fiume

fiume
fiume della vita

martedì 26 maggio 2015

MI DICEVI





 Mi dicevi    Sono sul viale del tramonto     Dammi     e io ridevo perchè ancora ignoravo o volevo ignorare una realtà che faceva male mentre tu invece sapevi .   Ma ora che vedo chiare le due rive del fiume perfettamente unite  non rido più   cerco solo in quell'abbraccio negato da una giovinezza che sapeva di aspro irriverente nel mentre offriva il labbro al miele, misericordia a Lethe. per tutto ciò che fu ardimento d'incoscienza nella consapevolezza dell'oggi che riordina senza più "simboli" di eroicità se non ricreando lumini   piccoli lumini di novella energia utile solo a me stessa.  E ovunque    sono certa sentirai l'appello di questa mia nuova coscienza rifiorita, anche se tardivamente, in questo abbraccio senza tempo, lieve come lo sbattere di piume udibile solo a te. Tu mio "doppio invisibile".  No non temere. Niente piagnistei  (del resto non li ho mai amati)  vedi rido.  Rido anche se non trattengo  le fontane da entrambi gli occhi.


Mirka



"I will always love you"



























mercoledì 20 maggio 2015

UNA FINTA VIGILATISSIMA OVVERO DELL'ESPERIENZA







Non ho mai temuto la morte se Lei avesse avuto il tuo abbraccio.   Credo sia sempre stato così.   Andare incontro  a Lei mentre si è in braccio all'amore riconoscendolo per una fiducia ancestrale a cui ci si abbandona senza porsi domande. L'esperienza di una seconda nascita insomma.   Rivedo la scena.  Notte fonda. 
 A volte qualche grillo cocciuto,  profumo di resina, l'improvviso fremito di ali subito acquietata, la luna protagonista e impicciona come sempre anche a sbarramento di graticcio alla finestra.  Sorniona quanto insinuante, dietro il ramo di un pino lanciava  ombre sopra il camino davanti al mio petto pudicamente velato da una camiciola di seta dal colore della pergamena.   Io con  occhi incuriositi la inseguiva apparentemente divertendosi del giocato, a differenza dell'attenzione catturata dalle orecchie per degli strani rumori provenienti dalla stanza situata nel soppalcato, come il picchiettato di una tastiera da computer.    Oggi so con assoluta certezza trattarsi di quel l'aggeggio chiamato Smartphone. Ne ho dimestichezza,   nell'allora c'era solo la sensazione del l'accostamento. Eppure quanto vicina alla realtà!   La finestrella da cui entravano i giochi lunari era aperta,  così che il  fresco entrando dava una piacevole sensazione.  Ciononostante mi ero ugualmente avvolta nel lenzuolo fasciandosi come si fa con le mummie.   Con gli occhi ne vedevo il profilo delle forme, morbide e armoniose.   Inconsciamente percorrendolo, ne immaginavo la curva collinosa del fianco sinistro, un seno alla Picasso, le gambe parallele come la rettilinea di un treno.   La notte era nel suo colmo e    piena dell'invisibile tutto.   Poi il cuore cominciò improvvisamente a sballare senza una ragione precisa.   Su  nel soppalcato il picchiettio sulla tastiera si era fatto velocissimo alternato sempre da brevissime sospensioni come se si "scambiasse" con qualcuno da qualche parte e questo mi inquietava.  Anche il neonato che si fida della tetta materna percepisce gli umori che attraversano il corpo della madre e li fa suoi pur essendo un corpo separatore,     e anche per me era così,   respirava e nello stesso tempo era al l'Oscuro di tutto.  Intanto lassù   gli  scricchiolii  si erano fatti più insistenti, stuzzicando sino al l'ossessione la mia curiosità  cercando di capire cosa stesse avvenendo, mentre aumentavano i battiti del mio  cuore.   Per placarlo riandavo alle motivazioni  che mi avevano spinto ad accettare l'invito.   Pochi giorni prima ero stata in procinto di dire addio al mondo, e senza esagerare. Una missiva irrazionalmente e ingiustificatamente cattiva, per l' imprevedibile immeritato,  mi era arrivata proprio mentre ero alla guida della mia auto.  La sorpresa fu talmente grande che sbandai finendo a due metri da un fosso.  l'Emilia è piena di fossi, oltre alle strade strette, le curve a lampo e meno te le aspetti.  Precisa ho davanti il scenario,  e chiarissima anche la mia indifferenza, quasi paragonabile al distacco da ciò che ci è appartenuto in vita, e che si deve provare nell'ultima istanza, mentre lentamente la macchina scivolava  giù dalla scarpata, e ben chiare ho le parole che mi si formarono in testa  chissà come mi troveranno   spiaccicato come una rana o  una bambola a pezzetti    come sarà il mio volto.    Non avevo paura della morte, ma dell'ultima vista/impressione  che avrei lasciato si.    Credo d'aver sempre lasciato luce, energia dinamica, vita ancora in fermento, in tutti i cambiamenti in corso di chiusura e apertura ad altro ( sentimentali-lavorativi-di locazione) come atto semplice che passa il testimone trasmettendo con la felicità seminata e lasciata come immagine, l'augurio per continuare a viverla, cercarla.   Così con questo stato d'animo e dopo avere messo distanza allo choc emotivo, trovai giusto accettare il suo invito.  Invito che accettai quasi con indifferenza, spinta dalla curiosità o semplicemente dall'istinto, forse persino per stupirsi di qualcosa. Le lettere che lasciava erano così belle,  ispirate, affascinanti nei suoi  racconti di favole, di lupi, e di indiani d'America, pregne di un che di mistico o comunque quasi  di religiosa sacralità  da stuzzicare il gatto ( quel piccolo felino che è in me) ad accostarsi al suo piatto preferito, e inoltre desideravo  capire come mai le mie percezioni fossero sempre in lotta con ciò che non potevo provare ma di cui  non m'importava riflettere, valutarne gli effetti conseguenti, o lasciarmi intimorire dalle incognite pensate o altro.  Sono una che rischia. Quando ama. Quando vuol conoscere. Quando un dubbio fa capolino. Così mi spingo senza ragionare troppo. E ora mi trovavo in piena notte su un lettino di ripiego   il luogo naturale era splendido, con le voci  che mi portavano gli abeti e i pini e... quegli strani rumori nella stanza lassù,  e   avevo paura, non panico, ma una paura ragionata e irrazionale insieme,  ingigantita da qualcosa che sentivo essere nell'aria come sfondo centrale che sfuggiva a ogni mia capacità cognitiva ma che sentivo reale.  Le ombre dal caminetto si erano spostate ora sul muro sopra  la scala  e continuavano ad ondeggiare testimoniandone la presenza inquieta che stava lassù.   Stranamente  mi venne fatto di immedesimarsi provando persino un moto di tenerezza.    Un chattare svelto poi    la voce quasi disperata   "e ora che faccio?!"  seguita subito da dei passi su la scala di legno,    l'immobilità mia come una delle piramide di Abusir ,    e per contrasto sentivo aumentare la velocità di quei passi quasi fossero telecomandati da uno di quegli aggeggi degli italici Servizi Segreti.   Ricordo  ciò che pensai mentre tranquillamente chiudeva gli occhi  "o dio sta a vedere che  ora cade   buio com'è e su una scala così stretta "    ma,   eccolo invece in ginocchio davanti a me dormiente.   Non capii cosa potesse borbottare ma avvertito le  sue mani vogliose sulla punta dei miei seni avvolti accuratamente nel gesso del lenzuolo.     Ad arte, arte fine da parere naturale, sono brava quando "voglio" arrivare a carpire l'intenzione vera di qualcuno,   miagolii da parte della pergamena mummificato, girando la testa dall'altra parte   "ho sonnooo"   e lui da perfetto gentiluomo, ( mai avuto dubbi su questo) lentamente si alzò, mi accarezzò la testa,  forse anche baciandola, non ricordo bene,  mi augurò la buona notte e riprese la via del ritorno su quella scaletta scricchiolante.   Di lì a poco il mio orecchio finissimo e sempre all'erta captò altri rumori,   ma questa volta erano i "suoi" incubi che uscivano prepotentemente dallo stomaco alla gola arrivando sino a me. E fu solo allora che ebbi veramente paura. Una paura mista a un'infinita pietà,  mentre piano piano tutto il mio apparato muscolare si rallentava e la torre del gran Zimbabwe che poco prima ero, prendeva la sua forma umana e  dolcemente vibrante si abbandonava al suo  buon sonno fisiologico.     Poi   tutto quello che si ricorda, furono le colazioni e cene  sempre in perfetta serenità, percorsi in auto per raggiungere mete d'arte,  o bellezze naturali sotto un sole impietoso,   lente come lumache senza antenne, ma col battere di ciglia pronto   all'improvviso di uno sbandamento,  un'unghia d'inquietudine sempre nel l'aria, o sul cancello inspiegabilmente apertosi, una volta,   silenzi d'oro riempiti solo dal frinire dei grilli reali,   qualche allegro colpo complice di mano.     A volte ritornano queste visioni  esperienziali come una trama di quel tappeto che è la propria vita, e della quale se n'è inseguono i nodi che hanno formato i colori smaglianti al colpo di luce, in ombra se la luce non si posa.

  Per chi si è "fatto da se" e grazie agli sforzi individuali, l'orgoglio d'essere riuscita a creare un destino luminoso pur non spettacolare in termini finanziari, su ferite nascoste derivate anche da un'infanzia solitaria e in lotta coi propri demoni inconsapevoli della loro potenza, il contrasto tra una sicurezza, a volte  anche ostentata, e la sua natura emotiva di bimba sospettosa e ferita, aggiunge solo un poco di paradosso al mistero che la circonda e che insieme suscita fascino e probabilmente anche invidia,  Da ciò si deduce che, del molto di ogni trama, qualche guizzo di scoperta ne uscirà sempre, ma il più, forse, resterà un lascito regalato all'immaginazione e forse anche a una memoria imperfetta per quei punti dove non è mai è caduta la luce.

Perché si scrive?  I motivi sono tanti. Un sassolino in pancia, esorcizzare qualche fantasma, scoprire l'utilità di una "finta" giusta e necessaria,  che poco o nulla ha cambiato dei dubbi di testa, accorgersi che non importa nulla della risoluzione,  quella è già nella percezione fuori da ogni logica, (forse) e che si sente essere vera, reale, anche se non si può provare,  comunicare al proprio Io il suo monologo intimo e al mondo l'esperienza propria con le parole semplici di tutti, fossero pure goffi modi approssimativi nel tentativo di avvicinare gli uni agli altri prima che il "silenzio" dia loro la potenza per averli immaginati in qualche lampo proiettivo.    E tutto allora serve e ha il suo senso anche restando invisibile agli occhi.  Del resto anche i sacri Libri Sapienziali ce lo dicono "Tu hai tutto disposto con misura, calcolo, e peso!".  E questo è il mio talismano per arrivare all'origine di ogni semenzaio non dimenticando che a Lui si deve la fiducia e il rispetto per ogni fioritura anche quella cresciuta sull'orlo di un precipizio come può esserlo un piccolo bellissimo fragilissimo fiore che nessuno coglierà perché svanito sul pianto del sole.

Mirka


"" Waltz N. 2 "(Jazz suite -D.Shostakovich)
 









Nota: Non volevo scrivere in prima persona per evitare un eccesso di protagonismo. Ma non sarebbe stato sincero  nè onesto. Rinunciarvi sarebbe stato peggio. Avrebbe creato un'inutile quanto stupido fraintendimento. E questo non l'avrei sopportato




lunedì 18 maggio 2015

UN PO' PER CELIA UN PO'



Non m'ingannò mai la tua ubiquità.

Nell'aria il tuo odore
 mi diceva sempre dov'eri.

Mirka




"Après l'explosion" ( Films- Ennio Morricone)  




venerdì 15 maggio 2015

COLLA -OVVERO DEL DIVAGARE



Stava sempre li.  Proprio al centro della guancia.  Come una farfalla con le Ali bagnate e finita su un fiore.  Non riusciva a capire come mai si fosse fermata proprio lì.   Poi il lampo dell'intuizione.  Aveva dimenticato di asciugarle col fon del non ricordo.  Si affrettò a farlo e, con l'aria calda che le soffiava su tutta la faccia ritrovò anche la sua famosa risata di pancia mentre la farfalla volava via e  chissà dove.  Rimase solo la colla nel suo contorno netto, senza nessun pudore di finzione estetica se non il piacere d'averla seccata lasciandole solo una lievissima crosta.    Paradossalmente bella.   Una miniatura    un affresco    forse anche un numero  (perfetto)  da non essere compreso se non da quel' immaginazione intensa che aveva  permesso la fuoriuscita della lacrima nella sua perfetta coincidenza col tempo -non tempo e il suo senso di stare nel punto più alto.  Il centro della guancia più vicina al cuore che al l'occhio.  Solo nel fluire svelto e leggero del suo sangue la consapevolezza di quel bagnato un poco duro e la farfalla.

Mirka


Recuerdos de la Alhambra  (Francisco Tarrega)




lunedì 11 maggio 2015

10 MAGGIO SALUT D'AMOUR (5-7-5-)







Oggi mi hai chiamata
eri in barca con tuo padre
niente riuscì arrestarti.

Mirka


"Salut d'amour"   (Op.12  -Edward Elgar)




sabato 9 maggio 2015

AZZURRITA' NEBULOSE

"Amai ogni inizio di azzurrità nebulosa

ma fui grata a chi me le rese
visibili forme di quadrifogli
elementi di un'unico prato

Guida che rivelando

 spianò la strada  su impronte
per un orizzonte a cui guardare

per riconciliarsi con tutto

 nell'indicibile stupore di

 sotterranee verità intuite e

lasciate alla clemenza di chi

 non conosce gioco.

Mirka



.

 

""Aria sulla quarta corda" (Do Mag-BWV 1068-J.SBach)









mercoledì 6 maggio 2015

ESERCIZIO 5-7-5 OVVERO DELL'INGRATITUDINE


Risultati immagini per i foto montagna
Questa foto è stata presa da internet





Fui sentiero
per montagne fortunate
mutò la sorte.


Mirka





Oblivion  (A.Piazzolla)




  

martedì 5 maggio 2015

lunedì 4 maggio 2015

LA CORSA OVVERO IL DOVERE ALLA FELICITÀ









I miei ricordi vivi  sono nella "corsa". Dentro a ogni corsa. Lì mi sono sempre trovata. Essenza di vita, fame di vita, gioia da afferrare come volontà indistruttibile per darle forma e consistenza.   Solo così sentivo che avrei potuto sopportare ogni peso, l'ordinario che spesso mi girava attorno, le convenzioni, le inibizioni, il riduttivo costretto a orizzontali vedute.
 E non era solo il sentirmi a casa in quella vitalità che spingeva alla corsa quando le prime avvisaglie di banalità circoscritta a rituali senza il formato della sostanza sentita come sacralità che al rito con rispetto si accosta, ma emozione intellettuale generativa di ebbrezza e di entusiasmo. La gioia per realizzare un sogno, il piacere che scavalca ogni tipo di ostacolo.  Corsa come l'unica cosa che valesse,  realtà che prendeva senza farsi domande. Ché Viverla bastava.
 Ricordo la prima corsa nel vento. Ero molto piccola. In casa dei nonni c'era stato un litigio. Non ne conoscevo la ragione, ma le voci aspre avevano fatto si che immediatamente finissero i miei giochi con la creta e furtivamente si allontanasse.  Per un poco mi sono messa dietro la porta di casa . Ho Respirato gli odori della frittata ai fiori di zucca che oltrepassavano il muro, l'aria già impregnata di violette e biancospino, un indistinto pigolio forse fra gli stessi alberi.   Nel mentre un fascio di luce mi acceca gli occhi, li chiudo, li apro, il gioco mi diverte e continuo sino a quando mi giunge chiaramente un nome. Incuriosita dal nome, Bianca ripetuto più e più volte interrompe ogni distrazione " è la mamma " dico fra me  "parlano della mamma".  Nel mentre  l'azzurro del cielo carpisce ad altro la curiosità, sfreccia un uccello da in seguire sfidando la luce del sole   comincio a ridere perché anch'io sono diventata un uccello,  comincio a  sbattere le ali   e giù dalle scale   nella strada  dentro i campi colorati di verde  le macchie di giallo  dei punti rossi   io che mi rotolo fra loro senza farmi male  il miracolo della corsa, l'oblio di tutto il resto.   Il tempo è passato, eppure ne sento integra l'ebbrezza nel corpo trasformato adulta, nei pensieri di allora incuranti di cercare ogni motivazione profonda.  Sentirmi bene con me stessa e nulla più, solo sfiorata da qualche lampo intuitivo e l'innocenza da cui proveniva con l'ombra del dubbio già in agguato.     E ancora quella corsa fatta per andare incontro a "qualcuno" che sentivo appartenente per la stessa curiosità, l'entusiasmo, il lucido scanzonato misurarsi e fortemente ostacolato dal circondario familiare.  Anche quella volta un litigio l'aveva fatta scappare. Il cielo era una grossa nuvola nera,  infatti la pioggia non si fece attendere. Forte, dura, sferzante, mescolata al caldo delle mie lacrime.  Sapevo che lui aspettava, pioggia o non pioggia.   Stava sopra una radice sollevata, bagnato come un moccio ma indifferente.  Sorrise, ci sorridemmo,  ci si abbracciò, si divenne lo stesso albero,  e anche il litigio con  il circondario...divenne benedizione.  Corse come il treno delle sei del mattino vestita a metà, il resto sulle rotaie, ma felice perché andavo incontro al sapere, alla musica che puntuale mi aspettava sul portone del Conservatorio. Aperta, avida, bramosa, tenacemente ancorata a me stessa, a cercare me stessa, su ogni via e non importa quali fossero le deviazioni.  Avrei sempre desiderato raccontare a qualcuno di "speciale"  le mie esplorazioni  così particolari per raggiungere la mia centralità, anche se per paura di derisione non lo feci mai se non comunicando con gli occhi, in luce misteriosa che mai sfuggiva. Certo la presunzione non mi abbandonò mai, giustificata dall'entusiasmo e da una fredda lucida consapevolezza del limite che s'imponeva. Confusamente sentivo che anche questo "peccato" poteva servirmi per non lasciarmi agguantare dal' arroganza dei molti.   Nella corsa non conobbi mai segni di incertezza, né di paura. Era il cuore che guidava il suo galoppo verso la conoscenza, la terra, il sangue, le concrete realtà senza sospeso, protezioni, sterili esoterismo, un credo superiore a cui aggrapparsi.  Fu dunque tutto un alternarsi di corse e lunghe pause.  Pause di noia, pause rigeneratrice da abitudini  ormai inutili e da ripostiglio   giacché ogni cosa doveva contenere il germe del piacere, l'ebbrezza della sperimentazione che non conosce il fallimento e neppure lo ammette,   l'invisibile legame da cui prende il via l' esistente, la vita, la gioia    Ricordo la corsa verso la mia prima casa   preceduta dalla stanchezza dei molti vagabondaggi in pensioni e in tutte le parti del mondo,  l'ultimatum a chi tentennava,   lo sfidare il Sentire del vero provocando prova,  l'idea ancora informe,   il progetto,   la volontà di vincere sul dolore e sulla frustrazione,   su un tempo veloce e che sentivo crescere dentro di me.  Senza mezzi se non i miei piedi e i mezzi di trasporto  (autobus tram taxi),  eppure nulla riuscì a cambiare il ritmo della corsa.  Ed era immagine di emozione correre da un punto all'altro di possibili luoghi ove formare il nido.   La prima tappa esplorativa fu a Monte Mario (Belsito)  troppo caro   Conca d'Oro  lo stesso, infine Monte Verde,  A caso e senza nulla conoscere mi sono intrufolata dentro una stradina.  Mi sono fermata davanti a una palazzina signorile di quattro piani non ancora finita e me ne sono innamorata.  Senza indugiare andai dritta in portineria e sempre più elettrizzata  ho subissato di domande il povero Egisto (portiere) coinvolgendolo nel mio stesso entusiasmo e mobilitandolo per realizzare ciò che via via sentivo farsi più chiaro in me.   Mi accompagnò al terzo piano, l'unico restato ancora vuoto. L'ho trovai perfetto, esposto a sud e con un terrazzo che subito  ho "immaginato" pieno di piante e fiori, una vasca al centro con pesciolini e ninfee  i bengalini e i canarini cinguettanti alle pareti anche se in gabbia. Nel mio desiderio il mio Destino, e il "dovere" di dargli una spinta concretamente sostanziale.   E da ragazza inesperta quale era, mi trovai ad essere manager, slittando su qualsiasi rischio o meglio amando ogni possibile rischio e quindi annullandolo.  Nulla  ha potuto fermarmi, anzi, ogni corsa tenuta "segreta"  solo per scaramanzia, fu mèta e concentrazione assoluta che nulla potesse dal l'esterno infilarsi dentro.   La stranezza di tutto quel l'irrompere in apparenza disordinato e forsennato era però l'armonia che sentivo dentro e proprio nel suo moto unitario.  Unitario per come sentivo essermi vocazionale in tutto ciò che mi portava verso la Gioia.  Un'immagine di eternità dentro e fuori dal tempo, ma in quella realtà che io vivevo,  raccogliendone l'ebbrezza nella corsa, ignorando il contorno pur restando visibile. Felicità pura, dunque. Assenza di ogni altra precarietà e fastidio.   il mio Paese Magico dove tutto è possibile e dove io ero pienamente me stessa e vera insieme a chi mi stava seguendo e come me animato dalla mia stessa febbre.  Corsa in prossimità del Natale   lavoro fuori e dentro casa,  casa da addobbare   i  regali da comprare per tutti anche per il gatto e da impacchettare,   in testa i menù e tutti i sogni di ogni tempo passato contenuti nel tempo presente.  Una specie di Opera con diversi atti e molte sceneggiature, ma di cui se ne pregusta il Compimento  gli applausi    la mia interiorità ricca e piena depositata sulla mia schiena "piegata" ma felice.    Così le corse per conciliare la mia attività musicale con le riunioni politiche.    l'ideale di giustizia sempre agli occhi, l'ambizione di dare culturale agli ignoranti   la rabbia per ogni fallimento  di rossa primavera se si riusciva a spuntarla sulla protervia del potere cementato.      Infine l'acquisizione della grande calma, in vista di una nuova  tensione,   immaginarsi vincenti o comunque uniti dalla stessa esaltazione.   E corse o fughe verso l'amore  dandogli sempre l'impronta d'eternità  in quel sole fanciullo    e nel l'irrefrenabile impulso a tenergli testa    i Re Magi che portano doni e i doni si moltiplicano in energia creativa    il Destino buono dalla tua parte    un compimento che aveva sempre del miracoloso tutto gustato e perfetto   un  essere di nuovo a Casa  in quella Gioia che compensava miserie e innumerevoli invidie del Circo umano  consapevole che solo questo era l'esistente da vivere    che fa fuori lo scrupolo    ci ride su mentre gli occhi vedono spuntare fra le rocce le viole, le rose bulgare nei prati e fra qualche pietra.   Nella corsa non conobbi mai l'inibizione di sorta.    Ci si augura d'esserne così anche per l'ultima corsa.   Spero verso il Paradiso.   Sempre a disposizione pur nel suo "inedito" assoluto.   Per il momento mi gusto dall'interno l'immagine di uno stato beato di violette narcisi tulipani e rose. Rose profumatissime.

Mirka
 

 



Spring song"  (  Chopin inedito)



















venerdì 1 maggio 2015

IL PATTO OVVERO COME FESTEGGERÒ IO QUESTO PRIMO MAGGIO








Battè la  pioggia il ramo   all'alba il fiore.   

Fu questo, amore, il nostro patto

 per ricordarci qualora  la vita    il senso.
 



 Buon Primo Maggio. 

 Mirka


Habanera