fiume

fiume
fiume della vita

domenica 30 settembre 2018

INSEGUIMENTO E ATTESA



Chi si insegue
fra un colpo e l'altro
 di martellate al cuore
 se non qualche tormento 
che fruga in memoria 
 con braci guizzanti fra la cenere?

O sono invece 
raggruppate stelle di parole  
capaci di creare
 l' umidità e l'albero
 con la geografia insediata là
 dove l' occhio si posa a sera 
sul rombo di un trionfo
 mentre lontano fischia
 il gemito del declino?

Eppure furono le attese
a favorire la vita 
mordendo l'ansia sul brivido del l'ebbrezza alta
 ma precipitando come angeli e finiti in pozzanghere 
inutile culla per foglie naviganti in liquida polvere 
 formanti informi anelli di fanghiglia   
illusoria mano di Cipride 
che ancora si beffa 
in frammenti di polvere portate dal vento
con a mezzo blasfemia di irridente luce a conduzione?


Mirka


Memory





LA NASCITA DELLA SESSUALITÀ SU L ' OMBRA DEL PECCATO. ( il prete)




Il Prete


Il " senso " del peccato sul candore verginale. Ovvero la sessualità sul labbro a formato Paradiso uscito fra le spine da una toga nera.



L' irrequietezza aveva portato Aurora a una catena di gesti scoordinati fra di loro.  Spostava la tendina della cucina, la lasciava cadere col gesto automatico di chi lo compie pensando ad altro.  Staccava un acino d'uva dal grappolo a portata d'occhio e in bella vista al centro della tavola, lo centrava come un roditore, ne sputava la pelle sulla mano raccolta a conchiglia, buttandola subito dopo nel secchiello della spazzatura situato sotto il lavello della cucina.  Si fermava davanti a una fotografia senza vederla, nel mentre le spuntava un sorriso che ne testimoniava il frullare di un pensiero sorto improvvisamente.  Inseguiva le lunghe strisce delle nuvole macchiate da un pennello pazzo di qualche divinità o dal l'umore di un pittore disuguale come il suo, provando un senso di sgomento, a tratti,  percependo le misteriose forze che padroneggiavano la vita di lassù, inclusa ovviamente anche la sua. Uno spartito messo male sul leggio cadde a terra spezzando il silenzio della casa e togliendola da ogni fantasticare. Il rumore la fece bruscamente voltare.  Si chinò a raccoglierlo. Distrattamente ne guardò il titolo. Erano i canti natalizi per la lezione che avrebbe dovuto tenere il giorno appresso a un gruppo di ragazzini del  piccolo paese di montagna. Una saetta le attraversò la cantina fresca della memoria di "quel" tempo senza impronta di luna nera.   Alla soglia del l'adolescenza. I primi tremori lungo la coscia e l'inguine come la "macchina dei fremiti" di Paul Klee. Il bel prete dalla falciata gagliarda lungo il viale dei platani che cantava In paradisum deducant angeli  provando a concupire con la sua bella voce la terra vergine, il fiori del l' insolito giardino riportandolo al l'originale perduto  e sempre in testa, considerandone la obliquità degli occhi perennemente in movimento .  Era bello quel prete. Giovane, alto, affascinante, magnetico, dagli zigomi larghi, con un certo spirito dionisiaco aleggiante nel l' aria e concentrato negli occhi grandi e dal fondo fango anche se puntellati di verde ramarro e...amante delle mele. Ne teneva sempre una in tasca. Chissà perché.  Nel viale la tirava fuori dalla tasca, la lanciava in alto più che poteva e rideva giocando a riprenderla, a volte presa dalla bocca, altre fra le mani,  tenendola per un poco, quasi a scaldarsi su un immaginato sapore lasciato dal sole spuntato dalle verde colline appena accennata. Solo nel l' attimo della presa interrompeva il canto con la sua voce baritonale. Il volto bello, graffiato di rosso come quella mela, lo sguardo diretto a una finestra oscurata da una pesante tenda dal colore della crema bruciata e stranamente sempre in movimento. Un movimento sotto certi aspetti prevedibile, anche se non per opera dello Spirito Santo, non poteva sfuggire al l'attenzione di quel prete così esageratamente felice da sembrare in estasi. Di certo doveva sapere che una ragazzina curiosa, vivace, dal carattere esorbitante e infiammabile, stava nascosta dietro quella tenda fungendo di non essere vista. 
 Quel prete era un professore di teologia oltre che confessore.  Aurora correva di nascosto alle sue lezioni, si metteva nel fondo vicino al l' ingresso, bevendone le parole quasi fosse la Sorgente di S. Benedetto, non comprendendone il significato ma guardandosi bene dal distogliere l' attenzione dal suo volto orante e sempre con  misteriose goccioline di sudorazioni che continuamente si moltiplicavano a vista.  Una volta aveva persino sognato di lui.   Un giorno Aurora decise di prolungare la magia di quegli incontri sapienziali, inventando dei peccati e chiedendo, con "molta" umiltà, una confessione redentrice, in modo che i loro occhi, di mandorla bruciata quelli di lui, azzurri con tutte le sfumature smeraldino quelli della fanciulla, si sarebbero incontrati senza possibilità di dubbio. e con un poco di batticuore entrò nella "casetta di legno", s'inginocchiò e attese. La introdusse una voce suadente.  " Piccola cara, che peccati devi confessare?" Aurora, dimenticata ogni spavalderia, cominciò a balbettare in una lingua strana, molto assomigliante al l' aramaico o qualcosa del genere. "Ho capito"  le rimandò la voce cambiando lievemente di tonalità "Ti guiderà la mia esperienza. Hai fatto peccati contro la purezza?" gli chiese il prete "No. Si." ammise frastornata e confusa la ragazzina. "Da sola o con altri?"  incalzò la voce assumendo ora un tono più sul l' asprigno che sul suadente iniziale . "No no. Da sola"  gli rispose con un miagolio Aurora non sapendo che dire. "Dove hai messo le mani? nelle mutandine o su quelle minuscole susine vicino al cuore che ti ha donato la sacralità del Dio?"  incalzò il prete con voce diventata improvvisamente roca e dura, perdendo completamente  la iniziale dolcezza ammaliante. Aurora sentì il volto farsi rosso come le  ultime braci del camino della nonna quando le raccontava la fiaba di Barbablù, e senza nulla comprendere si alzò di scatto dal l'inginocchiatoio, scappando come se l'avessero avvolta da un sudario di plastica e poi dato fuoco. Attraverso l'istinto manifestatosi dal rossore paonazzo che sentiva essersi formato sulle guance, aveva intuito cosa fosse il "peccato" per i grandi. Il peccato che genera la schiavitù viziosa, porta alla guerra, fa eroi degli innocenti senza la volontà vocazionale mettendo loro il testa l'aureola di autentici piccoli martiri senza desiderare l' applauso della beatificazione. E senza la "follia " gioiosa che lei aveva sempre immaginato fantasticando, anche se ancora era molto lontana dal concreto della sperimentazione, ma a possibile viaggio ricco di scoperte e senza l' orrore muto di un dio cieco, quasi domestico, cattivo che gioca sulla innocenza offerta a occhi sgranati gustando l'imbattuto pensato e voluto incarnandosi in uno dei tanti demoni sparsi per il mondo.

    Mirka


( Dai racconti Il Destino Nel Nome)




In Paradisum