fiume

fiume
fiume della vita

venerdì 30 dicembre 2016

...E QUATTRO ERANO LE TENDE


 L







Una nota introduttiva. Non amo le feste di chiusura d'anno e similmente obbligate, tranne per qualche eccezione. Inconsciamente mi si alza il Sant'Efisio   per ogni obbligo di formatura, forse, perche in tempi successivi ho sempre associato quel tipo di festeggiamento come a un lavoro supplementare, a della confusione, a del chiassoso, e senza gratificazioni per ogni fatica, se non la schiena a pezzi, il lumino che sta sparendo dagli occhi.  Eppure all'archivio della memoria non si sono cancellate date, coincidenze, la precisione di certi dettagli, lo stato d'anima prima e nel mezzo, i colori, le sequenze come le scene di un teatro o filmato ecc. Se poi si ripetono nel tempo, allora mi portano a meditare e a scavare nel profondo.   Come quell'ultimo giorno dell'anno del mio secondo anno di insediamento a Roma ( borsista all'Accademia di S. Cecilia nel Corso di Perfezionamento, onorata di avere tra gli insegnanti anche Orazio Costa e la Govoni  ad arte scenica).  L'allora giovanissimo ufficiale, un rampollo della borghesia romana si era dato un gran daffare per trascinare me al primo brindisi del nuovo anno al Le Grand Hotel, quello che ha sede in via V. E. Orlando. Imbronciata come una regina offesa, ma che regala preziosa concessione, feci il mio ingresso in quel palazzo reale, tutto specchi, stucchi umbertini e scintillanti lampadari. Frastornata dall'incantesimo cominciai a vibrare come una lampada in procinto di scoppiare, pensando che, forse, sarei sfuggita al peso che mi portavo dentro, dimenticandosi almeno per un poco, e che la cosa più eccitante forse sarebbe persino potuta accadere.  Freneticamente ho anche sperato che avrei potuto dimenticarne la svogliatezza, la grazia del  concesso, e  la noia a seguito, così ne ho accettato il partecipato. Come folgorata mi sono  bloccata davanti a un'arpa situata nel Gran Bar e attorniata da divanetti capitonné tutti oro e velluti azzurrini, sentendo dentro e fuori la Belle Epoque. Con una spinta impercettibile al gomito sinistro, l'ufficiale mi fece segno di guardare su dove svettavano le volte affrescate, affiancato dalle monumentali colonne viola. Eravamo nel salone delle feste.  Dimenticato l'ingombro del dolore che mi portavo dentro,  fece grazia del trionfo, al giovane accompagnatore che nel frattempo si era defilato per sfidare come un arciere che sfida il sole per diventare a sua volta girasole, e colibrì in testa, per essere riuscito a rubare il fuoco dell'immortalità vincendo tutte le prove, tutti i premi, insieme a una bottiglia di "Adornetto", quel raro vino che produce la minuscola pianta di vite sul retro del palazzo e offrendosi danzando come un serpente sotto le luci dei lampadari.  E' vero che per trovarmi ci mise pazienza e febbre a impegnato di dura resistenza, già ché io mi ero nascosta "dentro" una di quelle quattro tende,  a piangere come un rubinetto rotto e senza idraulico che potesse aggiustarlo. Dopo quattro mesi partii per New York dove restai per quattro mesi. Dopo quattro anni ho sposato il padre dei miei figli.  Il numero civico Otto le quattro Case importanti dove ho dimorato.  Otto il mio numero destinale. Ciclicità. Costanti. Multipli. Un poco di scienza quantistica o ancora un insolubile Karma. A volte mi viene da pensare su certi dati periodici di un non bene  qualificato volto che si chiama Destino nei suoi precisi colpi di fucile, e come allora mi domando, con ben poche risposte, se non che, la "navigazione" è sempre fatta di "buon vento", di abilità nell'intuire i cambi di vento con molto anticipo, e qualche buon Protettore durante tutta la traversata. Ma questo è anche il prezzo di chi "sceglie" la vita con tutti i suoi fremiti misteriosi e stuzzicano al l'ascolto, l'audacia insita nella naturale predisposizione, le incognite vissuto a Sfida, le insidie presentata per vincerla, la magia di un oracolo interiore come guidato, e non la finestra di una comoda casa tranquilla, e consolidate colazioni brontosauri, solo per abitudine  al certo dei divani su sbadigli non camuffati dal l'ipocrita convenzione, e la manovella sul l'oggetto che regola il cambio dei canali della TV fatta padrone su assicurativa sonnolenza ritrovata al l'indomani. 

 Mirka






Marcia Radeztky  (Johann Strauss)



lunedì 26 dicembre 2016

AL CORO DELL'AMATA TERRA RUSSIA

No! 
Non coi versi! 
Piuttosto farò un nodo alla lingua che mettermi a discutere  

Oggi non in tedesco  non russo non turco io   in persona scorticando il vivente  divoro la carne del Mondo 
 non Solleverò il viso deformato dall 'angoscia! 
fra tutti il più maledetto  
la fronte picchierò nel pentimento fino a che non si spaccherà  
No,
 non la scaltra invenzione di un condannato! 
 Se dal patibolo non raccoglierò le membra dilaniate  
non importa
 io ho versato tutto me stesso 
il solo degno di prendere parte ai giorni nuovi.

 Gli uomini nasceranno, 
uomini veri, migliori e più pietosi di Dio stesso. 


Vladimir Majakovskij (Guerra e Universo)


 "Russian Folk Song (Red Army Choir)



domenica 25 dicembre 2016

RICONOSCIMENTO







Ha faglie di vento il silenzio, a volte.    
Che sia lì dove s' incontra l'onda di un bacio     
il fremito di pelle stropicciata  
  la voce dei morti che s' impara a riconoscere
 dal pieno di quel fiume dove navigarono comparse, 
primi attori, una occultata regia disegnata al volto
l'onnipresente naso di Pinocchio, 
un poco di gravità dentro una piega nel mezzo della fronte
 spianata da una carezza forse di invisibili mani
 fruttato di virtù in presagio di caduta 
e pronta a proteggere nel l'abbraccio che trattiene?



Mirka"Zorba  


"Il bacio"  (Giovanni Allevi)



giovedì 22 dicembre 2016

POCO PRIMA DI NATALE...UN GIORNO





Una stanza quadrata.   Una finestra nel mezzo di una parete.   Al l'angolo della parete centrale un albero con tante palle di vetro colorate.   Un gatto fra i piedi.   Una donna con le mani formato farina e il suo andirivieni pari al battere di un orologio regolato a perfezione.   Un grosso tagliere pieno di tortellini dolci ai vari sapori ( al savor nel dialetto emiliano)   le bollicine del l'olio saltellanti odori di allegria.   Profumi buoni dentro e fuori casa.    Un homo che si frega le mani e non si comprende se per scaldarsi o per la gioia delle feste in arrivo.    Un disco di plastica comprato  insieme al giornale virante Vita dentro una valigetta gialla.   Nel l'aria una canzone cubana Siboney  nel mentre  una ragazzina di dodici anni in vacanza scuola dal collegio, preda di incantamenti ipnotizzato  aveva gli occhi su le magistrali lezioni di astronomia recitate da  quel l'Homo che poco prima si sfregava le mani, senza capirci nulla.      La Donna con le mani formato farina, con la stessa a sostenerne la schiena all'altezza dei reni, ma col volto raggiante come la prima stella quando spunta in cielo.     Un ricordo nitido, bello e pulito di una famiglia che, senza appartenere all'alta aristocrazia, di Aristocratico aveva in assoluto la Onestà, il Cuore, l'umanità d'accoglienza che unisce le " briciole della fiammata"  facendone  un grande falò e trasmesso agli occhi e al basso delle scarpe usciti dal più profondo sentimento seminato dal giocato della felicità transitante sul liscio dei binari. 


   Mirka"Zorba





  "SIBONEY"  (Ernesto Lecuona)














mercoledì 21 dicembre 2016

ATTESA



Se la strada è un Compimento di una meta tutta da scoprire,  l'attesa della Speranza ne sono i passi.  La spinta, gli aneliti, le ispirazione.  Una  Scienza del cuore per raggiungerla senza astuzie se non lo sgranato al telaio di attentissima vigilanza.   Nel l'improvviso di un galoppo che giunge da lontano.    Nel mistero intelligibile  che si rivela come una lingua madre che chiama  senza far chiasso  o  nella risata di  una Brunilde che si cattura al l'aria, nel vortice del l'istante che ogni altro suono travolge e unica fa la direzione.  In fondo la vita non è che un'attesa.  Un Epifania stanca che tutto si porta via.   L'eterna cura che si persegue verso un Sogno o a un incontro  di un inaccessibile Ideale.

 Mirka"Zorba 



  "SOMEWHERE"  (West Side Story  L. Berstein)








giovedì 15 dicembre 2016

LA BIMBA






Non ebbe mai la risata facile, anche se la Gioia le scoppiava dentro.
Per misteriosa straordinaria percezione, intuì che la Vita doveva dipanarsi fra due compromessi. Con gli altri o con se stessi. Per altrettanto misterioso istinto, sentì, (seppe) che avrebbe scelto quello di non scendere mai a compromesso con se stessa. Nel mezzo, tra i due, il filo capriccioso della fortuna. La sua fortuna fu nell'essere dotata di una individualità completa, il teatro che la iniziò alla Bellezza come sintesi di ogni sforzo per restare fedele a se stessa sino a trascendere ogni limite del possibile, senza ignorare le trappole e gli abbagli che sfuggì pur sfiorando gli irrimediabili abissi ma restando integra, misteriosamente o per grazia superiore, nella dignità e negli Ideali Universali, forte di volontà e animata da un principio che sfugge allo stesso finito mortale.
Si emulò solo con se stessa.
Sensibilissima, impressionabile e delicata, non permise a nessuno di entrare nella sua misteriosa vita intima d'anima, ma non smettendo di domandarsi, nel muto o no dei suoi pensieri, dandosi risposte o non trovandole se non nella coscienza della vita reale che concreta affrontò
La guidò la sua interiorità, la strada, la percezione intuitiva che si confrontava con la ragione, alcuni grandi Maestri che le scolpirono la luce negli occhi, i ricordi come alimento di fierezza in ogni attimo della vita e nel gelo del l'inverno.
La bimba.   Adulta alla nascita, bimba durante tutta la sua ostinata bellissima utopia di vita tragica e Unitaria, la Bontà che non risparmia dai danni, soccombente solo per il compiuto di uno dei tanti viaggi.  La bimba che guardava la vita con gli occhi sgranati senza mai chiuderli se non per una buona dormita rigenerante.  Auguri sempre a Lei.

 Mirka



Traumerei (Kinderszenen N7 - R. Schumann)





lunedì 12 dicembre 2016

IL FIATO FREDDO SULLA PIOGGIA




Strani bagliori lasciò
la pioggia mentre tesseva la sera

piccoli morsi d'incendi blu    
 ovunque incatenati

  palloncini allegri
che confusero     la strada 

sul fiato battente   il freddo  
 della prima gelata a   dicembre.


 Mirka"Zorba  


 "Una furtiva lacrima" ( Elisir d'amore - G. Donizetti )




giovedì 8 dicembre 2016

E D'IMPROVVISO IL SILENZIO








E d'improvviso esplose il Silenzio   
come dopo il temporale succede lo stupore
e tremula gioca ancora la goccia.

 Voluttà di terra bagnata 
 vertigine di legni odorosi 
  e la coscienza spalancata ad invocare perdono.   

 Tacque ogni Demone e il mondo un impastato di mano amica    
 nel l'eternità in quel respiro dilatato a forza conducente
  nel l'oblio congiunto a un Punto determinato senza velatura

 Umida increspatura d'occhi con cristallino in trasparenza.


Mirka"Zorba 



  "Largo" ( Xerxes - George Frederic Handel)






TE L'AVEVO PROMESSO



Te l'avevo promesso che in memoria t'avrei lasciato il Tempo che ci conobbe lucidi di Presente immortale anche a occhi chiusi,    anche pregando l'arcangelo Gabriele a risparmiarsi l'ultimo peccato di gola.   E tu sai anche che la mia misura fu sempre e solo per tenerti in serbo il meglio del l'avventura,  magari   barando quel tanto concesso all'anima buona nel gioco eterno fra femmina e maschio.  E anche questo ci era ben noto in ogni momento della semina di biancospino e rose. 

Mirka"Zorba


  "Put the Blame On Mame" (Gilda -Rita Hayworth)