fiume

fiume
fiume della vita

sabato 24 giugno 2017

LAMPI DI ROSSO E MANI INTRECCIATE SULLA METRO



Tra lampi di rosso, immaginari e vivo (le mie automobili sono sempre state di quel colore. Veloci e di un bel rosso ferrari) uso spesso la metropolitana per i miei spostamenti da un punto e l'altro di Roma. E su questa esperienza trovo che la metro sia un'autentica Palestra di vita. Per un occhio esercitato a ogni sfumatura come il mio anche se carente di molte diottrie, per quelle multiple identità vestite di creazioni forzatamente ostentata e per alcuni, il grigio della tristezza che supera i colori provati a sognare.   C'è l'uomo che dorme con la testa a penzoloni per la dura fatica del giorno e per non riuscire a digerire la delusione di un sogno vitale appeso a un salario rimandato a comodità del padrone.  Una moglie che a casa urlerà e che lui prenderà con la forza per farla tacere...  l'ubriacatura di birra per non sentirsi  "bestia" pensante.    C'è la brasiliana che passa e ripassa la bella mano nuda da anello, su la testa  ricciuta del suo bimbo. Ogni tanto le morde i piedini di gorgonzola nera con dentro la goccia. Ma il suo sguardo è lontano, perso, come assente. Forse per un destino già segnato su mattini senza fuoco o contorni di mondo. Alla estremità della stessa fila c'è un uomo biondo che con tenerezza indescrivibile cerca di calmare l'irrequietezza di un bimbo sotto gli occhi indifferenti di una donna grassa che gli sta appesa al braccio. E' incredibile la tenerezza di cui sono capaci il maschile di oggi rispetto al passato. Occhi di anima nuda vestita di luce.  Un uomo in piedi è concentrato su un libro. Ha due pieghe unite nel mezzo della fronte. Non si cura neppure degli scossoni che ripetutamente riceve dai passeggeri che si apprestano a scendere. La lettura lo prende come un continente tutto da esplorare. Mi incuriosisce poi penso alle tante volte che l'ho fatto anch'io e sorridente per un poco mi perdo nei pensieri sentito nel tempo lontano. Molte teste sono sui cellulari. Hanno le espressioni  di quando si andava a vedere un film nelle sale di quel tempo dove ancora non esisteva  la divinità della televisioni.  Estasiati come le più stucchevoli delle melodie. Pensosi come un film di Ingmar Bergman.  Inorriditi come per gli  "Uccelli" di un Wellesley.  Sgomenti.  Rabbiosi. Soavi.  E così sia.  Col cuore Palpitante sulla bocca.   Con compatimento e nostalgia ricordo la febbre graduata di quando si scrivevano, a mano, lettere impregnata di sentimento responsabile, dolcezza, e appuntamento per il prossimo incontro.     Da un infradito sbuca un piede nero. Ha dita che sembrano spuntoni di radice o piccole lance spuntate. Il mio occhio si sposta al volto. Un volto duro ammorbidito da coltelli di brivido. Un rigagnolo di schiuma gli scende al l'estremità di un labbro. Una bufera di zucchero umiliato nel suo divenire acqua sporca.      Cerco di farmi largo tra un groviglio di teste per avere un'idea della prossima stazione. Sono catturata da due giovani mani che si cercano e si intrecciano come bocche di neonato al seno materno o come un incendio di fuoco sparpagliato nel l'aria che non si vuole spegnere per trattenere stupore, incredulità e meraviglia. E' bello e racconta di "cucina" e di segreti lasciati scorrere allegramente nel canale sotto casa con la pioggia che si unirà cantando la canzone che ogni amante conosce quando ogni notte si muore per svegliarsi fiore. Fiore con le foglie bagnate di rugiada.   Si. Viaggiare in metro ha sicuramente degli svantaggi, ma ti regala la vita reale e quella da immaginare. Cosa da non sottovalutare.


Mirka



"Quando m'en vo"  (Boheme-G. Puccini)






venerdì 16 giugno 2017

SO CHE PENSAI





Tonalità di azzurro         e         uno sguardo che rotola 
su onde tumultuose.

Itinerari di echi 
su inclementi sospiri di salsedine
  
brividi temporaleschi che sollevano
 la pelle arroventata.

Uno stormo di bambini
e voci finite in un ronzio di vespe.

La vita in festa 
con la percezione delle granate in lontananza.

Carezza su petroso silenzio 
mentre un uccello bianco si alza e prende il volo. 

Miele grezzo e aceto di sidro evaporati
 in lampo che precede il tuono.

Oasi nel deserto dove trappola è la pioggia
 a cui l'anima indifesa offre labbro e bocca.

Porto dove approdarono avide bocche
  e ghiacciai furiosi agli occhi predatori.


So che pensai 
"Anche Afrodite per nascere vittoriosa
ha bisogno che il mare la protegga 
con amorevole e vigile membrana".
È  fu cosi che il destino si commosse
 lasciando al dio ogni condanna che ferisce.


Nella quiete 
presero forma vene furibonde
 luci di barchette blu 
a distanza guardandosi senza più scontri
 spezzati i cordami, il vento buono a copertina,
 l' incertezza del viaggio audace e consapevole 
 e quel l' altro d'anima di impavida incoscienza.

O forse fu semplicemente quella invitante preghiera  
rivolta a memoria di vele e bandiera sventolate 
in oceano aperto con al timone un dio senza mèta precisa
 o di volubile sentire nel giocato della rotta
a prendere forma e spada da quei legni risorti a timoniere
Là dove sicuro è ancoraggio e Porto?

Mirka



"Aspri méra ke ya mas" 
(There will be better days, even for us- Stavros Karhakos)




giovedì 8 giugno 2017

Non Temiamo Di Chiamare Le Cose Col Loro Nome



Non dobbiamo avere timore di introdurre concetti e termini che appartengono al nostro patrimonio storico- culturale (imperialismo, comunismo, fascismo ecc/); essi sono attualissimi e molto più moderni ed evoluti dei valori e degli strumenti rozzi ed arcaici che il capitalismo vigente ci impone e ci propongono senza vergogna né pentimento. Le "pochezze" e le "estraneità" del ceto partitico ed istituzionale italiano, con poche eccezioni, sono in conflitto in modo drammatico con i sentimenti e le esigenze del popolo italiano. Sarebbe anche ora di uscire da termini e sigle ambigue del nostro "circo mediatico" che servono solo a confondere con scopi elettorali (sinistra, destra, centro -sinistra ecc/). Cominciamo a chiamare le cose col loro nome, ed aggettivi, non quelli creati dagli imbonitori mediatici del capitalismo. Cerchiamo sintesi unitaria con tutte le altre componenti politico- culturale,; sarà una verifica di efficacia e di razionalità delle soluzioni proposte (da chiunque) a convalidarle oppure a smentirle nella lotta corrente.
Credo che nel mondo cristiano e cattolico si stia facendo strada un "ripensamento radicale" sul capitalismo armato, incompatibile di qualsiasi religione. Che sia allora alleanza stabile e fertile. Questo è un Augurio che faccio col cuore marxista e senza nessuna indulgenza.  M. B.



"Quartetto  C. min" Shostakovic






IN TRASPARENZA




In trasparenza 
scorre la vita 
corre.

Ridenti obliqui bagliori 
stranieri infilati dentro a un prisma
 dove  il tempo rivendica
l'indeterminismo  del cammino
con l'urgenza di piegarne la sorte.

Spettatore postumo 
di incredule meraviglie 
 dove impazzirono profili e insetti
nel soffio furioso che alimentò la vita.

E nomi.

Nomi nel cristallo luminoso degli occhi

nomi su la punta di un naso rosso

nomi sul labbro dal l'umore di stagione

nomi in conchiglia nel labirinto di orecchio

nomi a più voci armonici e dissonanti e infine

un nome  Unico e semplice
come di 
mamma -nanna e

la poesia
di un fiore ancora cieco di rugiada.

Brusio dove tintinnano i pennelli
nei dettagliati rumori di memoria.

Mirka

"Rhapsody" (Rachmaninoff)


sabato 3 giugno 2017

CIELI E SPONDE DI MEMORIA






Misteriose alchimie invadono
in su il calare della fine del giorno.

Ultima energia di Libertà serale che si insinua
Coattiva
nel l'innocenza fatta carne
sul soffio di giorni mancati dove
la volontà distrugge il lamento tentatore di
Cieli abbassati su sponde di memoria.

E non si sa se sia la calma indotta dal vuoto o
il pieno di una Forma riflessa 
in mille occhi che
scintillano di eternità
senza più il pianto ai bordi o al centro ma
nel cerchio chiuso di un qualcosa
 che assomiglia alla gioia fatta specchio
 mentre si congiunge a molecole d'infinito su
 sponde unite dove  guida la nostalgia 
 a un possibile cielo senza più nuvole 
che ne minacciano l'azzurro.

Mirka 

"Nostalghia" (Oleg Tarkovsky)