fiume

fiume
fiume della vita

domenica 30 dicembre 2012

CHE IL 2013 SIA PIU' LEGGERO DI "QUESTO" CHE STA PASSANDO



"Se per sfuggire la memoria avessimo ali molti volerebbero abituati a ben più lente cose"  (Emily Dickinson)





...quando fa la nidiata il pettirosso e i tulipani sono freschi di pioggia.











 


Cercavo fiori 
tra il gelo dell'inverno
stolta 
trovai le spine
un solitario pettirosso
cantò 
è la mia stagione.


Auguri per una sospirata  fine. 
Ma soprattutto,auguri di  vita da consumare vivendola come di "primo giorno". Perché ogni felicità,"regalata" o "conquistata", diventi un'occasione preziosa per trasformare noi stessi, nella dinamicità di bene che si espanda su tutto, come un comandamento partorito dal cuore.
Ogni fine dev'essere, sempre e comunque l'avvio ad altro. L'inizio per capire gli errori fatti e confrontarci con loro, con onestà e liberi dal fardello che il peso della colpa comporta, testimoni, da subito, di questo cambiamento che, se anche e qualora non potessimo vederne il giorno, nel nostro intimo avremmo coscienza d'esserne stati una "particella" che ha contribuito a creare la stabilità d'un abbraccio universale, o almeno tale ne era l'intenzione che con convinzione aveva operato in tal senso.

Mirka




"Andante" ( Mozart-C.Maj K.467  Colonna film Elvira Madigan)







giovedì 27 dicembre 2012

I PERCHE'. GLI SBOCCI, Sensualità, REPRESSIONE, E COSI' VIA.



"Ecco perché a 83 anni, mi sono accinto a narrare il mio mito personale. Posso solo fare dichiarazioni immediate, soltanto raccontare delle storie e, il problema non è di stabilire se queste siano vere o no, poiché l'unica domanda da porre è se ciò che racconto è la mia favola, la mia verità". (C. G.  Jung -Introduzione alla sua biografia)





Ci sono segni che, anche se invisibili all'occhio, si sentono come crepe sulla pelle, che bruciano come d'innocenza violata o semplicemente introdotta a una precoce maturità impastata con la farina madre della ribellione e della diffidenza.   
  
La scatola dei biscotti è ormai vuota."Dovrò riprenderli al più presto, oppure decidere di mettermi a dieta", pensava Aurora, non propriamente convinta, addentando l'ennesimo pavesino.     I suoi occhi passavano dal verde cupo di bottiglia, all'azzurro bizantino, per fermarsi a un bianco increspato come onde di un mare in tempesta subito calmato da una luna piena che, risucchiandone il salato nel suo faccione, lo addolciva lasciandolo come olio versato.  Ed era felice di ricordare anche gli episodi più dolorosi e inquieti su un destino che si era sempre messo in mezzo fra la sua naturale inclinazione alla gioia, e quello di scaraventare una secchiata d'acqua gelida in faccia a qualcuno nel pieno d'una festa.
Si buttò indietro con uno scatto infastidito il solito riccio piombato su un occhio e, con cupezza raggiunse il posto dove aveva vissuto il tempo della sua infanzia fermata agli albori dell'adolescenza.   Gli occhi non le brillavano in quel prisma sfavillante che tutti le hanno sempre detto di portare, sono invece una fredda lama sospesa a mezz'aria.
Eccola tredicenne e in "sboccio". Le gambe lunghe e mai ferme, il corpo magro ma con la rotondità di due piccoli soli che si fanno avanti da un vestito di cotonina aperto da un colletto di pizzo macramè che la zia le ha voluto fare per rendere meno lugubre il grigio di quel vestito. Ha due grosse trecce dal colore delle castagne ramate fermate da un grosso nastro alla sommità della testa. E' seduta in un banco davanti a un quaderno di aritmetica. Non ha voglia di fare quel l'operazione e così mordicchia la matita. E...guarda fuori inseguendo nuvole e tutto quello che passa dall'esterno.    Prima ancora della voce sono gli occhi a distogliere Aurora dal suo mondo di libertà felice, entro il quale si rifugia così spesso per difendersi dalla crudeltà di una realtà che la obbligava a mediare l'asprezza con una falsa sottomissione e che, per la quale, a volte, persino si odiava.    Subito abbassò gli occhi fingendo un interesse "profondo" al compito che assolutamente doveva portare a termine: "Ti ho vista, sai, mentre eri incantata a seguire chissà quali fantasticherie!"  le gracchio' la voce all'orecchio destro trasmettendone la cannonata all'altro e poi rimbombante dentro  la testa."No, dolce Madre, mi creda, pensavo solo a come risolvere l'operazione". Uno strattone a una treccia le sciolse il nodo del nastro, e le incendiò il centro della sua natura, facendola sobbalzare e portandola a graffiare la mano che l'aveva colpita. (Non si era tagliata le unghie e sapeva che, anche per questa dimenticanza la punizione,"puntuale", sarebbe arrivata). Un altro strattone alla ormai sciolta grossa treccia non riuscì ad impedire ad Aurora la volontà di non dargliela per vinta con altre reazioni che non fosse una perfetta indifferenza, muta di suono.    Si concentra invece a misurare la progressiva tensione dei suoi nervi in quella sfida immane. Sente i denti che si serrano mentre aumenta lo stiramento dei muscoli facendo indurire ancor più i due piccoli soli quasi usciti dalla scollatura del colletto scivolato.    Tante saette  d'occhi trapassano il sipario e curiose frugano i pensieri della Madre e della compagna. Aurora vede e non vede, tanto estranea è diventata a ogni cosa che la circonda. Solo la "sua" volontà nel mostrarsi totalmente insensibile, conta. Non le sfugge però la durezza dello sguardo di quella cornacchia che lei aveva chiamato col nome di dolce Madre.   Sente  l'elettricità propagata nell'aria generata da quei corpi  di elastico e in attesa... La monaca fa alzare la giovane dal suo banco di studio, e la spinge fuori tirandole la treccia come se fosse un guinzaglio per i cani.   Aurora è rossa in volto e se lo sente quel rossore, trasmettendolo alle vene pronte a scoppiare. Passa tra le compagne. Si stira le labbra sino alle orecchie, rosse pure loro, cercando di rassicurarsi che non succederà nulla, che lei non ha paura, anche se il cuore le batte come un maglio forsennato. Ha solo vergogna per quelle piccole sfere rivoluzionarie che non riesce a nascondere e che hanno fatto diventare una belva la dolce Madre.   E' lungo il corridoio che attraversano, a lei sembra di non averlo mai visto. Poi le scale. Un transetto di chiavi le fa capire che è arrivata alla destinazione di un viaggio che non sa.  Eccola dentro a una piccola stanza, fredda come quelle chiavi, e gli occhi senza ciglia che lì l'hanno introdotta. Trema il suo orgoglio, però non lo dà a vedere. "Spogliati" le ordina tagliente la voce.  Per un attimo Aurora esita sul da farsi. Poi la guarda dritto negli occhi e con uno scatto da cucciola pantera si libera del vestito e della maglietta che protegge il suo corpicino. Sprezzante, lascia cadere tutto a terra. Ora è completamente nuda. Non voleva così la sorella Madre?...Non trema più. Aspetta. Semplicemente e tranquillamente. Vede la cornice della finestra nera e ancor più bianco il vetro che fa da specchio a un giardino bellissimo. Si perde un poco. E sente. Sente aprirsi un armadio, sente strappare della tela, sente delle mani spietate che le imprigionano i piccoli seni e stringono stringono...Fa male. Il respiro è venuto a mancare ma non cade. Resta immobile e dritta mentre sente trasformarsi la ribellione in scherno che assomiglia alla pena. Pensa, sempre guardando in faccia la sua carnefice. "Ecco, forse, il mondo dei grandi è questo! Frustrati e poveri a cui non sarà mai dato di conoscere la gioia del sentir cantare il proprio corpo, la leggerezza delle capriole fatte senza ipocrisia o remore, sul confine dell'urlo primitivo. Ecco chi è preposto all'educazione delle giovani vite! Una sadica tiranna si, purtuttavia  incapace di annientare una volontà, la fiducia della sfida per un futuro diverso, e tutto da costruire, anche se  con tutte le incognite, le delusioni, gli inganni, i fallimenti.
E sarà proprio lei, quella aguzzina a dar vita a una donna forte con la fascia-reggipetto che le tagliava le teneri carni, senza incidere sulla sua identità di foresta, difficile da esplorare se non per la mano di chi doveva conoscere veramente l'amore.

"Puoi rimettere i vestiti" le mormora immobile e statica la cornacchia. Aurora raccoglie lentamente la maglietta e il vestito. Sempre lentamente lo indossa, sempre guardandola abbozza persino un sorriso, dolce, mentre pensa ad altro. E che importanza ormai può avere se, anche nei giorni di rossa liquidità, come del resto lo sarebbe stato per tutte le compagne, lei sarà messa in disparte come una impura da guardare in lontananza. Aurora  è consapevole della sua diversità e non teme di dire "Ho voglia di sputare in faccia a quel mondo fatto di bianca sporcizia, di soggolo svolazzante a mo di cornacchia caduta in un secchio di candeggina.

Solo  più tardi avrebbe imparato a farsi domande dandosi risposta senza aspettare la conferma dagli altri, a non vergognarsi più di nessuna parte del suo corpo, ma ad amarlo perché da esso, oltre che portatore di vita, poteva trarne piaceri sottili e darli, ricordandosi e rigenerandosi  sempre come per una prima volta.
Ci sono corazze che nascondono l'animale umano in quanto inibiti a mezzo di una educazione sbagliata, e i cui comportamenti per quanto mascherati da "buone intenzioni" recano danni a se e agli altri, riempiendo l'anima di colpa, creando manifestazioni di patologia, tiranni con paure inconscia e, invidie, crudeltà che inevitabilmente conducono al sadismo e a ogni forma di perversione senza rendersi conto che, il loro, è solo una reazione terribile a "uno stato vegetativo" che come un vampiro si nutre della vita altrui facendone scempio.

In quel tempo Aurora si chiedeva solo "perché", nel rispetto dell'unica alternativa che le restava. Stringersi al mistero del suo corpo in "sboccio", e fiorire gioire nel nascosto di se stessa, forse anche un poco temendo, ma senza mai sentire un velo di sporcizia. Quella sporcizia che, crescendo avrebbe creato in altri, sfortunati come quella monaca, la colpa, la malattia, e ogni crimine, anche sociale, in lei, proprio da quel male tracciato da un quasi invisibile segno, un "pezzo da novanta" dell'intero e, dalle mille delizie tanto per essere in perfetta sintonia con Keats.

Mirka










"Die Scopfung"  (The Creation -J.Haydn)



lunedì 24 dicembre 2012

REGEM VENTURUM DOMINUM VENITE ADOREMUS

......E fu così che,le tante tensioni divergenti, portarono  quella bimba alla quiete dell'unica realtà fissata in quella capanna di luce, col Bambino scaldato dal fiato dell' asino e del bue.



Aurora era seduta sulla soglia di un tempo indefinito e piangeva senza adagiarsi nella contemplazione di quei goccioloni che le inondavano il viso, ripercorrendo l'inquietudine di quella bimba che,nove giorni prima del santo Natale, cantava in coro Regem venturum dominum venite adoremus.
La chiesa era buia e fredda, meno, comunque, di quelle sbarre che s'innalzavano sulle lunghe vetrate della grande camerata del collegio. Lei si scaldava pensando che, come lei, al freddo di una capanna, c'era stato un bambino chiamato Gesù. E questo era un particolare che li avvicinava rendendoli simili, così pensava, mentre sulle guance le si asciugavano i grossi cristalli provocati dal dolore per le ferite che i dei geloni le avevano lasciato ai piedi.
E pregava con un fervore che sicuramente nessuno dei presenti provava. Né le altre bambine e neppure la Madre badessa. Ogni tanto qualcuno si voltava a guardarla,  e un poco stupita, le lanciava un timido sorriso ma senza capire perché lei ci mettesse tanta veemenza per una litania che doveva semplicemente preparare a un evento che si ripeteva ogni anno.
In quel mentre la campanella del parlatorio suonò facendo sussultare la pancia di Aurora.
Ecco il dono di Gesù, della sua Mamma e di s. Giuseppe, gridò il suo cuore nel chiuso della casa situata a sinistra del suo piccolo corpo ancora in forme, ma con degli impercettibili segni della donna che un giorno sarebbe diventata. Lei lo aveva chiesto a Gesù come DONO sicura di non restare delusa.
E il nonno dal gran cappello nero era arrivato. per portarla a casa. Era l'ultimo giorno della novena. Una porta si aprì. Tante teste si voltarono come bisce pronte a saltare, ma una sola era già sulla porta che scalpitante come una puledra ungherese. La monaca allungò una mano stringendo forte la sua. A stento riuscì a trattenere quella  gioia che a dismisura  cresceva sino a staccarle i polmoni. Questo dovevano aver provato tutti quei pastori in cammino verso quella luce che faceva scintillare la capanna  irradiandosi a tutto il mondo. Pensava Aurora e, talmente empatica con Maria, da sentirsi anche lei madre in quel ventre che pulsava pulsava quasi fosse un unico cuore.

Mirka (Stralcio dal romanzo Il Destino nel Nome)





 "Magnificat" (BWV 243-J.S.Bach)


martedì 18 dicembre 2012

I MIEI AUGURI



"La Vergine degli Angeli VI copra de Suo manto e VI protegga vigile,di Dio l'angelo santo. La Vergine degli angeli MI copra del Suo manto e MI protegga vigile di Dio l'angelo santo" (Forza del destino - Verdi)


Un augurio di salute e bene a tutti voi che mi avete amorevolmente seguita, fatto con gli occhi del  mio tempo più gioioso.

Con la musica di questo Verdi,
perché con la Speranza protegga il vostro presente,
viva in voi come un bene stabile che non conosce sconfitta.
Dia l'avvio a ogni progetto appena cominciato o non neppure ancora immaginato.

l'inno di Mameli perché l'ha voluto mia madre nel suo ultimo viaggio.
Un abbraccio festoso,

Mirka


"La Vergine Degli Angeli" (  Forza del destino G. Verdi)









Nota: Appena libera da impegni di lavoro, mi riservo altri due post lasciati per ora in archivio e neppure riletti e corretti nella speranza che siano graditi, per una o altra cosa

domenica 16 dicembre 2012

STALKING TECNOLOGICO,STALKING VIRTUALE.E ALLORA...MUSICA A PIACERE


 
"La tecnologia si evolve perché si evolve; la tecnologia avanza secondo un principio casuale, non teleologico"  (Jaques Ellul)

                                                                      
                                                              ...o uccellino! La TUA razza è pura



Rimuginando sulla frase secca e perentoria di Jaques Ellul, cercavo, ieri, di districarsi tra le varie congetture, indignandomi e l'arrabbiandomi per l'immoralità di certi abusi tecnologici che limitano l'autonomia umana, se non addirittura la condannano a direzionarsi su strade fuori dalla propria volontà, negandole il diritto d'essere, fosse pure quello di sbagliare.

Passo a spiegare questa piccola premessa.

Da un poco di tempo trovo difficoltà a scrivere sul blog, per delle misteriose quanto fastidiose interferenze che si presentano nel l' apparizione di una strisciolina rosa con la dicitura, attenzione=censura s'ignora oppure no) su pensieri, concetti, foto o addirittura sulla musica che scelgo.  Questo fa si che mi renda nervosa, mi distragga da quello che sto facendo, mi de concentri, mi devii dal percorso iniziale che mi ero proposta.

Molti commentatori, fedeli, leali, affidabili per credito di fiducia, lamentano (per e-mail quando arrivano o per telefono) che, spesso trovano la strada bloccata per numeri  pressoché il leggibile. Dopo vari tentativi a malincuore sono costretti a rinunciare.
La mia posta elettronica è assolutamente filtrata.  Per alcuni, l'accesso è consentito, per altri no, oppure, anche lì, sottratto e deviato.
Volevo cambiare la password. Non mi è stato consentito metterla in atto.
La stessa cosa per i cellulari, manovrati, a piacere e per secondi fini, per me, assolutamente incomprensibili.
Non appartengo a nessuna casta, né a cosche, né alla specie della  bunga bungalow.      E' vero che ho un'elevata miopia, nel senso esatto del termine che mi vede mancante di molti decimi di diottrie, ma NON SONO CIECA per non vedere regolarmente questo uso ed abuso. Non voglio essere manovrata-manipolata, anche se l'impotenza a difendermi da questa tirannia di abili intromettersi di stampo da dittatura o  mafioso, mi rende furiosa.

Mi ricorda un libro di Bry "La religione camuffata"  che lessi tanto tempo fa, dove si prospettava un mondo nel quale la scienza ha in effetti più o meno abbandonato il territorio che le è proprio per assumere la direzione di questa o quella conventicola.

Beh! Personalmente non vorrei perdere il "diritto" ad essere liberamente me stessa, coi miei pensieri, con la mia testa, col mio sbagliare, nel e col mio mondo, poliedrico e forse anche un poco ingenuo, (?) ma pieno di precisa identità, fiera e mai ambigua, di persona che, pur con sofferenza, continua testardamente a cercare l'utopia d'una propedeutica umana, scambi veri di comunicazione e lontana da termitai che una grossa parte di progresso ha creato. Magari , sempre nell'utopia, con la speranza a salire più in alto della pura economia di sussistenza o d' illusione che il virtuale sia solo un alibi per persone frustrate, fragili emotivamente o seriamente affette da gravi disturbi psicologici, oppure, semplicemente dei vigliacchi, abili nella tecnologia e nel "mestiere di vivere" che, come onore ha solo la paranoia di uno Howard Staunton, più studioso di Amleto che di ammettere che non sapeva giocare senza barare.  MUSICA anche se fuori tema

Mirka



"Libiam nei lieti calici" (Traviata-G.Verdi






venerdì 14 dicembre 2012

UN RISVEGLIO A BALZO DI FELINO




"Non temere di stancarti; il godimento di quella bellezza sarà tale, che sempre ti sarà davanti"  (Agostino)


...e fu quella connessione univoca con tutte le cose, anche se nello stato provvisorio, a fornirci una nuova chiave di lettura.


Silente la casa e fredda. Solo il pendolo scandiva il secondo non permettendo l'inerzia del pensiero.  Uf!  Sbalzi  e approdato come un felino alla finestra.  Non c'era uccello e non c'era orme di uomini o di alieni.  Solo gelo. Un gelo che non inquietava nè metteva i brividi.  La pace che mi avvolse illuminava tutto.

Così con l'anima, lo spirito, l'energia, tutta protesa in me e a me tornata, compresi quale sia il significato del ricevere ogni forma di bellezza insita in ogni stagione.
E almeno per oggi so che mi sentirò ricca solo di questa creatività fatta anche del mio lavoro. 
Manderà tutti  miei debiti e quelli di tanta gente onesta come me, ai banchieri e ai signori che fanno politica, perché siano loro a pagarli, dal momento che sono loro i responsabili di tante truffe e di tutte le sottrazioni imposte alle vite orgogliose per essere riuscite a farsi un "bene", come una casa, su sforzi di enorme fatiche.

A passi quasi di danza ho abbracciato chi mi stava vicino e, con tranquillità ho preso la tazzina fumante del caffè, mi sono avvicinata alla finestra che dà sulla mia verandina e ho cominciato a divertirmi inseguendo per un poco segni e geroglifici che si erano formati sul vetro, dandogli le più strambe interpretazioni fino allo scioglimento senza più pensare, ma solo raccogliendo l'atmosfera di allegra serenità che si respirava attorno. Ché tutto è labirintosi, se il labirinto è dentro l'anima e nei pensieri ma, quando subentra la pace, quella vera, non estemporanea, è stabilità di un bene che non si perderà neppure con l'ultimo battito, ascoltato dal proprio pendolo personale. Così mi dissi, nel silenzio di me stessa mentre gli amici, allegri, mi chiamavano perché potessi  scattare  ancora qualche altra foto, e prenderne a gioia, come augurale regalo per ogni giorno a venire.

Mirka





"Sonata k.308"  (D.Scarlatti)



mercoledì 12 dicembre 2012

FACCE = REALTA'.

...e nei suoi occhi vidi la realtà del presente



Sono stata al supermercato per comperare un pacco di farina. Volevo fare la sfoglia dopo secoli di ibernazione. Ma la farina era finita...

Sono allora andata in un negozio dove ancora vive alla vecchia maniera e,ho visto degli anziani, vecchi di anni e di fatica, fare il conto di quello che potevano comprare, con la calcolatrice, altri, tornare all'uscio perché non c'era nulla in "offerta". 

Sono passata in banca per accertarne che tutto fosse a posto, e mi sono sbattuta nel vuoto d'un uomo reduce dal terremoto con l'IMU da pagare. Aveva chiesto in prestito i soldi a un parente. La casa ancora inagibile, un mutuo ancora in piedi.

Son saltata alla posta. La ressa  di volti lividi e smorti più per l'insonnia a sgranare pensieri, che per il freddo  sotto lo zero. L'istinto fu quello di scappare ma...dovevo pagare la tassa dei rifiuti.  Tassa già evidenziata da una maggiorazione, ovviamente...  Purtuttavia, non sono riuscita trattenersi per una super tassa applicata anche se nel rispetto dei tempi dovuti.

Andandosene, mi son chiesta:"Ma è questo lo Stato per cui si è battuta mia madre e mio padre?...Quello per il quale ho  lottato anche io ,augurandosi che potessi, almeno un giorno vederne l'alba incamminata verso la continuità del giorno?...

Mi hanno risposto degli occhi duri e asciutti.  I miei. E  questa volta  non sono riuscita neppure a imitare mia madre quando infarinata, era contenta del risparmio e della fiera dignità per essere arrivata alla fine del mese.

Così, mentre pensavo a questo e discuteva con persone della strada, sono arrivata  a casa senza neppure aver fatto un minimo di spesa..  Addolorata e nervosa mi sono accontentata d'una pera col formaggio divorandola sino al torsolo, sputando solo i semi, e ridendo del vecchio ritornello fer meia saver al  vilan quant le bona la pira col formai. Che tradotto significa, non far sapere al contadino quanto è buona la pera col formaggio.

Mirka


"Solo la Pido a Dios" ( Mercedes Sosa)


lunedì 10 dicembre 2012

IN UNA SERENA E FREDDA GIORNATA DI DICEMBRE



...e tutto si fissò nelle pupille consapevoli d'essere luce incontrastata scaturita sempre dalla profondità del suo fondale
 ..."e se nella tua ultima giornata dopo migliaia di giornate inesorabili, tu giacessi esangue in un deserto, invoca la morte, se vuoi, ma ancora ricordati d'aver ascoltato la tua legge nell'ora lontana e non rinnegarla chiudendo gli occhi" (Sibilla Aleramo)

 "Non credere mai che il destino sia qualcosa di più di una condensazione dell'infanzia" (Rainer Maria Rilke)
 
...chi mai potrà rinnegare la bellezza e l'energia scandagliata da questi tronchi  rivestiti ancora d'oro anche se 
il gelo?...
"Eros è filosofo"ebbe a dire la gran sacerdotessa Diotima, celando il troppo evidente.





Mia madre mi diede la vita.   Mi volle contro tutto e tutti e per me lottò sino alla fine del suo tempo destinale.  
Delle fatiche immense, ne conobbe il peso e il dolore senza che, né le fatiche né il dolore potessero sopraffarla o vederla rassegnata. Mai la vinsero le difficoltà o il cammino faticoso, se non in quell'ultima ora incisa con precisione per percezione e in coscienza che tutto era stato fatto e compiuto. 
Anche io lo amata con tutta me stessa, a volte, persino oltre passando me stessa.  E ne ho rispettata ogni sua volontà come legge d'amore che naturalmente si espande e si concentra.

Credo d'aver amato, per la stessa ragione chi mi restò al fianco per un pezzo del cammino, lottò per me e, senza nulla chiedere restò lealmente fedelissimo al l'originario incontro creatosi per affinità o misteriosa alchimia.   A loro mi sono affiancata, compagna e amica "leale", sino all'esaurimento del nostro tempo destinale, consapevole che mai fu spreco di energia o di inutili speranze. Perché qualcosa di prezioso passò sempre in ognuna di quelle profonde comunicazioni. Una specie di forza che mai conobbe l'alibi del rinunciato, se non per vertigine di luce che, se  forse accecò, mai allontanò dalla vista un particolare, prezioso tanto da essere al centro, proprio  mentre la  metamorfosi della "vitalità di gatto", tanto per citare Dostoevskij avanzava furtiva e di soppiatto.     Sensi di colpa?... No. Mai ci fu dispendio di illusione o menzogna  fuorviante dal dovere all'onestà che esamina e chiarisce. L'eternità nel suo pulsare, fu sempre in ogni attimo, anche quando, lento, si  formava la coscienza che percepisce la fine d'un percorso. Coscienza dolorosa, certamente, quella che, non rinnega gli errori, ma un poco anche li esalta, memore e testimone lucido di quello slancio genuino e sincero che insieme generava la gioia con vicino  la pena.

Credo nel matrimonio. Non come a un contratto di parti, firmato in municipi, o davanti a un prete, ma per un impegno "scelto" spinto dal l'amore, e voluto in modo adulto da entrambi, fondato su valori, affinità, fiducia che protegge, mentre infaticabilmente zappa la terra per tirarne fuori il grano, il vino o semplicemente delle foglie, sino a che bianchi  diventino i capelli, il corpo,(trasformato) ma vivo nella memoria di primavere ed estati.    Purtroppo l'univocità che aveva in serbo il destino per me fu altro.   
Non sempre si è artefici di un bene comune avuto in prestito per farlo fruttare sino alla fine.

Ciononostante una Stella c'E' e guida anche a nostra insaputa. Anche di questo resto convinta. Usando le parole di un amico di rete, mi arrendo al cielo.

Mirka


"Strosse to stroma sou" ( Mikis Theodorakis-Mogol)
Ovunque sei,quando vorrai,se tu mi stai cercando anche se sei in capo al mondo,incontro a te io correrò.   Il tuo sorriso nella notte,verso di te mi guiderà,se c'è una stella che m'aspetta,anche nel buio la vedrò.




 


giovedì 6 dicembre 2012

LA PRIMA BRINA.


...come onda che rimuove la sua piega...l'agita per ricrearne il giorno o la vita perpetuata...



...come già fosse l'annunciato biancore che cammina a dismisura e invita agli stivali caldi




Si svegliò tardi  

la ribelle insonne
al proprio tempo
 
la brina
graffito ai vetri
si sciols

l'odore che lasciò
l'ho prese il corpo 
ancora addormentato.

Energia diffusa
mentre si trasforma
 in passi di danza.  

 Vivacizzato il pensiero dal
giardino anticipatore della neve
 nella sosta obbligatoria

imperativo fu regalarlo agli occhi 
fissandolo a luce permanentemente 
di trionfale alternato


in ordine
la casa
non persi il treno.

Mirka


 "Variazioni secondo un tema di Haydn" (J. Brahms)







lunedì 3 dicembre 2012

MACELLERIA D' ACQUA, GRAPPOLI DI FOGLIE E "TORTELLINI FRITTI DI MARMELLATA ".



Un senso sublime
di qualcosa permeato nel profondo
cui dimora è la luce di sole in tramonto
e il rotondo oceano e l'aria viva
e il cielo azzurro e nella coscienza del l'uomo d'un moto e uno spirito, che istiga
quanto ha pensiero, gli oggetti tutti d'ogni pensiero
e si proponga ondeggiando a tutte le cose".  (Wordsworth)





Il cordone della doccia impazzito - fibrillazione d'acqua a catinelle da ogni parte di cabina e su tutto il pavimento - un asciugata col sapone appiccicato al corpo e via - sguazzano gli occhi su tutto quel l'Oceano a sorpresa e disperano tra l'incredulo e l'idraulico che sia qui - apro la finestra perché l'aria freschissima agisca al posto mio - m'investe una folata di foglie d'azzurro e oro  - dimentico tutto - alle narici il profumo di spezie e cannella negli occhi un grembiule e le mani infarinate - sfrigolo di gioia e le infarino anch'io.

Mamma Bianca ha sempre una ricetta buona fatta coi dolci.

I "TORTELLINI DOLCI" 

La preparazione dei "tortellini" è cosa relativamente semplice ed avendo cura nella confezione se ne ricava un piatto di fritto gustoso e nutriente.
tortellini constano di un quadrato di 12 cm. per ogni lato di frittatina,fatta con farina e uovo al centro del quale si mette un boccone di ripieno a piacere grosso quanto un piccolo uovo.
Si ripiegano gli angoli verso il centro in modo da ottenere un piccolo pacchetto di forma quadrata.
Si immergono nella pastella e si friggono a gran frittura in olio o strutto.
Per quanto riguarda il ripieno la ricchezza della scelta è infinita. Io ho optato di mettere il dolce, cercando di imitare mia madre.  Uh!...

RIPIENO DI MARMELLATA

Lavorate in una tazza tanta marmellata di frutta (mia madre aggiungeva il savor che è un misto di frutta) quanto ci occorre per sciogliere i grumi e renderla morbida e uguale; se fosse molto dolce correggetela con un po di succo di limone e se fosse troppo liquida potrete darle corpo con l'aggiunta di mandorle grattate finemente oppure amaretti tritatissimi. Volendo si possono mettere dei canditi d'arancio sempre tritati finissimi dopo averli messi in 200 gr di burro montato sino ad essere una spuma. Per chi l'ama,si può aggiungere della mostarda, e un bastoncino di cannella (che poi si toglierà),vaniglia e un bicchierino di rhum.

Solitamente venivano bene anche a me. Speriamo lo sia anche oggi,visto gli imprevisti e considerato che,"lavorare i fritti" non è poi tanto semplice anche se inorgoglisce quando tutto finisce in gloria.


Mirka. 




"Kind of blue" ( Miles Davis)








.


Note; Affinchè i fritti vengano al meglio accertarsi d'avere una padella di rame martellato o stagnato,abbastanza larga e a bordo non troppo alto. Se non si dovesse possedere può andare anche la padella di ferro,mai smaltata,però e mai quella d'alluminio. 

domenica 2 dicembre 2012

"NON HO PIU' TEMPO PER RESTARE" -REPLAY





.Per Te canterò se Tu non puoi cantare il tuo dolore scorrerà nel fiume della vita.      Per Te rspirerò la luce del mattino, i giorni tuoi ricorderò le sere dell'amore.        Per TE parlerò con gente della strada, così nel mondo Tu vivrai  e non sarai più solo. ( M. Theodorakis)




"Fummo comunisti per orizzonte, per latitudine del chiamare e del sentirsi chiamati, per vocazione a non avere nulla altro che la vita". ( Dal le conversazioni di Alfonso .Gatto)


"Cos'è la vita?  Una frenesia.  Cos'è la vita? Un'illusione, un'ombra, una finzione; ed il maggior bene è piccolo, poiché la vita è un sogno". (Calderon De La Barca)



Sono anche musicista, (cantante per essere più precisa). Fare Musica, cantare, è stata la mia prima ragione di musicista componente del Primo Complesso Polifonico sorto in Italia e che ha preso il volo nella RAI di  Roma, poi assorbito nel Coro lirico sinfonico dove  era pur sempre bello essere scelti  in parti solistiche (anche in film) a seconda dell'abbisogna.      In seguito fu  "rottamato"  (tanto per  stare in sintonia col termine così di moda oggi) insieme ad altri prestigiosi complessi, orchestrali, cameristici, Cori, Si ritenevano "gioielli di famiglia" , troppo onerosi da tenere per la crescente crisi in atto e, quindi da "svendere" pur con "immenso dolore" giacché la cultura è si, importante, ma più importante è restare al passo coi tempi che reclamano gli appalti coi benefici (sottobanco per chi li approva e si fa garante della riuscita che frutta utili a oltranza...).
La cosa, o meglio il verdetto ci fu regalato come panettone natalizio due mesi prima delle feste, addobbate, come sempre, con lustrini e palle colorate.    Si presentò nell'auditorium al completo, un ceffo, burocrate e impassibile, splendido emissario dei giochi di palazzo, e gelidamente ce ne diede l'annuncio ufficiale.     Ovviamente il lavoro di preparazione (frammentazione) era stato preparato scientificamente "a tavolino" da anni, e le voci appestavano l'aria come ora l'ILVA.    Il giorno dopo l'annuncio dismissione rio avrebbe dovuto esserci il Concerto del l'inaugurazione della stagione musicale. Cosa che non ci fu. Lo sostituirono gli applausi, i dibattiti, i molti caffè portati all'alba dal colore del papavero dagli amici e solidarizzanti...  Tralascio i particolari perché esulano dal senso di questo post, anche se qualcuno se ne ricorderà da un post scritto sull'allora blog di Splinder.

Comunque per ritornare al punto della questione di questo replay, tengo a dire che, fra i miei "altri" interessi, oltre a quello della musica, primaria attività e professione, ci era quello della scrittura.     Avevo cominciato a scrivere, sotto uno pseudonimo, racconti su riviste femminili, quando ancora ero studentessa, per integrare le spese vive di mantenimento e gli studi di medicina.  Continuai a farlo anche se in modo discontinuo e ovviamente sempre sotto pseudonimi.     
In RAI invece mi sono sempre firmata col mio nome doppio Ebe Mirka, conosciuto e stimato..  Come musicista, per il mio impegno civile, per le lotte che non si limitavano solo al nostro settore, ma che abbracciavano tutti i campi..        
Si, la mia vita non ha mancato di intensità e di molteplicità, fra onde e marosi, triplici salti mortali, forti emozioni, ricevute e date. Ho avuto il bene di conoscere persone che  hanno inciso con l'oro la mia anima e i miei pensieri e, ho conosciuto gaglioffi vestiti con impeccabili doppiopetto e con sorrisi fermati alla bocca.    Tutto ho vissuto.   Lo dicono bene i miei occhi, anche ora, nella loro azzurrite limpida, che prontamente cangiano in cupo e dark, col calare d'un ombra che oscura il sole, e percepita con molto anticipo.  
Ho conosciuto ricchi solo perché sguazzavano nei soldi, ma puzzolenti come "lavoratori" di fogna. Altri, poveri solo per ristrettezze di entrate, ma con l'onestà e l'accoglienza visibile e schietta come un sole che non brucia né inganna. Un sole che usciva da ogni tasca sdruscita saltando allegro come tante pepite d'oro.
   
Ma...andiamo avanti col tema, la RAI di allora, aveva un giornale ufficiale. Si chiamava "ARMONIA " e  fu proprio lì che scrissi questo articolo  che desidero riproporre.    Chissà che non possa interessare ancora a qualcuno, catturare  l'attenzione per qualche passo o semplicemente un motivo di piacere nell'ascolto di questi spirituals.






e con rimpianto sdegnosa la vita fugge fra l'ombre." (Virgilio,Eneide,Libro XII)



Un poco di tempo fa, scrissi questo. Voglio riproporlo per  ricordarmi che, gli impegni presi con se stessi vanno sempre assoluti, e, possibilmente metterli in pratica. Perché "ingannare se stessi" è prendere in giro la vita che sempre insegna e...impietosa fugge!
C'era una volta  un piccolo uomo. A lui era stata donata la vita attraverso un atto d'amore.
A sua volta avrebbe dovuto viverla e impiegarla con un altro atto d'amore. Il piccolo uomo si era costruito un pallottoliere e, con la sua pallina di vetro, giocava.
Il piccolo uomo che aveva avuto in dono anche l'intelligenza,nimparò l'uso dei numeri. Con stupore imparò le molte cose che si potevano fare coi numeri, anche se era arrivato a contarne solo 10. In questi numeri c'era proprio tutta una magia. E l'inventore era stato proprio lui, il piccolo uomo. Insuperbito da tale scoperta, cominciò solo un poco timoroso, a giocare con questi numeri. Moltiplicava, toglieva, aumentava ancora, sottraeva, sempre più insuperbendosi, sempre più testardamente illudendosi di poter ormai osare tutto. E si divertiva il piccolo uomo a far girare come trottole quella pallina di vetro. Lui stesso girava."Evviva" gridava. "Posso capire tutto. Tutto posso fare! Perché non sfidare allora anche i miei simili, i miei fratelli di ventura? Potrei avere dominio su chi cade nella "tenzone" imposta dalle mie leggi. E perché non sfidare anche Colui che mi fece dono della vita?!" Il piccolo uomo arrestò di botto il suo giro di trottola. "Sto esagerando" si disse "fermiamoci  ai miei fratelli".
E continuò imperterrito e arrogante il suo gioco. La sfida ormai era lanciata e,dimenticato si era del suo DATORE DI VITA e di come avrebbe dovuto fare uso dell'atto responsabile nato dall'amore e che doveva continuare solo per quel fine.
Ora si erano aperte tante strade; le "sue". Quelle create dalla presunzione del piccolo uomo. Il caos inquieto entro il quale era entrato, produceva inarrestabili forme. Esseri che di umano non avevano forse neppure il sembiante. Altri uomini, presuntuosi come lui, si formarono. Ed erano così presuntuosi che volevano essere conosciuti da tutti, persino da coloro che sarebbero venuti dopo di loro. E questi altri piccoli uomini erano così vanitosi da sentirsi lieti ed appagati solo per la stima di quelle cinque o sei persone che gli ruotavano attorno.
Si sa che l'ammirazione guasta ogni cosa e così fu facile cadere  anche nel l'indolenza.  L'orgoglio dominava i piccoli uomini  con un possesso talmente naturale ,che gettavano la vita con gioia, purché gli altri esseri ne parlassero. Non si accontentavano più della vita che sentivano in loro e nel proprio essere. Volevano viverla, inoltre, nel concetto degli altri, di una vita immaginaria e, a tale intento si sforzavano di apparire. Lavoravano senza posa ad abbellire e a conservare il proprio essere immaginario, trascurando così quello vero. E se possedevano la tranquillità e la generosità o la fedeltà, si davano premura di farlo sapere allo scopo di fare inerire tali virtù all'altro essere che era il loro, consentendo volentieri di essere codardi, pur di acquistare fama di valorosi. Gran segno di nullità del piccolo uomo, proprio questo, di non essere soddisfatti dell'uno senza l'altro e di scambiare spesso l'uno per l'altro. Un nonnulla lo consolava perché un nonnulla bastava ad affliggerlo. Il piccolo uomo, conobbe così le esaltazioni e le sconfitte, l'incanto e il disgusto insiti in ogni esperienza umana. Qualcuno pagò anche di persona andando al fondo della vita, scorgendovi un'insanabile imperfezione, il germe stesso della sua sofferenza..Constatò così l'inutilità, la caducità, e la vanità dei suoi giochi.
C'era la coscienza lucida di tale sorte. "La coscienza del male e dei limiti dell'uomo", si diceva il piccolo uomo per consolarsi attraverso questo equilibrio intellettuale.
"Ciascuno soffra la sua ombra" ebbe a dire Virgilio nella sua Eneide. Attraverso i secoli, questa voce della coscienza che non riesce a placarsi con se stessa dell'angoscia di un perenne divario fra l'uomo e la sua ombra, fra l'istinto e le ragioni individuali e i loro riflessi sociali, sarà motivo dominante del travaglio umano se non si scoprirà anche la grandezza che coesiste insieme al male in ciascuno di noi. Tutte queste miserie provano la sua grandezza. Sono miserie di gran signore, di "re spodestato", direbbe  Blaise Pascal. Conoscere di essere miserabili è quindi un segno di miseria ma, in pari tempo,un segno di grandezza perché significa che l'uomo riconosce di non essere quale dovrebbe essere (e aspira ad essere).E,quindi, che tale miseria non gli è congenita ed essenziale, ma è "miseria di re spodestato".
Anch'io non sono sfuggita alla presunzione del piccolo uomo che si divertiva a giocare  con la pallina di vetro del suo pallottoliere.I segni che Dio ci dona per capire e ravvedersi sono tanti e continui. Siamo noi che non li sappiamo riconoscere perché crediamo testardamente solo alle nostre strade. Due anni fa feci un concerto nella mia città natale.

Nel programma vi avevo messo alcuni spirituals. Uno di questi diceva "Steal away to Jesus". (Vai da Gesù. La strada che finora hai percorso, ti ha portato solo delusioni ed amarezze. Va' da Gesù. La sua voce è arrivata nella mia anima attraverso il tuono e lo squillo di tromba. Non ho più tempo per restare..."      Dopo questo concerto, ebbi un periodo nero. "Scalognato" direbbero a Napoli. Impoverita delle mie risorse fisiche e psicologiche, mi prese una febbre altissima che mi durò una settimana, malgrado gli antibiotici."Difese che la natura manda" direbbero i medici.     Durante una notte sognai di cantare questo spiritual:
"Steal away to Jesus  

  Mi svegliai di colpo e comincia a capire. Ora il piccolo uomo ha cominciato il suo viaggio a ritroso. Riuscirà a riprendere l'interrotto bandolo della sua matassa? E' risaputo che non difetta in testardaggine, caparbietà, incostanza e, per un certo gusto al piacere della comodità...       Ma, "Non ho più tempo per restare".   E con l'aiuto del mio DATORE DI VITA, saprò trovare la forza di perseverare. Almeno lo spero. Soprattutto per la serenità apportatrice così  necessaria  al cammino dell'evoluzione.


Mirka