. ..e tutto si rigenerò nella più misteriosa oscurità protetta dal Silenzio.
SAN GHITAN D'LA PRUVIDENSA
San Ghitànd'la pruvidèinsa, meti al pàn in d'la cherdèinsa, meti al pàn in dal granèr, e al galeini in dal pulèr. Meti al vèin in dal tinèll E al giudési in dal servèll. ((Dalla raccolta di filastrocche guastallesi)
A volte capita di obbligarsi al Silenzio. Ed è allora che si affida la parola alla natura, al piacere di uno scatto condiviso, alla musica indivisibile compagna di Bellezza per ogni viaggio. Al riparo di un teatro chiuso con la parte più vera a sipario abbassato. Buon tutto allora, amici carissimi che mi seguite e...a presto, magari dopo una pausa a caffè, solo un poco più lunga in barba ai datori di lavoro, così necessari per la nostra autonomia, per la nostra sfida a realizzarsi al di là d'ogni consapevole sfruttamento..
Mirka
I Pini di Roma
(Ottorino Respighi)
NOTA: Un testo bellissimoa mio parere, che veniva recitato dalle donne di casa per invocare aiuto da San Gaetano, ma è probabile che venisse anche recitato per prendere in giro i giovani che spesso agivano per impulso e non con raziocinio. E questo in virtù dell'ultimo verso, che chiude simpaticamente la tiritera
WIDMUNG Tu anima mia, tu mio cuore, tu mia gioia, tu mio dolore, tu mio mondo in cui vivo, tu mio cielo nel quale mi libro, tu mia tomba, in cui calai per sempre il mio affanno. Tu sei la quiete, tu sei la pace, tu mi sei data dal cielo, il fatto che m'ami, mi rende degno di me, il tuo sguardo mi ha trasfigurato ai miei occhi, amandomi tu mi elevi, mio spirito benefico, mio io più degno. (Ruckert- Schumann)
In questi tempi di aridità, di bullismo, di disincanti, di mali per mancanza d'amore, di svendite di corpi e di anima dove solo un balordo dolore veste e riveste. In un mondo dove si affila la lingua per rendere più rapida la grossolanità della quale vantarsi, come abitudine di una parodia a quella gentilezza che non dovrebbe mai mancare, dove i sentimenti sono consolidati più da un tornaconto personale, che da uno slancio vero e sincero, dove i prestigiatori si presentano liberatori d'amore recitando davanti allo specchio opacizzato dal tempo e dal l'ombra di se stessi, dove l'affronto verbale ha preso il posto dello scomodo pensiero. In un mondo dove i morti paiono più reali dei vivi, e dove la parola chiara, nel primo momento diventa strana, e del tutto incomprensibile nell'immediato dopo, ché costruita sul "nulla". In un mondo dove non si sa più ridere, veramente. Ridere come il bambino preso in flagranza di reato per una caramella sottratta e balbetta negando mentre ride con gli occhi. Dedicoallora, quasi per provocatorio contro, questo splendido lied che Schumann compose per la sua amata Clara, con la certezza che sarà sempre l'amore a trionfare su tutto, su ogni vuoto della mente, sul l'aridità del cuore, su l' egotismo presunto e dominante. Lo dedico a chi sa sorridere con affetto e "pudore" insieme, continuando a ronzare col rossore multiplo che ha la natura, quando rinasce sotto la pioggia dopo una lunga siccità. Lo dedico al l'amore, affinché continui a nascere e a rinascere come il nasturzio quando muti di stupore li si vede spuntare come di prima volta. Lo dedico affine perché ogni età abbia la sua stagione d'amore trasformata in proiettili di tenerezza. Sempre. E purché l'amore abbia il suono di un zampillare d'acqua, per poi chiudersi nel silenzio vibrante della mente, come davanti a un gioiello senza prezzo e di cui si ha l'esclusiva della cassaforte in un posto segreto, racchiuso dentro a una fanciullesca allegria segretamente custodita in multiplo rossore. l'amore non ha mai dubbi anche quando pare strada piena di ostacoli insormontabili. La sua crescita è forte, autonoma, testarda, creativa, rifugge dai grandi contesti, il suo volto Chiaro, è solo rivolto alla misteriosa energia di cui ne sente l' esplosione come lava o vulcano in prossimità di eruttare, o come carezza che non ha la necessità d'essere preceduta dalla parola. Che l'amore è soffione di aria pura anche nell'ultimo tratto - Soffio di vista buona, Rivoluzionandone persino l' ultimo stato di agonistica protrusione. Mirka Widmung" ( Dedica -R.Schumann)
NOTA: Scrivere un post su l'amore in questi tempi di utilitarismo "fine solo a se stesso", dove tutto "gira a vuoto" , dove scarseggiano le autentiche volontà e le intelligenze troppo spesso abbaglianti dovuti a identità costruite su presunte ricchezze, e quindi già alienate in partenza e risolvibile in tragiche miserie, si rischia davvero grosso scrivere un post come questo. Agli ultimi civilisti restati, farà spuntare un sorrisi di accondiscendente sufficienza, altri si faranno delle "grasse" risate, a qualche nostalgico romantico della "Certosa di Parma" piacerà, ma sopratutto tengo a precisare" che il piacere è stato della scrivente, libera e autonoma di credere a ciò che sente e appagata per il solo fatto d'essere UNA fuori dal coro.
Non so se fu sudore o pioggia quello che si sciolse sul mio volto, danzando come un valzer appena accennato e confuso dalle molteplici voci che a gran fiato mi stavano chiamando.
"Certo che la corsa fu da maratoneta più che da dormiente in sospetto di pensieri " mi dissi esponendo alla finestra tutta la faccia che ben presto divenne Vita senza difesa.
E fu abbraccio certo tra quei confusi sentieri di gocce tracciate dalla pioggia, con l'orgasmo del l'improvviso di luce trasformato in lumache di colore.
Groppo frantumato e gioiosamente consegnato al ritmo del silenzio mentre la pioggia Mirka
Valse" ( Op 38 - A.Flat Major- Alexander Scriabin)
Quando
cominciò il mio amore per Brahms? Non certo in conservatorio e
neppure nel primo percorso della mia vita musicale. Avevo si cantato
dei lieder ma come bellezza impura perchè non ne avevo ancora compreso
la profondità.
Poi l'incontro.
Nervosa da sindrome d'orologio, di Stoccolma o di soffitta come mi capita sempre in prossimità o in previsione di un grande
evento, mi aveva preso una parlantina fitta fitta da non capirla neppure io. Di poche parole il Maestro, ma di tale calma da farla convergere sui muri della grande stanza illuminandolo come il primo
fiore giallo a primavera, facendolo risuonare limpido nelle vene con un andirivieni che marca la futura piena di un epico viaggio. Dalla sua persona emanava
l'esperienza di chi non ha temuto l'abisso della profondità, ma l'ha
esplorata. attento e prudente, fino a trascenderla oltre ogni incanto e mistero. Capace di trattenere ogni cosa per nutrirla
affinché potesse diventare un bene per chiunque le si avvicinasse. Questa fu la mia percezione
ancora confusa ma vibrante sul l'unghia della pelle. Vivo è il ricordo
di quel primo incontro, e di com'ero vestita. Avevo fatto molte prove davanti allo specchio anche se mi distraevano i pensieri d'ansia, di timore, di speranza, e di eccitazione per l'avvenimento in corso. Il vestitino che indossavo era semplicissimo, di seta blu con
fiorellini gialli viola verdi, si era in giugno) scampanato, con le
maniche corte a palloncino, la scollatura pronunciata senza
essere sfacciata. Il Maestro col lupetto nero, credo fosse di seta o di filato
finissimo, la giacca bianca. Quello che mi colpì fu l'espressione serena
del suo volto affilato e dalla fronte alta e dritta. Solo gli occhi tradivano la profondità dolorosa del
cercatore in lotta con una esuberante vitalità che si
placava quando "sentiva" d'essere capito e seguito in ciò che Lui
sapeva. Non credo d'aver compreso veramente quello che il Maestro voleva
esprimere, quella prima volta, ma oscuramente sentivo di trovarmi su una
strada incredibile e mai percorsa neppure con l'immaginazione. Con benevola gentilezza si informò delle mie conoscenze musicali riguardanti la liederistica. Gli risposi timida e come trasognata balbettando delle parole altrui."Libera sia dalle leggi dell'arte sia dalla comune realtà, la voce del lied risuona su dalla misteriosa profondità dello spirito, e dalla poesia staccata, enigmatica per l'intelletto, chiara al sentimento, e determinata tanto che là dove un tal suono è penetrato una volta, resta per sempre nell'animo, e dove anche pare che sonnecchiare, il moto più lieve lo richiama ed esso appare di nuovo lo stesso come di prima volta. Non ricordavo neppure chi l'avesse detto, anche se sovente ne ripeteva come un mantra o un rosario recitato con fede convinta. Lui intuì quello che ancora io ignoravo e dolcemente mi sorrise mentre prendeva posto davanti al pianoforte. Gli ho allungata degli spartiti. Uno cadde. Lo raccolsi svelta come un furetto e col volto in fiamme lo misi sul leggio insieme a tutti gli altri. Il Maestro li sfoglia nel più assordante silenzio. Il progetto di lavoro era "La bella Magelona". Io però gli misi davanti l' Ode Saffica . "Almeno quel lied è corto" pensai. D'improvviso fu la volta del Maestro a distrarsi in pensieri che a me parvero cupi. La sua espressione si era fatta stranamente concentrata. Poi come preso da una folata di vento che si insinua alla finestra e per un momento la scuote, diede il via a un arpeggio, a qualche scala maggiore e minore. Infine senza nulla aggiungere prese a caso uno spartito dal fondo. Quattro Canti Sacri e mi fece segno di cominciare a dar voce.. Cercai di seguirlo nelle sue inesorabili interruzioni. Anche allora ero troppo critica per non capire che la mia intonazione non era perfetta, mancava il tempo impreciso, i fiati corti da non sostenere nel modo giusto i suoni. Involontariamente mi uscivano dei sospiri fra una frase e l'altra. Forse li afferrò anche lui perché il suo volto cominciò ad aprirsi completamente al sorriso, mentre piano piano a me svaniva la iniziale timidezza.
Davanti a me si stava spalancando un qualcosa di "misterioso, di grande". Quando la prova finì, non mi accorsi delle tre ore trascorse. Ero svuotata d'ogni forza, ma piena di chiarezza e di ordine così perfetto da risultare persino naturale e così fortemente fusa nella musica da sentirmi un tutto uno col Maestro, e con lo spirito di Brahms.
Fu in quel preciso momento che cominciai a calcare le onde d'un mare ad altezze così inimmaginabili per arrivare in profondità dove vive la punta più alta dello spirito. Dell'anima. Immedesimata com'ero non avevo più coscienza se fossi la cantante, l'interprete, o fosse invece il Maestro ad accompagnarsi incontro allo stesso Brahms, dettando il fraseggio, la passione, l'intonazione perfettamente ritrovata, io svuotata da ogni individualismo. A quella prima prova fecero seguito molti altri incontri dove più che apprendere ho assorbito. Ma è a Lui che debbo la testarda ricerca della dilatazione calma, i suoni colmi e fervoroso, un'ideale musicale, spirituale ed etico superiore a cui ispirarsi, la scoperta di polmoni elastici e robusti, l'amore per Brahms che mi accompagnò per tutta la vita, anche se con qualche pausa, obbligata, per ritrovare un poco di quella "sana follia" riportante a un prato verde su cui danzare in punta di piedi quando la rugiada riflette tutti i colori dell'alba nella stagione dei fiori. Ma sopratutto perché mi tenga attaccata alla consapevolezza delle mie imperfezioni, come a un dono su cui stendere un drappo di tela grezza, e lavorarlo come un mosaico finissimo a cui manca sempre un pezzo da aggiungere. Mirka "Wie bist du meine konigin" (OP 32 N.9- J.Brahms)
Invisibili sono i segni che ci arrivano dal cuore. Appaiono per un momento per ritornare invisibili subito dopo per ritornare più distinti poi.
Scrissi un cammino di pensieri così persi la strada principale me la indicò il cuore arrivando dritto al centro del sentito intricati com'erano quei pensieri dal l'orologio e dagli umori...
Pensavo a molte cose insieme, ieri sera, mentre le srotolavo sulla tastiera del computer come immagini che danzano da sole. . Immagini scaturite dall'inconscio senza la Super visione di un Io cosciente. E mi dicevo che, ogni "spinta" venuta dal basso deve uscire ignorando i richiami di "volontà" affiancati da una super visione critica, perché forse la verità di noi è solo lì. In ciò che si cerca, senza sapere perché e che cosa. Non mi interessava sapere, né di attingere all'inconscio per rivestire le mie immagini di colori che fossero contenuti di un mondo reale. Era semplicemente un "qualcosa" per spezzare alcune barriere, sia fisiche che psichiche, fra il conscio e l'inconscio, fra il mio mondo interiore e quello esteriore, che impedivano l'abbandono al sonno. Lo straordinario fu quel crearsi di una super-realtà in cui il reale e l'irreale, la riflessione e l'azione, incontrandosi e fondendosi riuscirono a dominare la vita nella sua totalità. Ecco quanto, col risultato del benefico riposo sonno. Fu l'ultimo grano di melograno a rigenerare la sopita spinta?...Non so che ai Miti non ho mai creduto veramente, anche se di questi sono impastata, ma alla voce del vento si un regalo allora per ogni misteriosa spinta risorta anche se vestita d'ombra ma sempre trionfo di Vita . Oppure è il dio che si diverte a spingere uno dei suoi aquiloni stringendo il filo perché nel cielo prenda dimora e la metafisica si confermi mentre lo spazio si allarga? Noi...limitati nel senno del capire. E passerà la vela percossa dal brusio d'un suono amico cullandoci come da ancestrale sonno col sorriso. I poveri simboli spariti, risorto come da vespro mattutino il profumo d'arancio, lontano il viavai di questa terra puntata che induce ad abbassare gli occhi mentre la luna cerca di corrompersi pregandola di guardarla mentre distratti ancora da quel grano fuoriuscito e rosso noi squarciati in un fermento di valanga A volte capitae non sai perché, ma senti "giusto" seguire quelle spinte come fossero un valore di verità sempre cercate, che sanno districarsi tra il vero e il falso senza nessun indizio di volontà che non sia una inedita scoperta, nel frutto di associazioni emotive che, sfuggendo al controllo della mente, portano al sé più profondo. Ed è allora che non si teme neppure il silenzio che precederà la grande marcia verso l'ignoto. Mirka
"Marcia" ( Quintetto E. Flat Major- Op 44 R. Schumann)