Cercai tra i rovi del biancospino, viole e qualche bacca che sapesse l'einfleurage di tutti i fiori, in ogni parola una nota vibrante che legasse l'una all'altra. Con certezza trovai Bach, bisbigli di passeri nel nido smaniosi di prendere il volo l'Andrea Chènièr tra l'inguine e la testa un'allodola anche di sera e sempre qualche foglia verde. Mirka"Zorba
"Concerto per Harpsichord"(Do min BWV 1052 -J. S. Bach)
S' intrecciavano le vite godendo di tutto. Nei fasci di luce impenetrabili come una bella favola che s' interpreta ogni giorno-notte, aggiungendo sempre qualcosa. Col finale di radici che si abbracciano la notte, o una poesia con l'idea del Dio che si manifesta in ogni piccolo gesto d'amore. Lo sforzo costante nel tessere la tela. Incantesimi di epilettico amore che continua a far battere le ciglia. È questo il vincolo che attutisce i colpi del dolore, distoglie il viso per pudore, e finge che niente tocchi di quella irriverente realtà che piange la sconfitta tra un balbettio come di sillaba negata o di vino andato storto buttando in alto i dadi. Chissà forse la vita è questa. Una ballata col tacco dodici e sul muro un tiro a segno centrato che mai vorresti. Nitide sentiva quelle lacrime scivolate sul petto. Prima una, poi due, trenta, poi lo scroscio della pioggia, che martellando sul tondo morbido tamburo si congiunge, cade e forma il buco. Un buco che manda al naso e all'aria l'odore del muschio raccolto per l'occasione di un presepe. Un sudario di pioggia cristallina a proteggere dal gelo. Incerta e quasi timida prima. Dura, limpida, feroce, quasi cattiva a volte, nenia dolcissima in sul finale che scompare e si perde nella cuna di un piccino. Ultimo indistinto valzer ballato tra le braccia di un Lui sotto un Sole immaginato. Un papavero, un campo, le corse, il nascondino, qualche graffio sul viso che sfumava senza lasciare tracciato, se non un'allegria dolente e un poco imbronciata. Si sentiva vecchia senza senza averne nel cuore l'antica conoscenza data dagli anni e dal l'esperienza ripassata dal l'intelletto, o come Abele trafitto e ucciso senza colpa e assolto dai peccati fatti senza intenzione, da un Dio, quello vero e giusto che si dice governi tutto il mondo scalzando il belletto della forma e da ogni trucco. Ai posteri un documento lettera nel compiuto di energia che esplodendo possa bruciare anche se stesso e miseria di cenere le diventato mentre il cuore palpita, balza, e si contrae in vertigine d'anima che tutto ha dato. Filo d'acciaio che come seta legò il misterioso Insieme. (Dai racconti Il Destino Nel Nome) Mirka"Zorba
E si giocava annusandosì come fanno i cani. Si guardava in mezzo alle ginocchia, il formicolio fra le mani e giù nel basso ventre. Ci si veniva incontro guardinghi e in possibile fuga tra dinamiche casuali e stasi maniacali, nell'equilibrio di un passa la palla o centrate il cestino. Or con l'indifferenza dei guitti, or col ginocchio scorticato, gli amici in soccorso. Indecifrabile legge di un mosaico confuso se non per un fine recondito nato dal l'orgia del Caso o dal l'ebbrezza che sovverte l'alterità della norma, in vitalità che schiva o prende. Gioco o Partita è in fondo la vita dove il Finale non ha né vincitori né vinti. Un intenzione rubata al Caso nel suo ripetersi coatto di avvenimenti e qualche calcolo azzeccato in punta di fioretto. Eppure ogni pezzo di quel gioco fu biografia o specchio su cui leggere una Storia. Un ponte o una moneta di scambio la cui valutazione sta solo in forzata interpretazione affidata al lampo del l'intuito di un passaggio centrato per abile mestiere che con l'oste ha fatto i conti. Un Far West racchiuso in memoria che lentamente si sbriciola in scaglie o in forma rotonda si chiude senza che l' eccitazione dia il via di partenza. Il Destino che bussa e ogni battaglia prende giusta o ingiusta che sia.. La Partita del Nulla Eppure goduta fra campi dove la Vita cresceva. Mirka "Prologue" (West Side Story Leonard Berstein )
Una carrozzina un piccolo bimbo un volto in adorazione come una Madonna col suo Dio la percezione del l' Inesistenza del tempo i battiti del polso vibranti come stelle d'un rosario antico una vulnerabile dolcezza che incendiava le viscere evaporante incensi un ebbrezza generatrice di tenerezza infinita una Ninna Ninna che prendeva sempre il via l'eternità smarrita dentro lo stupore per una radice forte e tranquilla che presto avrebbe ramificato l'uccello Lira in gola per l'opera creata un torrente di lacrime sul peso di una camicetta che sapeva di latte e polvere di riso la più nobile linfa che si trasmetteva da fiato a fiato il gesto d'amore restato sospeso per non far male alla fronte degli angeli. Era d'inverno e pareva di maggio. E il caldo largo d'un ala vegliava e vegliava con gli occhi di braccia. Mirka
Autunno che tutto raccogli nella gazzarra di auto sbuffanti l'esaurirsi del gas, in coda i bus a pompare nevrosi su ferri ormai vecchi. A mucchi le foglie sparse qua e là raccontano storie in cammino incontro al l'inverno. Tornano i cappotti, infreddoliti piangono le dita. Snoda delle caldarroste la nostalgia lontana di bambina nella memoria silente. Subito gli fa eco il verbo calmati arrestando il balzo da leprotto, mentre la voce dolce di una nonna fa segno che l'aria è troppo umida e arma diventa nel tempo dove corsa e capelli al vento sono colori da tenere come brace davanti ai caminetti. Rintocca la campana a sigillo d'un accenno di broncio. Di lassù la luna sprezzante e ammaliatrice. Scalpita un puledro da ogni gamba tutti i colori del mondo, la bella luna compiacente. Realtà negli occhi su macerie, fumo, zanne e ovunque spari. Da una parte qualcuno ha vinto giocando con le mani sporche sui colori l'altra parte, ridendo per finta o per davvero si chiede e dice adesso gli uccelli migratori verranno tutti da noi. Sai bimbo non c'è colore che i grandi non sappiano imbrattare ma, tu resisti e fatti gioia e pianto ché in colore tutto abbia a trasferirsi. E se credi possa servire al sostituito di parola, sii pure ironico di sguardo e ben diretto. Brucerà più a te che a loro, stanne pur certo. Ma per te sarà succo vitale che in gloria si distacca dallo stagnato della melma. Un che di sacro che darà luce al dolore cresciuto nel l'ora del tuo buio. Una libertà solitaria che trova sempre l'uscio di casa sua, una grappa ambrata d' amarone bevuta in bicchiere di vetro grosso e alla salute tua. Ormai sei grande e sai come va il mondo. Mirka"Zorba
Li unìva la Musica quale sorgente da dove scaturiscono le misteriose essenze vitali, le essenze d'anima mai disgiunte dal cuore. Potenza che irradiava il volto che l'occhio trasmetteva nell'improvviso rapido balenare. E si poteva leggere tutta la sincerità e la fede. Rivincita su un Sogno incompleto a cui fissata in tutte le angolazioni germogliava l'insieme unitario che tutto comprende di queste tante vite sostanziali, materia nostra in cerca, dentro la vita, oltre la Vita che non si arresta nel finito di quel l'ultimo impercettibile battere di ciglia. Forse è così che non si teme (estrapolato dai Racconti Il Destino Nel Nome ) Mirka
Chiudo gli occhi e ripercorre sul filo rosso della memoria quando il mio ventre ti spinse alla luce. Non volevi uscire dal mio grembo così mani dure e indifferenti lacerarono quelle mura solide di caldo e protezione. Pioveva come comandava Odino e io sentivo gocce e lampi tra un battito furioso e l'altro lento di un cuore votato al Trionfo della vita. Tuo padre girava e grattava appiccicato alla porta del travaglio come se il bambino a nascere fosse lui e io lo vedevo con gli occhi della conoscenza anche se concentrata ero tutta in Te. Tra una sciabolata e un respiro che solo la terra in procinto di dar spiga fa sentii una voce anonima che diceva l'anestesista se n'è andato. L'ago del ginecologo cominciò allora a cucire un due uno tre uno quaranta. Ma non sentivo nulla se non la Felicità del tuo battere tranquillo. E che gioia quando l'aria si riempì del tuo urlo mescolato al mio pianto! Ti misero poi finalmente fra le mie braccia i segni del forcipe lasciati sulla fronte il sussulto del cuore che mi diceva tutto è andato bene. Oggetto e soggetto indistinto nell'intraducibile pianto silenzioso io, fermento di omerica vita in addivenire tu, mio immenso sole già pronto a bruciare sospeso di lacrime lunari rivolo rosso da cui nacque la vita e l'arena. Mio carillon serale mio violino del cielo al mattino in cui annegare e con volontà smarrirmi in quella luce del mondo con uccelli e pesci strani. Abbi cura di te. Che continui a guidarti quella forza interiore che non ti è mai mancata i tanti talenti che hai l' intelligenza dinamica per realizzarli tutti un pò di fortuna e il Dio. Ti voglio bene al di là d'ogni distanza e cielo. Mamma "Wiegenlied (Op 49 N. 4 Johannes Brahms)