Quando manca un padre è un buco nero da riempire con ombre di luce inventata e scalfita alle pareti per rassicurarsi dagli improvvisi tremori nella notte merlo che graffia la gola dimenticandosi del canto piume di pietra per cuscino e graffi di freddo per coperta un bosco di pianto che guida al l'unico fiore restato al l'asciutto. Quando manca un padre lo cerchi dovunque nella nobiltà di fronte spianata a protezione negli amori sganciati in precisi missili di tenerezza nel Poeta svestito di scarpe ma in camminata svelta sulla roccia nel Partigiano quando affronta il nemico senza alcun timore e dritto guarda il Dietro come il Davanti nella lingua biforcuta e occhi sono la sua spada bandiera alta anche in tramortito. E lo senti nel silenzio maturo del grano mentre fuori ruggisce il leone e il camaleonte a saetta striscia in quella forza che insieme a te cammina e nessuno sa oltre il Tuo sangue battente che è lui solo a dare luce anche al buio della notte luce sicura in guidato di desertici cammini dove più calda si fa la congiunzione al l'astro e il senno si smarrisce.
Quando manca un padre è groviglio di rovi che trattengono il mistero del lampo che scorre in Promessa gustata solo alla fine di Partita in campo dove alle spalle sogghigna il Tradimento che non può sapere la sciagura del l'inganno obliquo di quel l'assolo mentre si sentiva il due e il freddo di lamiera lasciato fuori da ogni cancellata.
Quando manca un padre è festa sconfinata di ricerca oltre orizzonti e latitudini che mai si acquistano nella meraviglia di un dettaglio che ricorda l'intero oltre passato altrove e Presente dà l'umido del ciglio. Un esilio con le sue strade in formato ragnatela con punti cardinali dove può anche spezzarsi il filo conducente in direzionale esatto ma riflesso ostinato ritrovandosi dovunque a ridente specchio riproposto avanti dietro e a te affiancato in arcaico Protettorato. Mirka
Caro Daniele, ho tardato a prendere il sonno questa notte, anzi, non sono affatto riuscita ad agguantarlo e a farlo dolcemente mio. Strani rumori mi navigavano in pancia. Colpi ripetuti a ritmo di nascondino come il gioco di "guardie e ladri" che mi tenevano occupata li, come una Destinazione a cui guardare e procedere. Come se il cuore avesse cambiato dimora e si fosse insediato li, e in quella profondità in cui si era rigettato continuasse a martellare alle pareti di quella caverna per dargli la sua impronta modellandola con la tua faccia. Un poco d'angoscia mi aveva preso è vero, ma più ancora che angoscia era la curiosità che mi spingeva a cercare fra tutto quel martirio di "martellate" i segni e i colori di quella forma scolpita su ogni parete del mio ventre. Così presa da febbre e ostinata come sono, imposi al sole di uscire allo scoperto. Anche allora lo feci. Otto mesi protetto e...l'impazienza mia. Per prudenza ti misero in incubatrice per tre giorni. Ma eri così perfetto da non credere a una simile possibilità concreta, così per stare agganciata alla Terra chiesi a tuo padre un panino col prosciutto che lui s'affrettò a portare e che io divorai col gusto di tutta la mia gioia d'esistere cantandola senza paura di disturbare anche di notte (sei nato al l'ora 21. Ti servirà per trovare il tuo ascendente "sagittario" se lo vorrai). Insieme a tuo padre c'era tuo nonno Saverio.(nonna Bianca era stata costretta a subire un intervento chirurgico alla bocca e immenso era il suo dolore per non poter assistere a una delle più belle aurore). Grande nonno il tuo e bravo che mi voleva bene come per il miracolo di una figlia prediletta che con la diversità porta ogni giorno il colorato della sorpresa che dà il via allo stupore come di fiore che si fiuta lasciando aperte narici e tutto. Gli assomigli. Non solo nel volto ma nei valori e nel forte senso della famiglia che si portava a presso. La sera prima si era andati allo "Scarpone". Ricordi il ristorante nei pressi di s. Pancrazio a Monteverde? Un punto di riferimento tranquillo per far scendere la mia febbre. Ma per ritornare a quel giorno. Mangiato il panino col prosciutto voltai la testa da un lato e dalla mia bocca cominciò a uscire la prima Ninna Nanna di molte altre a venire. Tuo padre e il nonno si erano ritirati per avere compreso la sacralità del momento,ancora, di congiunzione a quel cordone che ti legava a me. Anche il ginecologo lo fece. Uno dei più grandi uomini di valore in quel campo. Giovanni Lena. Peccato morire a quarant'anni per una banale operazione di ulcera duodenale. Non lo si perdona neppure a Dio. Con lui il pianeta femminile perse uno dei suoi più grandi sostenitori, io un'amicizia profonda e sincera. Mi lasciò in Dono Te. Mio giorno dove a notte si commuove sempre la luna. BUON COMPLEANNO Daniele, P. S. Quando eri piccolo i sogni te li dipingevo io, ma adesso che sei grande sei Tu che li dipingi a me e io sono felice di perdermi nel concreto di volti già segnati a gloria di vita dove naviga la luce "Wiegenlied (J. Brahms)
Era di maggio o giù di li bruciava la gola bagnata la stella e tutto era li. Respirava l'anima al ritmo del corpo peso d'azione che al l'eterno conduce e alla innocenza regala la voluttà del volo.
Da inconsistenza irrigidita presi a invocare il Dio mentre inanimato era il godimento libero da ogni peccato conclamato alla confessione.
Spariti i Fantasmi dalla scena perduta e vittoriosa come ogni vivo dormiente. Ma un lampo di dolore si infilò come
ospite inaspettato su la soglia oh si come fu vero quel dolore che pure non sfregiò l' intero imperfetto che non muta di sostanza pur dividendo l'interno in due metà. Ma fu lì che il freddo prese forma determinando per sempre la rotta del volo Destinale su univoche impronte di brina e verde
LE FACCENNE DER PAPA Fra tanti sturbi er Papa s'è anniscosto ner Palazzo -der-Papa e là in giardino, spasseggia,fischia e poi ruzza un tantino cor un prelato suo garbato e tosto. Lo porta a un gioco d'acqua accosto accosto e te lo fa bagnà come un purcino, e arriva ar punto de metteje infino drent' in saccoccia li pollastri arrosto. De le vorte lo pija sottobraccio poi je la fa cianchetta e, poverello je leva er piombo e je fa da' un bottaccio. Accusi er Papa se diverte; e quello s'ammaschera da tonto e fa er pajaccio pe merità l'onore der cappello. Gioachino Belli Questo papa così zuzurellone era Gregorio XVI, il quale fra l'altro, nei giorni durante il quale il Belli scrisse il sonetto, che è datato "15 gennaio 1934" avrebbe dovuto avere dei pensieri piuttosto gravi per la testa dato che stava tenendo un concistoro segreto per creare dei nuovi cardinali. La vittima dei suoi scherzi piuttosto pesanti pare fosse Monsignor Soglia,Elemosiniere Santissimo, il quale fra l'altro, non credo che, non ostante la sua condiscendenza, riuscì a farsi creare cardinale,per lo meno in quel periodo, dato che gli unici due che furono investiti della carica di "Principe della Chiesa" in quei giorni furono Monsignor Giacomo Luigi Brignole di Genova, arcivescovo di Nazianzo e tesoriere generale e Monsignor Nicola Grimaldi di Treja,allora governatore di Roma. Dal comportamento di Gregorio XVI non mi sembra avesse tanti "sturbi", come dice il Belli, cioè tante faccende, tanti disturbi, ma che anzi se la prendesse molto poco se gli andava tanto di "ruzzare", cioè di scherzare. Per ciò che riguarda i pollastri arrosto, che si divertiva ad infilare nelle saccocce del l'Elemosiniere, il quale, chissà se poi li avrà distribuiti ai poveri in elemosina, o se li sarà mangiati lui, per ricompensarli in qualche modo del male che gli faceva la schiena per via dei "bottacci" ossia delle cadute che il Sommo Pontefice gli faceva fare levandogli non il piombo ma "l'appiombo" ossia l'equilibrio coi suoi sgambetti Toccata e Fuga in Re min" ( BWV 565 -J. S. Bach)
Ho avuto la fortuna d'avere due splendidi figli nel l'età della formazione. Vivaci (molto). Ricettivi (moltissimo). Sani (di corpo e di mente). Per cui i problemi riguardarono solo la normale attenzione verso tutto ciò che richiedeva la responsabilità di ogni cura per un buon sviluppo, l'attenzione verso le naturali tendenze affinché crescessero rafforzandole, e un ambiente possibilmente sereno, anche se difficile per i tempi di corse rocambolesca, ovviamente soprattutto al femminile, ove prendesse il via l'autostima, la fiducia in loro stessi, la curiosità e la fantasia, su alcune regole ferme, e al contempo una flessibilità utile per adattarsi poi ai vari cambiamenti della vita. Prerogativa quasi idealistica da mettere in pratica, quella della serenità, considerando il lavoro, i viaggi per lavori, e senza nessun supporto di aiuti familiari (parenti- nonni- ecc.). Ho comunque cercato d'applicare la "misura", quella " ragionata" e suggerita dal "buon senso", cercando di non condizionarlo con la mia forte personalità, le mie personali esperienze, a meno che, non fossero suffragate da principi universali accoppiati a concetti razionali dell'universo, sostenuti dalla volontà e dalla speranza di farcela, alimentando sempre la Speranza dopo ogni sforzo, come bene che precede e segue l'altro, accettando i rischi del fallimento, come prove, senza scoraggiarsi e riprovare magari utilizzando mezzi diversi o un'altra strada. E ho vigilato anche su una latente smisurata generosità e su l'impulso a donarla indiscriminatamente, guardandomi bene dallo spegnerne o mortificare la felicità che accompagna sempre il gesto di chi dona. Davanti ho la scena di un ricordo chiaro e dettagliato. Terza elementare. Rientro dalla scuola. Merenda. Scherzetti. Piccoli scambi allegri. Informazioni (da parte mia) in tono apparentemente leggero senza che, mi passasse inosservata la cupezza sul faccino di uno dei miei due bambini. Cercai in tutti i modi, ma senza trovare la causa di quell'ombra. In silenzio l' osservo fingendo di guardare i suoi compiti che già avevo visto ordinati e perfetti. Lui scribacchiava su un foglio con una biro amaranto non comprata da me. "Che bella penna Daniele" gli dico "L'hai trovata o te la regalata qualcuno?" gli chiedo con dolcezza guardandolo negli occhi. " No. E' stato uno scambio" dice lui " E cioè?" dico io di rimando. "A Massimo piacevano i miei ventiquattro pastelli Giotto, io la sua biro, così abbiamo fatto scambio". "E sei contento di questo scambio?" gli chiedo. "No. Però non so perché" e subito aggiunge "E comunque ormai i pastelli glieli ho dati". Gli faccio una carezza e gli dico "Si. Ormai lo scambio è fatto e non si può tornare indietro. Però puoi sempre imparare per un'altra volta, valutando i pro e i contro e tenendo conto se i "contro" ti vanno ugualmente bene". Con naturalezza gli faccio due semplici piccoli conti. "Quanto sono costati i ventiquattro pastelli?... "Diecimila lire "La biro? Cento lire. Bene. Coi ventiquattro pastelli potevi colorare il mondo, con una biro al massimo potevi dipingere il nero delle mattonelle di marmo che stanno all'ingresso". Credo che Daniele abbia compreso la lezione perché il suo volto si illuminò come un sole buttandosi fra le mie braccia. E ora che è grande è anche un ottimo economo senza nulla togliere al suo magnifico altruismo naturale. Una singolare precocità di coscienza accoppiata a un curioso miscuglio di generosità e controllo su se stesso. E anche questo non può che essere un motivo per esserne orgogliosa. . Educare al ragionamento prima d'intraprendere una qualsiasi azione. Anche la più buona nell'intenzione.. L'avesse messa in pratica anch'essa, oggi sarei felice doppiamente. Fa nulla. Altri lo saranno. E un poco anche grazie a me. Mirka "Winter The four Seasons" (Antonio Vivaldi)