiero di un a solo o per la immensa schiuma umana quando colora la piazza l'inno Dei lavoratori mi scuote come ogni favola raccontata ai miei figli insomma si sono una che piange. Ma in ogni goccia del mio pianto vive l'autenticità della logica strettissima del numero che si rapporta all'altro e architettura diventa come può essere la vita la vita di ognuno la vita di tutti compatta e idealmente perfetta ma che all'urto ben centrato crolla senza sorprendersi più di tanto se non per quel muscolo che accenna il pianto senza vergogna del torrente che lo seguirà muto o nel fragore di un singhiozzo. Sono una che piange con l'urgenza di liberarsi o perdersi in quel pianto come un panorama visto da un treno in corsa e una vertigine quasi allegra l'assale. Sono una che piange davvero anche se a volte stenta a conoscere i motivi o volutamente prova a rimuovere per affrontarli brutalmente o sulla punta del fioretto poi consapevole che in ogni goccia di quel pianto libero o oltrepassato
contiene tutta me. Sono una che piange anche quando è costretta a dire No mentre il cuore grida altro non ho che un no fatto di pianto.