fiume

fiume
fiume della vita

domenica 29 novembre 2015

QUELLO CHE SEPPI NON DIRE


La nostalgia  sparata tutta negli occhi      E fu tutto     Quello  che   seppi  non dire.

Mirka

"Non ti scordar di me"






mercoledì 25 novembre 2015

QUESTO TEMPO





L'mprovviso di una sirena fece saltare di un colpo il cuore  -  rimbalzò ovunque come palla di cannone

L'improvviso di un pugnale fra qualche tenera nuvola in un cielo azzurro smorzò la dolcezza di una melodia -si accese una candela

L'improvviso di un'innaturale silenzio bombardò la mia finestra spalancata per carpire il rosso dell'ultima foglia    -fui obbligata a farmi male per non sentire il sudore delila paralisi

L'improvviso di un grido interruppe il quotidiano gesto d'allacciarmi le scarpe lasciandolo sospeso fra un fascio di nervi scoperti

L'improvviso abbaiare dolente di un cane si frammise nel languore lento della sera  - rabbrividii come da scossa d'alto voltaggio  lucide il blu delle vene

L'improvviso della polvere sollevata dallo sfrecciare pazzo di una macchina spezzò l'ultimo profumo del gelsomino  -si chiusero gli occhi  le palpebre un ripostiglio di stoppia

L'improvviso arresto d'un treno senza la stazione di fermata mi tese la pelle del ventre  -  comincia la battaglia  io un'invalida a vita

Al mercato dei fiori vi trovai di tutto un poco,strilloni confusione e falsi ambulanti   -ma non i fiori

Un dibattito catturò la direzione dei miei passi   vi trovai messaggi cifrati,strane complicazioni,  niente che mi parlasse della classe operaia, ne dei precari     -presi il volo come l'uomo del violino sui tetti e con lui formai entropia mentre fermentavo

Una caldaia mal funzionante raggelò l'abitacolo del mio corpo, un accappatoio a salvarmi  dentro il ruggito di una leonessa  - rimpiansi il primo mastello di legno   l'allegria bambina la mamma con le mani nei capelli 

Un pomodoro dal sapore di cetriolo anemico lasciato nel piatto   la nostalgia di un'orto che non c'è,   un minestrone caldo   - una frantumata difesa alle viscere contorte per l'impietosa sorte

Sacchi d'immondizia  seminati ovunque    mi costrinsero a vedere le cose con la chiarezza di uno spropositato consumo e spreco  - dolente l'occhio

 In un autobus esseri informi abbarbicati gli uni agli altri come granchi dondolanti   mi  portarono a desiderare un Paradiso Perduto letto da qualche parte per evitarmi una crisi di claustrofobia   -un Monastero nel punto più alto del Tibet

Una processionaria di ragni tarantole vocianti alla Posta Centrale mi fece capire che esistevano valori e linguaggi diversi  da quelli che avevo sempre perseguito   scoraggiata mi arresi a quel viaggio infernale trovando conforto in una caramella succhiata con libidinoso gusto   -mi ripromisi la permutazione in qualche tipo d'uccello.



 Questo è il Tempo che vivo, che viviamo.  Con l'ansia che esce da ogni buca della strada, nel fumo del cielo più corridoio di aerei che di nuvole tosse e,che,per quanto io cerchi di parlargli razionalmente continua a farsi beffa sghignazzando di grosso.   Il bisogno di simmetrie immaginate agli albori di una Vita tanti anni fa con Occhi sgranati.   Nel naso i maltagliati coi borlotti che borbottavano come un mare in amore che faceva mia madre in fila per tre col riporto di due, un libro in tasca e l'astuzia di leggerlo per distrarre il Tempo affinchè mi porti alla continuazione del Viaggio a dimensione umana più che a una notte di "grandi coltelli" .  Chissà.

Mirka

"Ouverture"  (Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate  -F.Mendelssohn)



lunedì 23 novembre 2015

SALUTO D'AMORE (haiku)


Una rosellina rifiorì
raccolsero i suoi petali l'ultima luce
a novembre.

Mirka



 "Salut d'amour"  (Op 12- E.Elgar) 



















































lunedì 16 novembre 2015

LA FOTOGRAFIA






Una fotografia sgualcita per troppo uso

un viaggio fra mille facce

isola deflorata da un tornado di memoria sparse

confusi gli occhi  frastornato il mercato della mente

squillò argentino il cuore nel suo tessere di bambina

friggevano alte le frittelle di cipolla

si scottarono le dita

mi dissi "Ben ti sta cuoricino mio. A far lo scemao ci si rimette sempre".

"Suonò" alto un nitrito.

compromesse le frittelle

gentile mi curò l'unguento.

passò il dolore

suonò l'armonica del cuore

Pesò turgido il seno.



Mirka


"My Funny Valentine"




venerdì 13 novembre 2015

QUANDO SFIORA LA BELLEZZA DEI RICORDI




 Quando sfiora la bellezza di un ricordo è luce che accarezza il corpo, stanco che sia ridandogli lo splendore della Prima mela      la violenza dolce del gelsomino    quel profumo fresco sulla pelle che scotta    il vigore di un campo da arare senza conoscere la fatica   un Sogno da Srotolare e poi  Rifare col fiato lungo del ragazzo che corre senza far sforzo nel segreto del più bel perchè     una colomba furiosa mentre palpita fiori di miele e dolcezza       i cieli e i mari negli sguardi un pò incupiti     la freschezza che si rinnova all'alba avida di esplorare la forza del sole senza scottarsi     un pianeta entro cui immergersi e riemergere vecchi di nuovo.     Un ricordo degno è luce sul buio della notte perlustrata dai raggi lunari e dagli odori che lascia la buona terra.    Una Campanella che suona solo per te e salta in calici di lapislazzuli e di rubini di schiumosa fragranza.    Quando sfiora la bellezza  è cristallo che tintinna e punge senza fare male.  

 Mirka



"La Campanella"  ( F. Listz)

















lunedì 9 novembre 2015

ANCORA DI LEI





In un piccolo paese della bassa emiliana viveva una giovane donna rimasta vedova in ancor giovane età e con una figlia che adorava. La figlia era la narrante La donna mia madre.  
Lei, donna dai forti sentimenti umani e dalle ugualmente forti spinte ideali, era sensibile ai dolori altrui e sempre pronta ad offrire il suo aiuto con l'ascolto e nel concreto.  Per lei rendersi utile,era motivo di gioia interiore,gioia che lasciava trasparire soltanto attraverso un sorriso. E fra le tante sue opere di bene voglio raccontare questa, semplice ma significativa per molto altro.
Un certo Paride,conosciuto in paese come barbone,di età indefinita a causa della lunga barba e dai capelli incolti e sudici così come lo erano gli abiti che indossava,aveva preso l'abitudine di venire,all'ora di pranzo,e fermarsi vicino alla finestra della nostra cucina (abitavamo a un piano rialzato con una veranda davanti alla finestra) in assoluto silenzio e con lo sguardo rivolto a terra. Era mia madre che gli domandava "Paride,vuole un panino con una fetta di salame?" La risposta era un si con il capo e con lo sguardo sempre fisso a terra. Mia madre preparava il panino accompagnato da un bicchiere di buon lambrusco che egli beveva in un solo sorso,e senza proferire parola prendeva il panino,se lo metteva in tasca e se ne andava. Dove? Dall'altra finestra dove sapeva trovarsi un'altra anima caritatevole nella persona della sorella di mia madre. Fernanda. Fernanda (di nascosto a mia madre,per modo di dire) era solita dargli un piatto di minestra o di risotto o di pastasciutta che il Paride divorava velocemente.  Anche lì,dopo aver mangiato,senza proferire parola,se ne andava lontano,tra i campi e,solo e libero cantava a squarciagola. Chissà,forse era il suo modo di manifestare la sua felicità e   ringraziare Dio per il dono quotidiano...
La zia vedendo la frequenza con la quale Paride si presentava all'ora di pranzo,diceva a mia madre: " Si dice in paese che abbia diversi soldi  nascosti".
E da mia madre riceveva sempre la solita risposta: " A me non interessa ciò che dice la gente".   Orbene,passarono molti anni. Io mi trasferii altrove per questione di studio prima e poi di lavoro e per molto di Paride non seppi più nulla.  Un giorno squilla il telefono. Era mia madre smaniosa di raccontarmi un sogno,strano come lo sono tutti i sogni.  Si trovava nel cortile della vecchia casa in compagnia della sorella. Si avvicina a loro il Paride il quale appoggia un braccio sulla spalla dell'una e l'altro braccio sulla spalla dell'altra come fosse un unico abbraccio e dice: "Sono venuto a dirvi che voi avete fatto la vera carità. Io pregherò da Lassù perchè possiate campare 90 anni e più".  Quando mia madre ebbe finito di raccontarmi il sogno provai una grande gioia e la manifestai dicendole :"Magari si avverasse".  "Va a dar retta ai sogni"  rispose prontamente mia madre. Però capii che anche Lei era turbata.  Mia madre si trasferì per un poco di tempo da me ed entrambe dimenticammo il sogno.  Un giorno arrivò la telefonata della zia che comunicò a mia madre la morte di Paride.  "Hai visto che era vero che il Paride aveva soldi?"  disse la zia. E mia madre :"A me non interessa nulla".

Passano gli anni. La salute di mia madre cominciò a declinare per varie Patologie che non lasciarono sperare nulla di buono e tanto meno ancora anni di vita. Ogni tanto mi veniva in mente quel sogno e con tristezza mi dicevo: "E' vero.i sogni sono solo sogni"..  E il Tempo scorreva,e mia madre,seppur carica di acciacchi sopportati con santa rassegnazione toccò i 90. Il sogno mi tornava sempre più spesso alla mente.  Pensavo che per lei il sogno era diventato realtà e sinceramente sentivo un pizzico di invidia mista a speranza. Chissà se quel sogno si sarebbe realizzato regalando quel "pezzetto in più" a mia madre? mi domandavo col cuore insaziabile di Lei e della sua Vita amatissima.   Il "pezzetto in più" lo regalò invece a sua sorella venuta a mancare tre anni fa e all'età di 100 anni.  Sono sicura che il Dio,nella sua infinita bontà ha ascoltato la preghiera di Paride,permettendo a loro di vivere sino ai 90 e un pezzettino.  
Ancora una volta ripenso alla stranezza di certi sogni e nel pensiero rivedo Lei,la sua umiltà e la sua grande forza mai separata dalla saggezza nel suo bel cielo illuminato di umanità in tutte le sue forme. E mentre una lacrima scende,ride intero il Sole dentro di me. Mio ritmo dove nasce muore rinasce ogni innocenza e buona fa anche me.

Mirka


Summertime"




giovedì 5 novembre 2015

È UNO DEI TANTI








 Breve premessa.    Ognuno di noi porta dentro di se delle percezioni che hanno dato impulso alla sua storia personale, forse anche condizionandola senza averne coscienza.  Percezioni che si sono rimosse e, che, all'improvviso da un avvenimento riemergono dal sommerso. Così le leghi alle altre della tua esistenza, sosti, le metti in fila, ci lavori, separi, e misteriosamente capisci che, in fondo, chi ha guidato la tua vita negli incontri importanti è sempre stato il miracolo di un angelo incarnato o nascosto nel tuo istinto, figlio di una voce carica di una forza eccezionale dotata di un'altra via.  Certo la folgorazione viene sempre dopo, a posteriori e nell'ambito della sorpresa.  Ed è appunto su questo terreno che con precisione ricordi "quel" dettaglio del tuo mosaico interiore che forma il quadro della tua via e del perché di una predisposizione anzi che un'altra.  Naturalmente questi motivi sono radicati in un terreno individuale imprescindibile dal contesto familiare e dai primi anni della propria vita. 

   Giovanissima e insediata da poco a Roma grazie a un concorso vinto che mi aveva permesso un ottimo posto assicurato da un contratto a tempo indeterminato, fui onorata della conoscenza di un Maestro direttore (anche) della Cappella Giulia e mio maestro di composizione. (Sono musicista anche se per una spiccata versatilità ha spaziato in molti altri campi sicuramente a scapito della mia prima passione e professione. La musica), Ma torniamo all'argomento di questo post.  Spesso assisteva alle prove musicali respirando insieme ai suoni le Bellezze che mi circondavano mai disgiunto da un vago senso di misteriosa inquietudine. Dan Brown me ne avrebbe spiegato il perché al di là del romanzo, in seguito e in un'età dove sai distinguere la realtà romanzata da quella vera.  Credo che, proprio quell' episodio che spesso mi torna alla mente e segnato sui miei diari, sia stato lui a concretizzare una mia istintiva resistenza verso il prelato. Giovanissima, non brutta, ingenua ma non stupida e col fuoco dell'entusiasmo che mi bruciava gli occhi, aspettavo nella sagrestia  che il Maestro si togliesse gli abiti talari per tornare a quelli civili di ogni giorno.  In silenzio mi guardavo attorno friggendo dalla voglia di uscire da quel posto cupo anche se suggestivo. Una porta si aprì ed entrò un prete con la fascia e la cupola rossa. Il Maestro lo salutò con deferenza, continuando la sua operazione di svestimento"o. Io mi limitai a un cenno della testa.  Allora non conoscevo la scala delle gerarchie e per me questo o Quello erano tutti uguali. Preti. Con apparente noncuranza seguivo la breve e alquanto strana conversazione che si stava svolgendo tra il Maestro e il cardinale. Ma dove hai pescato quest'angelo    abita a Roma?   cosa fa.   Tra me e me mi domandavo perché fossero così insistenti le domande a mio riguardo irritandomi al contempo dell'insistenza degli occhi "cardinalizi"  incollati su di me come può fare un falco quando punta la preda. E   finalmente fuori. All'aperto!  La prima cosa che feci fu quella di esprimere al Maestro il fastidio provato da quegli occhi costantemente addosso. Il Maestro dolcemente e con infinita mestizia  sorrise e mi  rispose in modo alquanto sibillino " Lascia perdere. Meglio non indagare. Meglio passare oltre.  È solo Uno Dei Tanti" . Sulla pelle mi serpeggia un brivido lungo che doveva restarvi  per tutta la vita.  Istintivamente mi strinsi "a me stessa" quasi a fissare quel brivido come futura armatura e scudo, mentre gli occhi guardavano dritti oltre quel nero macchiato di rosso,i suoni come barriera cristallina a cui guardare, la fierezza di mia madre che non si abbassò neppure davanti a un plotone puntato, forte del mio spirito testardo, ribelle e insofferente  a ogni catena che non fosse l'amore. Un amore buono, gioioso, magari un poco intrigante da esaltare una certa complicità, ma pulito, intelligente e forte per proteggerla da ogni ingenuità e orgogliosa di essere in cammino e affiancata con la responsabilità consapevole  di una libera scelta.

Mirka


"In paradisum" (Requiem G.Faure)