fiume

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fiume della vita

domenica 31 gennaio 2016

LA FARFALLA - LA TRAPPOLA E IL FIORE




S' impigliò nella rete una farfalla      pulsò il suo piccolo cuore      poi    tacque per sempre. 
 Dentro       gli occhi di un fiore      sussurri di suoni e colori      felicità  piena  di  tutto.

 Mirka  







"Polonaise" ( Op 53-  A flat Major-eroica-F.Chopin)

















giovedì 28 gennaio 2016

ATTRAVERSATA



  

 Un rumore ovattato attraversa le mie orecchie    le scuote lo stridore di sospensioni arrugginite.
Una decina d'umanità impiccata ai maniglioni di un tram mi dice che sto attraversando  un oceano sconosciuto.
 Sudori ispessiti da sangue greve attraversano  l'aria infettandola.
Sempre nel tram mi catturano le effusioni di due giovani troppo intime e svelate per essere
   date in pasto ad occhi ingordi e increduli per lo spettacolo gratuito attraversano i cappotti bruciandoli da inconfessabili desideri     li realizzeranno nella ruffiana notte senza il fronzolo della spiegazione      il trucco sempre di questa povera umanità che fornica divorando l'anima degli altri.
  Scendo dal tram e mi attraversa la strada.
   Vado a sbattere contro una spalla piegata per la fatica del giorno e forse da una nostalgia pesante.   Mi attraversa della irritazione seguita subito dalla pietà.
   Mi attraversa l'innocenza cinguettante di bimbi mascherati     irrompe un sorriso.
 Un vecchio e un bambino sono attraversati dalla luce di un lampione     sorrido mentre mi attraversa il cuore i rintocchi di una campana.  Umile preghiera per tutti. 
  È sera.   Io  quasi  felice se non fosse per la barricata della nostalgia  che mi attraversa le viscere     comunque e ciononostante conciliata con tutto. 

 Mirka

 "Caro amore"  (Fabrizio De Andrè)


martedì 26 gennaio 2016

QUEL 26 DI GENNAIO



Ci sono date che stanno nell'archivio delle vene e di qualcuna non sai neppure cosa l'abbia originata.


Cinguettò il passero      pulsò la vena
Pulsò la vena         guizzò  il  ricordo.
Profumò la rosa     si ferì di sua spina il dito.
Si aprì la pagina del diario    balzò la cifra B si creò il sorriso-
Così seppi di quel 26 gennaio ricordando un compleanno.


Auguri ovunque,allora a Te.

Pur nel fluire inarrestabile del tempo e forse anche della solitudine che isola e separa ogni personaggio o essere vivente,quando si  evoca con la parola un nome,quel nome pare si scaldi di sua propria vita,diventi totalità di un sole che generoso lascia posto anche alla pioggia senza per questo adombrarsene.  Il grande astro sa che il suo far posto è arazzo mobile e cangiante che niente cancella se non sovrapponendosi per lasciare libero un canto.

Mirka

"Happy Birthday to you"

venerdì 22 gennaio 2016

PABLO NERUDA "TU VENIVI"


Non mai fatto soffrire
ma attendere.

Quelle ore 
intricate, piene
di serpenti,
 quando
 l'anima cedeva e affogavo,
 tu venivi camminando, 
tu venivi nuda e graffiata,
 tu giungevi insanguinata sino al mio letto,
 fidanzata mia,
 e allora
 tutta la notte camminammo
 dormendo
 e quando ci svegliammo
 eri intatta e nuova,
 come se il grave vento dei sogni
 di nuovo avesse dato
 fuoco alla tua chioma 
e in frumento e argento avesse sommerso
 il tuo corpo fino a renderlo abbagliante. 

Io non soffrii, amore mio, 
io solo ti attendevo. 

Dovevi cambiare di cuore
 e di sguardo 
dopo aver toccato la profonda 
zona di mare che ti diede il mio petto.
 Dovevi uscire dall'acqua, 
pura come una goccia innalzata
 da un'onda notturna.
 Fidanzata mia, dovresti
 morire e nascere, io t'attendevo. 
Non soffrii cercandoti, 
sapevo che saresti venuta,
 una nuova donna con ciò che adoro
 di quella che non adoravo,
 con i tuoi occhi, le tue mani, la tua bocca,
ma con un altro cuore 
che albeggiò al mio fianco
 come se sempre fosse stato lì
 per stare con me per sempre.

 Pablo Neruda  

"Elegia" (Op 3 N.1 Rachmaninoff)
 











martedì 19 gennaio 2016

LA LUNA E I CLANDESTINI

  






 Il crepuscolo rendeva sempre più clandestini gli uomini chiusi in se stessi.
    Indifferenti persino alla bellezza di una luna piena. 


   limpida sfrecciò la risata di un bimbo e la indicò.    

 Per un'attimo parve scuotere i passanti dal loro freddo torpore esistenziale.     

  Ma una voce dal silenzio si levò e la zittì.    

  Scese il silenzio.
  Duro come ghiaccio tagliato nel mezzo di un lungo fiume.    

   Un poco smarrita mi guardai attorno.     

 La luna continuava a illuminare il cielo mentre la terra s' incupiva di facce informi chiuse nei cappotti.  

  Tra un battito e l'altro del cuore riuscì solo a mormorare  perdona loro che non sanno.  
   
  Ma a me  una piccola rivincita.  
 La luna tutta per me.  

Mirka


"Wish you were Here" (Pink Floyd)





giovedì 14 gennaio 2016

ALEJANDRO JODOROWSKY

Foto presa da Internet

Allora Ejo mi gridò "Intellettuale, impara a morire!"  Di colpo avevo capito che tutto quello che avevo cercato e realizzato, l'avevo fatto con un intelletto vigliacco che per non morire si aggrappava alla sbarra della ragione...Si comincia a esistere nel momento in cui l'Io-attore avrebbe smesso di identificarsi con l'Io -osservatore.

Alejandro Jodorowsky (Danza della realtà)





"I will always love you" (Film)


martedì 5 gennaio 2016

TRA STALIN E TOGLIATTI E L'ECONOMIA DEL SENTIMENTO





Proprio in questi giorni pensavo alla struttura di un vecchio Partito come quello in cui militarono molti della mia famiglia, (PCI) a differenza di me, troppo libera e autonoma per seguire delle ferree leggi di Partito anche riconoscendole giuste, e cionondimeno pur riconoscendosi una lottatrice da Prima Linea, ma anche e sempre troppo in rivolta contro ogni tipo di rigidità (l'Ave Maria nelle albe di ogni mattino in collegio, l'obbligo di assistere a delle noiosissime riunioni di famiglia,  lo studio come unico dovere eseguito senza entusiasmo, la costrizione a ruolo nei rapporti di coppia, i ritmi altrui senza la considerazione del proprio, la censura d'espressione mortificando il piacere di estenderla a chiunque, amici, comunità, o contesto sociale) . Insomma, quelle identificarsi col risparmiatore, ed educarlo all'economia dei sentimenti.     Sembra un paradosso eppure calza come un guanto. Ho condiviso questi pensieri con un amico davanti a un Lambrusco versato dentro a un grosso bicchiere di vetro.  Ovviamente particolari da una Esperienza che mi riguardava direttamente e che mi portò a riflettere su questo sino a considerarlo un incastro strutturale e, genericamente antropologico mai preso veramente in considerazione.
"Ma il loro, in fondo, era un mondo prosaico, senza fantasia di sorta, un cammino dritto, di uomini onesti e comuni, comuni da essere persino ovvio, un ovvio banale, con orizzonti visibili e concreti e capaci di organizzare il quotidiano in modo comune e concreto, dove i problemi  si affrontano e basta, dando per scontato che si riuscirà a portarli sempre a termine e, pertanto offrendo un'immagine unitaria e reale dove tutto doveva filare a secondo del ruolo assegnato", continuo il già cominciato. "Si. È così. Un bisogno di dare consistenza a un equilibrio conservandolo chiaro nell'apparire".  Guardo sorpresa l'amico per l'acutezza della sua osservazione. Resto in silenzio mentre la mano s' accosta al bel rosso del bicchiere. E subito gli faccio il verso "ed ecco l'idea regolativa da seguire come optimum  per la coscienza e che importa se i volti non trasmettono la felicità!?   Credo infatti, di non aver mai visto un sorriso sui loro volti che  mi trasmettesse insieme mestizia e tristezza. Rivedo la loro tavola sempre ordinatamente apparecchiata e linda, sempre alla stessa ora, lo sfaccendarsi delle due donne ai fornelli, l'entrata pesante e guardinga del vecchio (patriarca), il suo sedersi a Capo tavola , il figlio dall'altro capo del tavolo, il giovane rampollo appena un poco di lato, le due donne una di fronte all'altra. Credo che anche l'amore fosse programmato. Ricordo i sabati di ogni stagione. Fretta di sbrigare le faccende in cucina poi    il silenzio più gotico, sotto, meditando, in cuor loro, il sacro che su si stava consumando.  "Una inconscia conformità di classe" mi dico. Sorrido mentre il mio amico mi ricorda "e l'obbligo, implicito di andarli ad omaggiare. Prima il patriarca, a ruota il figlio, poi la moglie del Capo, la moglie del figlio e per ultimo il rampollo".  Ho accennato più volte con la testa un si mesto, perché stavo distinguendo tra il mio naturale entusiasmo che portava ai rapporti, confrontandolo col loro nel corretto svolgimento di una prassi conforme alla struttura  di classe e che nulla aveva a che fare con qualcosa di più profondo e di intimo come il sentimento.  Anzi. Il sentimento era da guardare a vista, da controllare perché disturbatore di un processo che doveva restare soltanto nell'ambito dell'esteriorità adeguata a ciò che ci si era preposti, pena lo smarrimento, la paura del nuovo, dell'intruso, la devianza dal reale o supposto reale. Trangugia un altro sorso di rosso che ora ha più del violetto. Un violetto dal retrogusto amaro. "Però erano gentili, discreti, ma sempre presenti a ogni mia necessità, mi venivano a prendere al treno di ritorno da qualche viaggio, mi vigilavano la casa quando mancavo, mangiavo con loro come una di famiglia" gli affermo con voce ferma se non fosse per una strana nota stridula da renderla mutante "Certo" risponde l'amico "tu eri l'asso nella manica, davi prestigio col tuo essere di un altro mondo ma simile al loro come idealismo, eri riservatissima e insieme cordiale con tutti. A garanzia di lustro e di stabilità c'era la tua famiglia, tua madre, te.  Insomma un'immagine bella che il mondo ama immaginare. Un solo neo. La tua poca adattabilità al ruolo convenzionale o tradizionale". Scoppio in una fragorosa risata a cui fa seguito la fine della sua frase "che però sfidavano come mondo a se. Quello dell'arte."   Sto in silenzio. Un silenzio duro.  Lo capisco dal male alle guance. "Ma allora" insisto, "tutta quella semplice e così rara delicatezza come la collochi, a cosa l'attribuisci? "All'interesse".  Mi mordo a sangue entrambe  le labbra. Biascico come si fa coi rosari quando si recitano per abitudine e confondendo il gloria con un Ave in più o in meno. "Sempre i primi a mettere la bandiera alla finestra  nel giorno della Resistenza, idem nel Primo Giorno di Maggio, a spalare la neve per permettere al mio cancello di aprirsi, il brodo di gallina ruspante con tanti occhietti d'oro quando avevo l'influenza e stavo a letto, le loro persiane alzate quando tardavo la notte" "Interesse ma anche i loro limiti".  sentenzia dolce l'amico. Non potevano andare oltre. Tu potevi e sapevi andare oltre.  Loro no. Si adattavano semplicemente a un già costituito. Il nonno che lascia e passa il testimone, il padre che consegna a sua volta, valori e compiti e così via. E guai diversificare il cammino. Avrebbe significato squilibrare tutto un apparato consolidato. Il loro compito, come il tuo era quello di procedere come sempre. Per loro, inquadrati e limitati  altra alternativa non c'era se non cancellarsi. "Ma io che ho fatto? Sono stata costretta, e con dolore, ad abbandonare proprio ciò che più mi dava sicurezza, serenità, allegria e la voglia di progettare, fare, vivere. Loro lo sapevano"  "Si. Ma tu hai capovolto un contesto sul quale avevano costruito anche i sentimenti. Hai provocato uno sbandamento. Dell'ordine familiare, del gruppo sociale, alla loro mentalità. "  Con la mente corro lontano. Sempre con la mente sfoglio i quaderni di mia madre. "Che peso ebbero i condizionamenti anche internazionali, soprattutto quello sovietico sulla formazione del Primo Grande Partito d'opposizione e di massa  sorto come PCI?  Sicuramente non poco.  Anche se tutti i Partiti della Democrazia antifascista si espressero con Capi (leader) di forte personalità (Nenni, De Gasperi, Gronchi, La Malfa, Saragat ecc) e supportati sempre da alto giornalismo popolare, non mancò mai la tensione morale, l'impegno serio per contribuire efficacemente alla Liberazione del Paese. Ferruccio Parri, Luigi Longo, Umberto Terracini espulso dal Partito con la compagna Camilla Cederna, incarcerati e infine costretti all'esilio, e che, per essere riammessi, reintegrati nel Partito furono costretti a scrivere missive  più e più volte alla Direzione Centrale, sempre puntualmente inascoltate per supposto non consenso alla severissima  linea del Partito, stravolgendone le idee, squalificando le persone e condannandole  per opportunismo e riammesse solo alla condizione dell'accettazione senza riserve della linea del Partito, la disciplina, non sollevando più  alcuna questione  discussa nei carceri e al confine. . A Capo del Partito Comunista c'era allora Palmiro Togliatti. Il freddo ragionatore, dal tono professorale ma eloquente da entusiasmare i semplici militanti come gli intellettuali più smaliziati.  
 E così tra questi lampi e storici ritorni, trova, forse, anche il senso "compiuto"  un'amicizia importante perché creduta tale, ma da collocare tra i gioielli di famiglia preziosi solo per Interesse di commercio.  Mi asciugo una lacrima che non viene.

 Mirka






"Waltz n.2"  ( Jazz suit -D.Shostakovich)






venerdì 1 gennaio 2016

ECCO LA BELLEZZA DELLA VITA (ANDREA CHÈNIER)






Gridò l'occhio allo spuntare del germoglio   ma  non fu totale letizia che l'incerto era ancora sulla soglia 

e gridò con dolore la madre al primo vagito strappato al suo stesso respiro e ancora non era piena letizia  

 Ma fu danza con lo spessore d'infinito che mutando non muta nella sincronia di mani quando all'unisono si alzarono per il primo colpo ineggiando alla Vita. 

 L Amore che scardinò il Dolore e lo superò vincendo anche la morte. 

 Che per tutti venga realizzato questo Augurio formulato nel primo giorno dell'anno 2016, nel duro che si fa esplosione di energia per affrontare avversità e incognite. Nell'Amore del proprio Paese, nel rispetto d'ogni altra Terra.
 Mirka  



"Un di all'azzurro spazio" (Andrea Chènier  -U. Giordano)