fiume

fiume
fiume della vita

martedì 29 luglio 2014

MONOLOGO DI UN'ANIMA ALLA SUA OMBRA GEMELLA





Hai frugato la mia anima come un  kapò a cui gli è stata consegnata la vittima per averne cura.... l'hai trovata piena del suo cielo,un fiore giallo per coperta e per gioielli i sassi rossi e neri e grigi raccolti da ogni strada. Sanguinavano i piedi e tu ne hai ben  visto le ferite  così mi hai allungato l'unguento con gli occhi abbassati.  Ma non era tenerezza quella che intravide e che confusi col vero che lenisce ma solo la Scienza che guarisce prendendo anche i sassi in consegna. E questa fu una terribile realtà che solo "durante" compresi portandosi con le multiple lacerazioni l'inganno per avere immaginato altro da quello che tu volevi fosse.

Hai guardato i miei occhi estendendoli su un tavolo come fa un chirurgo sadico o un collezionista di farfalle. Prima uno poi l'altro. Ti sei allontanato un poco perché non ti pareva vero che in entrambi gli occhi ci spendesse lo smeraldo più bello anche se incrostato dalla polvere e dal fango. Ti sei riavvicinato ancora per guardarli meglio  e in te c'era stupore incrostato da un po di sale. Ma non era tenerezza quella che ti fece raccogliere quegli occhi incrostati di polvere e fango. Era l'arte acquisita nei tempi che conosce il valore dell'innocenza nel grezzo e ne ha cura per la cassaforte col suo codice e la chiave per aprirla o buttarla a mare senza accorgersi che insieme allo splendore originale mescolato ci era il pianto bianco di placenta che più non proteggeva. Quando si è antiquari si è insieme spettatori sai e abili e capaci di mettere distanza dai propri sentimenti e salvaguardarla dagli eccessi della sofferenza, quella che impedisce ogni naufragio, vero, per risorgere in piedi  poi e raccontare del materiale raccolto illudendo se stessi d'essere scampati al pericolo dell'abbandono, quello che solo la fiducia piena da o permette,oppure di una realtà che svela l'impotenza di amare veramente qualcuno.





E l'anima così scoperchiata e frugata divenne vittima di tutti i tuoi capricci. Un Pensiero che,per osmosi  poteva diventare zampillo inarrestabile di Vita da raccontare nella galleria di donne ideali o semplicemente immaginate. Farfalla di sogno a tuo piacere nascosta o fatta volare per poi tarparle le Ali.  Per sempre. No. Non c'è tenerezza a tenere in pugno una vita anche se marcia solitaria  e inciampa per rubare l'unica ricchezza che possiedono i suoi occhi diventati ciechi al mondo ma mai alla Bellezza che solo Dio può decidere di togliermi per sua autentica bontà o meglio tenerezza.  E forse chissà che non mi ascolti davvero. Così dialogò l'anima stanca all'ombra viva della sua gemella cattiva pregandola della tregua Dio permettendolo.




Mirka


"Lascia ch'io pianga" (dal Rinaldo di  G .F. Haendel)











IL LIBRO DI STORIA PIOMBATO SULLA TESTA (raccontino)







C'era la luna,quella sera o di notte appena cominciata. Lei lo capiva per quella tapparella con le daghe un poco scostate e la luce che le imperlava il corpo nudo e scultoreo. Un alito di vento le fece rabbrividire tutta la sua nudità.  Inquieta tese l'orecchio si chè anche il corpo prese la forma di orecchio e tutto divenne respiro quieto.  Il ronfare del gatto. Quello delle camere accanto.  I saltelli caramellati dei bengalini nella gabbia situata nella cucina poco distante da dove lei stava rannicchiata nel grande letto a due piazze.  La rassicuravano quelle lievità così familiari e tenere anche se a volte una spada lucida e nera vi passava dentro.  D'un tratto una zufolata le arrestò lo scorrere tranquillo del sangue fermandosi a botto nel cuore  allons enfants de la patrie.  Scattò come una pantera nel suo habitat naturale e con un balzo fu alla finestra con la tapparella dalle daghe scostate. Strabuzzò gli occhi. Coperse la sua nudità con qualche raggio di luna, alzò la tapparella lentamente per non far rumore ma soprattutto per gustare ogni minuto dell'attesa e come una scultura indù furono un Tutto Uno.  In baci incollati.  In abbracci infiniti. Percorrendosi a vicenda con le mani,uguali nella divina arte dell'Amore.  Ma quel vulcano anche  se affascinava e lusingava,spaventava un poco la donna.  Aurora sentiva dentro i suoi canali misteriosi che qualcuno all'infuori di se stessa si stava impadronendo di lei attraverso dei meccanismi sconosciuti anche se giustificati dalla passione, dall'amore o nella mistica di cui è impregnata ogni creazione anche quella sessuale.  Impercettibilmente si scostò ritirandosi in se stessa.  Si meravigliò per quella prima contraddizione che l'allontanava dall'assoluto,regalandole,come scambio, uno scudo per difendersi anche se fatto  ancora di foglie e senza forma di pensiero. Una "riserva" mai avuta prima.  Si.Era proprio così. Stava veramente difendendosi da quella escalation amorosa. Tra loro s'intromise un volto. Quello di Giovanni.  Bello, raffinato,sereno, ma sopratutto  guidato da una profonda fede nella ragione per cui in un mondo minacciato dalla violenza e dall'irrazionalismo solo l'impegno serio costante misurato lucido di una buona penna poteva essere, diventare, un mezzo efficace per aiutare i conflitti sociali. Strano che proprio in quel momento di intensità passionale le fosse venuto davanti. Cercò di concentrarsi sul piacere che le dava la mano dell'uomo. Le uscì un grido dagli alluci.  Sveltamente dimenticò ogni abbozzo di ragionamento in corso e che poco prima l'aveva fatta ritirare in se stessa. Sente gli occhi farsi lucidissimi. Ritorna allegra. Si scompiglia la zazzera dal colore del fuoco o del grano maturo a sera. Non le piace indagare a lungo su se stessa. Lei è così. Anche in quei momenti "fuori tema" e con l' orecchio ricettivo pronto a farsi analisi e studio,non si allontana da quello che è lei, che sente  di essere e che la vita ne ha fatto. Si piace così. Aperta a tutto anche ai "nei" che prima o poi avrebbe visto riempire tutta la geografia della sua pelle.  Con un sorriso leonardesco stampa un ultimo bacio sul naso greco dell'uomo,s'infila un velo di camicia,lo prende per mano,lo conduce alla porta che apre con invisibile mano. Torna a letto e si avvolge nella tela finissima del lenzuolo.  È immobile.  Ci resterà a lungo. Solo un sorriso misterioso partito dalla testa fa giravolte tra gli occhi chiusi e la ragnatela delle ombre colorate che la circondano quando li apre. Non saprà mai se sia stata realtà quella che ha sentito o il frutto di una immaginazione per illuminare qualcosa di sbagliato. Forse di sbagliato,ma comunque fuori da ogni banalità,la misera banalità che così spesso si presenta col ghigno della volgarità. Quella volgarità così ordinaria che non da spazio alla magnificenza della passione,anzi la insudicia con la sua insulsaggine e  la insulta non capendo che la tensione creata nella lotta della vita  è vita nell'insieme inscindibile di piacere e patimento.  Con l'infallibile sicurezza dell'stinto lei sa che,se non si è amati e non si ama  anche il senso della vita scade si sfalda e quindi  non ci potrà mai essere pentimento per una colpa che non è mai esistita.  Quella di amare anche per una scelta sbagliata e scappata da un sogno di eternità sentita mortale.  Dal corridoio si apre una porta. È il momento di alzarsi. Farà il caffè e ne distribuirà a profusione insieme al latte. Qualcuno lo vorrà con la schiuma e lei sarà contenta di vedergli spuntare i baffi come il guglielmone  di storica memoria che lei ricorda nel disegno che le ha lasciato il nonno.  Altri chiederanno a gran voce le uova al bacon. Non potrà accontentarli come  fa abitualmente,le uova si sono fermate a quattro invece che a otto.  Il the fumerà e lei si scotterà, come sempre, e userà dell'olio per fermare la bruciatura perchè ha lasciato il fargan in farmacia.  Il gatto le si infilerà tra le gambe e lei lancerà un urlo,gli ha pestato la coda,nel mentre da perfetta equilibrista offrirà le braccia aperte come una "dea madre" che dispensa frutta senza senza economia  ben sapendo che non affiorerà  su nessun volto un accenno di meraviglia, ne una nuvola di grazie. E sa che dovrà tenere a bada i litigi di molti, compresi i bengalini,i canarini,gli usignoli,uno prenderà il volo e lei si prenderà tutta la colpa. Si sente non più persona e donna ma una indefinibile forma irregolare. Un poligono.  Con l'immaginazione si porta alla necropoli reale di Saqqara  quando quella volta...  un libro di storia le piomba sulla testa.  Risate in eccesso che farà fatica a digerire risentendone l'eco durante il resto del giorno ma che dipanerà come una matassa di cui ne conosce il bandolo che tiene fra le mani delicatissime e incredibilmente forti da suonare sul pianoforte la sinfonia dei mille  (Mahler n.8) da capo al fine e ritornare all'a capo senza gocce di sudore sulla fronte. Nel cuore non so.  Sul volto l'impronta sempre della Gioconda.

Mirka







"Una storia sbagliata" (F.De Andrè)

lunedì 28 luglio 2014

ENRICO BERLINGUER OVVERO QUANDO VOLLI RINCONTRARLO DA MORTO





Quando mi decisi per la Città dei morti mi batteva forte il cuore. La vista già debole di suo cominciò a screziarsi di colori.  Accanto a me c'era mia madre. Le chiesi: "ma li vedi anche tu tutti quei colori uniti e sparsi? Con semplicità mi disse "certo. Sono tulipani". Ma io continuavo a spazzarmi dagli occhi  delle mosche colorate.    E fu così che mi ritrovai ancora davanti a lui. A terra. Dei piccoli fiori colorati a recintare la lievità della terra. Nei pressi dell'ingresso principale di Prima Porta.  Una lapide bianca con inciso solo il suo nome e cognome. ENRICO BERLINGUER. Restai molto meravigliata della cosa immaginando altro. Poi pensai e credo fosse l'intuizione giusta concentrata in quel lampo e che per me voleva significare questo. Quello che dovevo fare è stato fatto quando stavo in terra a camminare insieme agli altri. ORA NON MI RIGUARDA PIÙ.


Frastornata per l'inatteso prezioso di quella lezione io e mia madre ci dirigemmo verso un'altra Casa appena  poco distante. Sostammo a lungo davanti a una foto di homo vestito con gli abiti da concerto e abbracciato al suo violoncello.  In muto silenzio e in profondo raccoglimento entrambe pregando, ciascuna a suo modo. Sotto un nome IL MAESTRO GIUSEPPE SELMI e null'altro.

Sempre in religioso silenzio ci si incamminò alla mia piccola automobile rossa, direzione  Bracciano meta di tante comunicative e festose escursioni. Per immortalare la faggeta con delle foto, ascoltare una composizione inedita incisa su una cassetta, gustare dei cibi genuini in trattorie locali sempre felici di accoglierli. Si era quasi diventati parenti (cari)  che si attendono anche senza l' annuncio anticipato di tromba. Non feci fatica a trovare l'altra Casa che volevo. Una dedica identitaria "brevi sono le forme che il caos inquieto produce" e un nome seguito dal cognome GABRIELE A.  Tre momenti importanti che hanno dato una profonda svolta alla mia vita  anche nel dopo. Dopo tutto...non sono le nostre azioni a testimoniare il nostro  "breve" passaggio su questo pianeta chiamato (ancora) terra e la nostra identità che si è sforzata di restare vera e coerente a ciò che sentiva giusto, ed inciso come fuoco in quei valori universali dove pulsa forte il cuore di tutti e fa brillare maggiormente ogni stella che vive di sua propria luce in cielo?

Mirka




"In Paradisum"  (Requiem - Op 48 G. Faure)











venerdì 25 luglio 2014

INTRECCI ESSUDATI









Mi accecò il sole del mezzogiorno.  Cercai rifugio nel fresco della notte.   Il ronzio benevolo della ventola mi conciliò il sonno lento a venire.   Il pendolo scandiva il battito del tempo o era invece quello del cuore proprio non so dire che poco mi toccava.   Ora monotono ora allegro.   Non sapevo dove appendere la mia vita alternata a dinamico moto, nel letargo d'una croma e senza il cerchio che la chiuda.  Eppure la sentivo scorrere tra un clock e l'altro clock.  Poi un occhio  mi si chiuse e tutto fu perfetta sintonia.  Dell'anima. Del corpo. Del tempo.  Ricordo. Mi parve. Fu così breve ahimè quel tempo che dona l'oblio del riposo. Ebbi visione che tutto fosse verde come verità fatta di rugiada.  E i fiori che ridenti facevano capolino. Tulipani, narcisi, margherite, e viole, tutti a raccontarsi favole.  E le Pleiadi a coppa per  giallo vino di Renania.  E i pesci fenicotteri con le pinne ad orecchio a raccogliere melodie lontane.   Ma si affacciò il mondo come un gran forcone  infido e duro  anche per l'agricoltore che sa leggere la terra col cuore che lo vede dispiegato sul desco preparato a festa.   E fu proprio lì che mi fibrillò la ciglia.  Così che tornai al giorno cercando di vivere nell'ignoranza più assoluta.  Ovvero ignorando ciò che sarà domani che il Presente è tutto quel che sono intrecciata agli essudati altri.  E fu mia la Scienza Ragionata nel continuare a vivere così sino al fermo immobile del battito del ciglio.

Mirka


"Andante" (Sinfonia 101 detta dell'Orologio- J.Haydn)






mercoledì 23 luglio 2014

QUANTO I SOGNI POSSONO AIUTARE A CAPIRE




"Dimmi del padre e del figlio che ho lasciato, se ancora il mio posto è presso di loro (...) o se dicono che mai tornerò. Dimmi l'intenzione e il pensiero di colei che desiderai per sposa."   (Od.XI 174-177)




Antefatto.   Il giorno prima di questo sogno c'eravamo messaggiati e poi si era parlato a voce per concordare su un possibile incontro. Conoscevo da tanto tempo la persona in causa, ma non c'era stata la continuità di frequentazione per dire la conosco profondamente. Mi piaceva il suo modo brusco che rasentava a volte la rudezza, ma dal quale  se ne intuiva la sincerità, un'umanità sofferente e passionale, una sensibilità che proteggeva con quei modi che all'inizio poteva anche intimorire.  Io che non temo neppure il principe dei diavoli!  Poi si cambia quando l'idea che si ha di una persona prende dei connotati più preciso, cosi che il desiderio di una conoscenza più profonda comincia a farsi sentire. Purtroppo mancò il tempo per mettere in pratica il tutto.  

La notte mi apparve in sogno. Vestito con gli abiti della festa ma senza ricercatezza (credo fossero neri col giacchettino da militare senza maniche e dal colore della perla sporca di sabbia), infilato dentro a una statura  (altezza) così smisurata da assumere la forma di orso o comunque di un ibrido preistorico buono per i musei. Cominciammo a parlare. O meglio parlava solo lui. Io  mi limitavo ad ascoltare cercando di forzare la mente a capire quello che lui mi diceva. Nel suo solito modo. Secco, rude, lapidario. Si era nel pieno del giorno ma l'aria pareva acqua e il cielo di un colore marrone. Ci trovammo davanti a un tavolo di un ristorante qualsiasi. Io stavo sulle mie anche se mi sforzavo di togliermi la rigidezza che sentivo alla base del collo. A un tratto e come richiamata da una lira perché in "quelle" dimensioni sconosciute agli uomini esiste un solo strumento, appunto  la "lira", si profilò sulla porta una persona che mi fu carissima, e, anche se le nostre discussioni cominciavano alla sera per finire all'alba ma mai ci sfiorò la cruna di uno spillo. M'illuminai a giorno. Ridiventata naturale.  Ripresi il  mio gorgheggio e,come d'abitudine consolidata a zampilli, ponendo due domande  insieme.  Non so se  una riguardasse la teoria di Max Born sulle equazioni atomiche, su Marx o  Lewis a proposito del capitalismo e la disoccupazione che ha prodotto, o comunque sia le domande furono quella "roba" lì.  Lui mi guardò dritto negli occhi così  familiarmente lucidi nel bel marrone dorato e mi rispose con la chiarezza che avrebbe capito un bambino di sette anni. Tutto è possibile quando si sconfigge l'egoismo, le armi per asservire. E non è né sogno né utopica, ma realtà che unendo fa crescere l'uguaglianza, gli uomini e la vita. Io assenti continuando a guardarlo persa nella sua  limpida intelligenza. Mi scosse l'enorme orologio a carillon che mi stava davanti, l'imbarazzo provato per la persona che mi aveva invitato e che io avevo quasi dimenticato. 
Un motivo ci sarà se i morti si sono scomodati dalla loro pace sicura, per tornare fra i tormenti dei vivi. Lui serio com'era e così poco incline a ridere se non per togliermi una lacrima dal viso quando minacciava di scavarvi la fossa.  Così mi son detta a occhi aperti mentre ancora a letto cercavo di decifrare il messaggio di quello strano sogno.


Mirka



" Ouverture" (Don Giovanni-Mozart)




Foto presa da internet


sabato 19 luglio 2014

DELEGA MOMENTANEA





Ieri la mia anima era chiusa e non ci fu modo o maniera di trovare la chiave per aprirla.  Così ho fotografato il Cielo e lui gli parlò.   Svuotata da ogni nuvola gocciolante mercurio mi dissi    Cielo suona più forte. Mantieni viva la mia curiosità senza corromperla con l'incerto del silenzio.   E fu così che ritrovai la mia danza circolare mentre la sera calava lentamente.  Nella consapevolezza d'essere minuscola parte nel Tutto e dentro al Tutto ogni parte più piccola di me in molecole di revisionata essenzialità.  Per aver operato con convinzione, ma sempre sottoposta alla verifica di spietata coscienza, per ogni emozione dispensata col cuore spalancato e inerme per la sua nudità, graziata dalla serenità  di un perdono pieno per ogni mia mancanza involontaria o non, ma che mai conobbe l'uso del tradimento anche involontario.   Dentro e attorno a me Theodorakis  e ogni sua battaglia in forse sempre di vittoria, l'unzione a Stella Polare. 

Mirka


M. Theodorakis)






giovedì 17 luglio 2014

NON ESISTE MANIPOLAZIONE A FIN DI BENE









Sono sempre stata nemica di ogni forma di rigidità anche se tendo al pragmatismo e,divento terribile quando sento puzza di realtà adulterate e lontane dalle piccole bugie inventate per divertirsi e divertire, o alleggerire la pesantezza della stessa realtà, dalla noia che le sta appiccicata addosso.  Nella mia intensa vita variegata e multiforme c'è stato posto pe un'infinità di peccati,più o meno gravi, ma mai per la manipolazione anche quando avrei potuto  ricavarne un qualche vantaggio. Ho sempre ritenuto la manipolazione uno dei più grossi inganni verso la naturale strada che ognuno deve percorrere e nel rispetto che si deve al compagno di viaggio col quale ci si imbatte,ai suoi sbagli,alla personale conoscenza che ne includa il distinguo fra ipotesi,immaginazione, realtà anche quella nascosta e dotata di una sua autonomia,quella che elabora nei suoi tempi gli avvenimenti permettendo di cogliere il nesso tra il fattuale,l'immaginario e ogni influenza che ha agito sul nostro nostro comportamento.Mi viene naturale domandarmi quanti psicoanalisti o pseudoanalisti giocano il ruolo di manipolatori anzichè aiutare chi a loro si affida perchè disturbato e sofferente. Che tremenda responsabilità!    Ricordo d'aver avuto un'allieva di musica che,alla mia ferma richiesta perchè continuasse una terapia durata dieci anni e senza risultati veri continuasse a buttare soldi (due sedute alla settimana mica son scherzi per una giovane laureanda in giurispondenza e impiegata in un ufficio come assicuratrice a un milione al mese delle lire di allora!) rispose che era d'accordo con me ma che non poteva farne a meno. Quello che doveva conoscere lo sapeva ma aveva bisogno d'essere presa per mano e guidata da quelle evidenti ormai forme di furbizia manipolatrice e mercenaria. Io le volevo bene e non volli intromettermi cercando di convincerla a desistere da quello scempio psicologico ed economico,ebbi  però il rispetto dei suoi tempi e come un maestro Zen abbozzai un sorriso perchè sapevo che prima o poi l'allieva avrebbe capito dove "autonomamente"  collocarsi. Continuai la lezione di musica sentendomi  al contempo infinitamente triste per questo "voluto" mio limite a intervenire oltre il dovuto,oltre l'affetto che  mi legava a lei,oltre la consapevole cognitiva lucidità che,arrestare il processo  di quella "piovra" che si era insinuata nella sua anima e nel suo corpo (lamentava spesso di terribili dolori allo stomaco) non aspettava a me ma solo a lei quando anche la stima per se stessa sarebbe cresciuta insieme ai suoi tempi personali,al suo accettarsi per com'era veramente. Ora  continua a fare l'impiegata ma si realizza nel jazz (mi dicono che le sue serate siano sempre strapiene di gente),è apparentemente felice  (l'ho vista da poco) o comunque  possa essere,quegli atroci dolori addominali sono spariti.

 Con la mente ritorno a qualche episodio della mia adolescenza. Quante parole sentite e usate per manipolare e che volevano significare altro intenzionalmente o meno e che io perseguivo dentro a qualche "atto" in cui vi fosse rappresentata l'autenticità della persona dichiarante. E non avevo pace sino a quando non scoprivo un genuino vero o un genuino cammuffato dalla parola infilata nell'atto e che a me recava un'inspiegabile disturbo portandomi a reagire sgarbatamente e fuori misura dal contesto sconcertando gli altri. Ora so che ciò che percepivo era "manipolazione" alla quale la mia natura genuina e ribelle si sottraeva come "poteva" e reagiva in modo esagerato

 Risento le mille univoche espressioni che così spesso e impropriamente si 'usano" per rassicurare l'altro su un sentimento "vero" ben lontano dall'essere tale "l'ho faccio solo per il tuo bene" mentre i "fatti" dimostrano il contrario seminato com'è da urla,borbottii, sarcasmo,sussurri che fanno capire più e come una parola pronunciata senza nessun doppio senso ma semplicemente per esprimere un concetto,un pensiero,un sentimento, nelle accuse ripetute costantemente come un'ombra minacciosa anche sotto la forma di aiuto.  La pretesa di aiuto. 
Per lui era possibile conservare la propria identità  nell'isolamento. Ogni tipo di rapporto costituiva sempre una minaccia alla perdita della propria identità col rischio di essere inghiottito,fuso,e sommerso al punto da perdere la propria  distinta individualità giacchè egli era capace di "essere" vero  solo a contatto con se stesso anche se lo affascinavano gli altri e ne cercava la compagnia,aspirava ardentemente a un rapporto umano quotidiano e alla portata di mano qualora ne sentisse il bisogno,ma il timore che attaccandosi a qualcuno lo potesse defraudare  di una qualsiasi parte di se assoggettandolo gli dava l'impressione d'essere separato da se rendendolo un  un"ibrido tra l'insetto e una sanguisuga. Così si metteva al riparo dalla vita mettendosi alla regia di ogni spettacolo o spettatore persino di lui stesso. Sentiva la sua vita minacciata dai ricatti e quindi in perenne collusione con la ricerca delle sue false identità e relative conseguenti frustrazioni che lo portavano a una continua altalena di sbalzi inferti alla sua già sensibilissima natura,confondendola per la rabbia improvvisa che gli usciva dalle viscere attorcigliate. E odiava chiunque potesse riportarlo a degli echi lontani dei quali in parte ancora non era perfettamente conscio ma che gli giungevano attraverso le ripetute insistenze su certi aspetti della sua personalità in aspetto disarmonico con ciò che credeva di essere,provando avversione,che nascondeva,quando lo si stimolava sessualmente proprio là dove la frustrazione,il disagio e il naufragio l'avrebbero buttato a terra,e odiava senza averne coscienza di quale disastro potesse operare in lui un tale prodotto negativo quando bonariamente si scherzava su le sue capacità intellettuali sulla sua sessualità scivolando "abilmente" ad altro. Lui sentiva che questo era "manipolazione" voluta per confonderlo,per portarlo all'ira,all'angoscia,ai conflitti terribili,a vittima" alla quale avrebbe risposto nel suo opposto diventando carnefice. Ma quanto inveceavrebbe  potuto aiutarlo l'empatia,la compassione,la coscienza che non si sarebbe mai ricorsi  all'umiliazione per arrestare un flusso naturale verso uno stato di bene,all'amore forte della profondità del rispetto che si deve a ogni persona,restando sulla soglia della sua anima e attenti,dirgli che la felicità è per tutti un diritto anche quando si pensa essere un regalo fatto per altri destini,con gli occhi brillanti mentre la mano si alza per un brindisi alla vita malgradotuttoEciononostante,l'abbraccio lento e quasi vergognoso per quella implosione dentro l'anima di un altro essere umano che non siamo noi e che espandono a cerchio nell'unica  parola che dice senza alcun fine se non quello di avere capito, compreso il vuoto che ha e che non riesce a colmare,di aver accettato tutto di quella umanità sofferente ma  aperta a una strada diversa dove insieme alle prove ad accoglierlo c'è la felicitá come bene conquistato. Che il bene,ogni forma di bene converge appunto nell'unico atto che crea la vita rigenerandola con la pioggia alternata al sole senza timore di ferire perchè non c'è intenzione alcuna per recarla.
 A tutto questo pensavo in questi giorni di passi uno dietro l'altro,di film rivisitati che riguardano un poco tutti,di saette che trapassavano l'anima bambina senza riuscire a farla diventare livida, forte della sua trasparenza spalmata dall'ascolto attento del suo solo Orecchio.     All'inizio di questo post affermavo di non avere mai manipolato. Mi correggo.Si. Una sola volta l'ho fatto,ma lei,la mia amica del cuore lo sapeva. E alla fine e dopo tutto sono felicemente sposati  da 32 anni. No. Ia manipolazione non ha come fine il Bene. Fa "finta" di volerlo. Nella realtà assogetta per un suo potere, indiscusso,d'anima,psicologico,fisico,mercenario. Il Bene è semina gioiosa,prudente fiduciosa consapevole anche quando la mano trema. 
Mi ha fatto male scrivere questo post eppure ho sentito l'obbligo di mettermi di fronte anche a questo dolore. Spero possa essere utile non solo a me.


Mirka







Andante"  (Concerto 4 Brandeburghese-G.Major Bach)

       

lunedì 14 luglio 2014

MEDIAZIONE FRA METAFISICA E IL SENSO NASCOSTO


E lo farà, signore, a lui piacendo. Ecco una lettera per voi, signore, se il vostro nome è Orazio, come mi è stato detto. (marinaio Amleto- Shakespeare)



Un turbine di sensazioni capovolte a fantascienza      un groviglio di pensieri abbarbicati come tronco alle radici     l'elettricità  di un cardiogramma piatto che nel subito fibrilla  in Sirio Prima Stella e il suo Cucciolo ostinato        distesi i  silenzi  come  i 4 satelliti di Giove mai provati veramente      le  brevi e le lunghe su un pentagramma di quando ancora non si conoscevano le note         il berretto sulle trentatré del Sartre prima e ultima maniera e anche del mio nonno ferroviere all'Illinois             la luna a mezzo o mare      gli interminabili  tram per dare movimento svelto alla incontrastata bicicletta che non fa rumore mentre la sentenza la  s c a n d i s c e  il cuore

 e intanto ricordavo Planck e i suoi metodi di calcolo fuori da ogni risaputa esperienza di classicità che senza sapere spianava la mortale strada di un futuro  sempre incerto      ride il 3  terzo occhio nel Romanzo della Scienza e fuori da ogni spiegazione logica se non per sbalordita scrittura di memoria.

   E fu uno scatto inconsapevole a immortalare il lampo di una intuizione che ancor ritorna e mette in fuga là dove più bolle l'acqua e si fa brodo primordiale







"Nocturne"  (C.Debussy)





domenica 13 luglio 2014

VENGHINO VENGHINO SIGNORI






Un vestito inutile lasciato cadere      la pesante borsa della spesa  inutile per ogni caloria in più consapevoli ma scioccamente indifferenti      le inutili parole puntualmente  ritrovate sull'onda  dell'ultima telefonata non respinta ma della quale ci siamo  trovati compiaciuti       l'indugio su la vanità di sterili complimenti per una luce blu esaltata da un buon ombretto di marca straniera         la sofferenza imbellettata dall'ombra di un  rosso       la corsa verso la gioia bloccata per il  rivestimento di un ruolo lontano dall'essere vero per sentita e corrispondente appartenenza      l'unico fiato che con piacere  avrei volentieri donato alla vita dentro e fuori dalla scena e da ogni palcoscenico calcato ogni giorno. 

Ho spalancato la finestra.     Alveari di luci artificiali. Silenzi sospesi. Solo un cane  raccontava la sua verità fatta forse di prigione accudita.       L'oleandro impassibile a raccogliere  la sua conoscenza, il sole un poco velato di malinconia, la doccia per togliersi  ogni cosa inutile,la bellezza  di un cielo  impolverato di azzurro violetto di  quel tempo rappresentativo di un vero nel suo eterno mutare trapuntato da qualche cognitiva stella della terra.    Venghino venghino signori lo spettacolo continua a giocare dentro di noi mentre ardentemente speriamo non sia così,in virtù di quegli sforzi che sono riusciti ad arrivare  al sangue rinnovandolo senza l'obbligo di una qualche sentenza che scagionandolo scagioni ma con la realtà di una verità interiore  formata sul filo di una "parola compiuta" non stordita
 dal taglio di una  luce troppo assordante. Nella sua varietà, nella sua inconsistente storiografia,in ogni suo dramma umano, nel suo essere guizzo libero e  felice che per incostanza si consegna a un modello altro da se che lentamente lo fagocita e snatura,paradigma di chi educa non educando, come l'Oggi dilatato nel chiuso di una politica che si finge essere machiavellicamente chiara senza agire su  nessun risveglio di coscienza e gode con tutti i vestiti addosso.    Venghino  venghino signori     ma soprattutto che la misericordia  di chi presiede il Gioco dal Principio sino alla Fine non manchi mai,ci liberi da ogni male responsabile di ogni altro male. A partire dalle mie stesse azioni. Ciao mondo mio. (?)  


Mirka


"Libera me" (Dal Requiem di G.Verdi)










venerdì 11 luglio 2014

UMANO TROPPO UMANO TANTO PER CONTINUARE LA SCIA DI CHI MI HA PRECEDUTO
















Gongolavi come un bel pavone chiuso nella ruota del tuo giorno. Alzai le spalle alla vanagloria che sempre riduce mentre si racconta.  Un brivido mi rimandò al mio vestito di seta  made in italy. Ritratto "troppo umano" dell'istante di splendore che sempre precede l'affanno della corsa, prima che il piede si trovi nella sua porzione di Destino irrevocabile. Cercai di farmi preghiera e passai oltre. L'aria impregnata di profumi naturali sfumati dentro a una nuvola di ossido di carbonio. Umano troppo umano, mi ritornò alla mente la nuance dIo grai un grande del Passato presente. Io granello di pepe fatto numero Primo presto in dissolvenza.

Mirka


"Dolce sentire"






giovedì 10 luglio 2014

MA DAVVERO SEI CAMBIATO COSI'.



"Lo studio dell'Etica forse il più delle volte viene concepito come qualcosa che si occupa di domande quali: "Che tipo di azioni dovrebbe essere compiuta dagli uomini e "Che genere di azioni dovrebbero evitare?" (Principia Ethica- G.E.Moore)





Non mi è sfuggito l'incrocio dei tuoi occhi mentre io con gioia riconoscente mi chinavo a mettere nel piatto del suonatore un piccolo obolo. Davanti a me tutte le tue battaglie di lotta civile,le 5Stelle. Ho voltato la testa per non vedere altro. Attorno dei bimbi  scambiavano giochi dispettosi,in alto un bel volo bianco di gabbiani,l'asfalto senza l'ombra di un fiore scappato da una buca. la Vita misteriosamente congelata da un freddo commercio indifferente. Noi trapassati da un lampo di ricordo che ironicamente continua a stupirci mentre muore sulle labbra sbiancate da uno sterile desiderio impastato di dura tenerezza. Ma davvero sei cambiato così.

Mirka





"Vedrai vedrai" (Luigi Tenco)







lunedì 7 luglio 2014

CORDONE INTIMO







 Fu quel gesto di prima nascita che col sorriso bianco si dona, consapevole che dono è stabilire il patto del servizio a fondere di petali la vena principale nell'antico gesto del lavaggio ai piedi? O  fu invece l'apertura a un microcosmo dove la terra e il cielo si incontrano, e  dove trovano risonanze gli echi di vite passate, vedette attente su qualche cima di montagna o su qualche  cresta d'onda?  Per udire, riportarle a parola, l'unica parola, quella che risveglia per dar voce al volo liberato come fumo di vento su labbra ancora suggellate?  Questo ancora non saprei dire ma... so per certo che, goccia di sudore marino in perlata di sole divenni, la parola usata per fermarla di storia nel suo divenire tela bagnata che si asciuga alla fiamma. Così che, in questo dialogo interno d'amore sentii la parola che lavorava sulla mia materia mobile, il mio essere congiunto a lui come un'unica anima comunicativa.  E nel nostro gioco c'era il bello e il terribile insieme, un mondo misterioso e potente. Forse come ogni divina creazione. Onde dello stesso mare. Si riempì la casa e fu mare anche lei. Sognavo? Non so. Quel mistero lo sentivo vivere  dentro di me come verità di un enigma che tutte le cose contiene. Senza svelare ma in continuo dialogo come forza  ininterrotta di energia.  Ricordo la prima volta che vidi danzare ombre rosse e blu sul muro della stanza.  Era notte e la piccola lampada sul comodino ancora accesa procurava quegli strani effetti che  inseguiva affascinata e con un poco d'inquietudine . Confesso d'aver provato paura. Le ombre parevano  tante fiamme che mutavano di colore in continuazione. In quella paura  però c'era la gentilezza ferma dell'invito, una sfida ad andare avanti dentro qualcosa di cui non sapevo nulla se non il beneficio di una parola guidata dall'intuito che rinnova l'entusiasmo sul nuovo puntello luminoso ma padroneggiato da una sapiente autorità di coscienza superiore che dirige verso il bene. Non poteva che essere Intelligenza tramandata dal sole che splende in funzione di dar vita alle piante, agli uomini, alle cose. Dolcezza di madre che contiene nel cuore tutti gli strumenti necessari per capire, autorità di padre che con polso fermo guida. Fra deserti, scogli e pericoli e mai si arrende. ..Sentivo di fidarsi, ma anche se non lo fossi stata pienamente ormai mi sentivo parte di quel cordone. Un cordone senza tempo nel l'ebbrezza di una verità impossibilitata a distinguersi dal l'errore, senza per questo inficiarne l'essenza originaria di quel canto d'amore e sospeso come respiro sulla testa. Pensai "che gioia vivere per morire così, semplicemente congiunti al mistero. Forse la vita è questo essere oltre la stessa vita.

Mirka


Doctor Zhivago ( Lara's -theme)


domenica 6 luglio 2014

SCINTILLA DI RITROVATA VERGINALE INNOCENZA









E intanto si sperimentava la grandezza di ogni creazione 
piena di un ritrovato stupore verginale.

Come pianta carnivora si abbeverava al tutto 
in scintilla di intelligenza e sotto a un cielo stellato.

Unica condizione d'innocenza per assolvere da ogni peccato.
E fu pianto di Consolazioni e Gioioso ovunque cellula ad altro impastata.

Mirka


"Aria" (Variazioni Goldberg- J. S. BACH)







sabato 5 luglio 2014

QUELLE FOTO



Lo scultore Gianni Bonfà e la sua dolcissima sposa Maria







Debet enim,misere si forte aegreque futurumst,ipse quoque esse in eo tum tempore,cui mala possit accidere (De rerum natura  - Lucrezio)






Stavo ascoltando Tchaikovsky quando mi consegnarono la lettera. Dalla calligrafia sapevo. Ho indugiato un poco prima di aprirla. Oscuramente percepivo che insieme alla gioia poteva esservi congiunto anche il dolore. A capo chino ho guardato le due fotografie.  Mi bruciavano gli occhi come uno squarcio inferto all'anima scoperta che volontariamente si offre al coltello inzuppato di miele. Ho pensato Si il dolore può farci sentire cattivissimi soprattutto se la sua origine te la procura una colpa non  mrritata nè tantomeno voluta.  iPerò...   Ho chiuso gli occhi immersa nella notte buia falciata dalla luna di bellezza lasciata da quella scia luminosa.  Due piccolissime stelle le si aggrapparono scivolando nel sonno dove tremono i vivi. Mi son detta,eppure sono sopravvissuta al dolore di un sogno spezzato al suo nascere donando sempre  a tutti ciò che era in mia misura fare e non sottraendomi mai allo sforzo dell'impegno,dell'ascolto e della responsabilità inerente a testimoniarla attivamente. Il sonno benefico me ne darà ragione e con l'oblio anche la pace. Perché come fu rivelato dalla psicologia del profondo,tutti possediamo una duplice natura,contenente una polarità di base di un sè cosciente e di un sè inconscio. Esiste l'individuo che si conosce bene nell'Io  che pensa,sente ed agisce,nei modi abituali con cui ci si identifica. Ma al tempo stesso esiste un altro individuo nascosto, (lato ombra) quello che contiene gli aspetti meno accettabili,quello che ha lottato, che lotta per avere un posto di valore nella vita e che infrange allo stesso tempo l'autocompiacimento  della propria immagine. Ed è così facile, immediato oserei dire,fare l'interazione tra il lato conscio e quello inconscio dandogli un ritmo di danza che si sposta costantemente dall'uno all'altro,che cambia a diversi livelli della vita e si modifica in base alle pressioni e alle sfide che s'incontrano. Tensioni di personaggi primari che creano un dramma interiore,ma che al tempo stesso diventa anche la fonte di energia,la nostra energia che procura movimento,scopo conflitto e crescita.Ovviamente tenendo conto anche delle comparse che abilmente si mescolano agli attori principali ed entrano in conflitto per renderci l'individuo unico che siamo. E questo dentro la complessa interazione di luci ed ombre che rappresentano ciò che s'intende in realtà con il termine di destino individuale. Una mia caratteristica  fu quella di una grande fiducia nel potere della volontà. Quella che dà forma al proprio futuro. Ben lontana quindi da ogni filosofia fatalistica e fuori da quelle ideologie che trasformano la responsabilità finale della propria vita e del proprio destino alla società e allo Stato o a qualsiasi altro organismo esterno. Credo sia dovuto a questo l' impazienza a soffermarmi quando odoravo lagne ripetute e un certo che di fastidio che mi faceva essere poco incline a comprendere quelle anime apparentemente sfortunate che sembrano essere le vittime di circostanze infelici. Ho sempre ritenuto che non ci fosse vittima senza colpa ma...Dentro questa immagine alquanto eroica della potenza degli sforzi umani che avevo e che forse ho ancora,poggiata sulla fede che Dio aiuti coloro che aiutano se stessi,ho consapevolezza comunque  che contro il fato nulla si può. E qui sono rea di sacrilega bestemmia.Concludo riportando un inciso che volli scolpire su una tomba come l'essenza di una vita o di un fiore che aiutò a seminare polline come stato naturale di cui molti se ne avvantaggiarono senza curarsi,spesso,neppure del grazie. Forse perchè dato per dovere scontato o per disconoscerne la generosità nel difficilissimo esercizio di costanza  nel far vivere la vita più che gli infissi,nel merito di essere sempre presente là dove fosse necessario essere anche contro ogni personale tornaconto.Quello che rappresentò mia madre per me e sicuramente anche per tutti coloro che la conobbero.Ho amato ho sofferto ho lottato sempre col sorriso. Ora che sono fisicamente lontana da lei,le mancheranno certamente quei fiori freschi anche di rugiada. Ma ci sarà sempre quel bocciolo di rosa con le foglioline verdi che lei disegnava e con gioia inviava agli amici e a quelli conosciuti da poco,come un segno di benevolenza,come incitamento a non perdere mai la speranza,inciso come quella frase in caratteri d'oro e così altamente rappresentativa della sua profonda umanità. 


 Mirka



 Adagio e allegro ( Symphony VI Tchaikovskji)










mercoledì 2 luglio 2014

SCAMBI SENZA EQUIVOCI



La Palmira sempre piange, e se la piange la gh'ha ragion,la doveva pensarci prima,prima d'andar in dal furmentòn.

(Dalla raccolta di tiritere guastallesi)






Il bar è sempre una piacevole sosta, ovviamente quando non c'è fila. Si rincontrano i vecchi amici, si fa l'occhiolino al barman per lo "speciale", si scambia qualche battuta con chi  ha voglia di restare sulla stessa lunghezza d'onda, si osservano i volti, la postura di chi entra, si ferma, prende qualcosa e pensi che dietro a tutto questo ci sono storie di vite che per un istante sfiori e immagini.
Uno sconosciuto ha desiderato offrirmi un caffè. Si percepiva altro scopo che il piacere del gesto. Io nel piacere del semplice grazie. Quattro parole  lui, per raccontarci l'essenziale, il nome mentre allungava la mano inchinando leggermente la testa. Due le mie parole per dirgli il mio nome e cognome accompagnandole da un sorriso pieno e naturale. Forse non ci incontreremo più o forse chissà. Nel cuore resterà sempre la misurata spontaneità di un atto gentile donato senza alcun scopo se non per il piacere di farlo. Io di apprezzarlo con naturale semplicità.



La zia di cui parlo e scomparsa due anni fa, era una donna veramente in gamba ma piuttosto originale. Non era una sentimentale, ma diventava tenera  piangendo come un vitello, per il pianto d'un bambino, o di un vecchio che sarebbe stato pesante a tre badanti. Si spendeva in fatti più che in parole che consumava sempre nel silenzio. Non era anarchica, ma non subiva le leggi se non prima averle esaminate,discusse, approvate o contestate. Infine le osservava scrupolosamente come un dovere fondato sulla serietà dei doveri che deve sentire una persona onesta. Aria  che lei respirò sin dalla nascita senza battere  ciglio. Razionale ma attenta alla natura, ai paesaggi, agli animali, chiedendo e indagando, ma senza la meraviglia del sognatore. E su questo poteva anche dimenticare il tempo senza perderlo di vista. Diceva sempre quello che pensava senza curarsi troppo di spingersi oltre la convenienza, oltre le buone maniere (segno zodiacale i gemelli come quello di mia madre pur così diversa e per non far torto al l'eccelso DOC anche l'Alighieri). Non era una eroina alla Meredith ma non puntò mai su un homo solo per convenienza. E non aveva in simpatia i preti. Eppure, quando, ricoverata in ospedale, scambiò un mio amico per un prete, non ebbe nessun moto di  fastidio quando gli domandò chi era. Forse dipese perché non aveva nessun rosario in mano, mentre gli chiedeva in modo dolce, umano e naturale tale da essere inequivocabile per il suo significato "Come sta Fernanda"?  "Ma sèt un pret? (sei un prete?) No. Sono  Sergio, l'amico di Mirka, e il marito di Carlotta"  "Ah si? Molto bene. Che tu sia il benvenuto allora". Una particolarità di scambi essenziali e sinceri che mai dimenticherà, come continua a mancarmi lei con la sua brusca franchezza, le briscolate da formiche di sbadiglio, la tenerezza usata per i miei piedi quando erano affaticati, o per le mani infreddolita quando avevo dimenticato i guanti a casa, se non in qualche negozio. Ricordo come fosse adesso come nel l'aria ci fosse solo un profondo senso di autentica comunicazione e per farsi capire la semplice chiarezza.

Mirka





"Che gelida manina" ( Bohème G. Puccini)







NOTALa Palmira sempre piange è una breve tiritera recitata durante il filòs dagli adulti che volevano ricordare ai giovani come l'appartarsi fra le alte piante di frumento potesse essere assai "pericoloso" per i focosi fidanzati