fiume

fiume
fiume della vita

domenica 30 giugno 2013

RISVEGLIO


...e tutte le cose si collegarono l'una con le altre al fine di ricordarsi ognuna della propria  luce








L'alba separa dalla luce l'ombra così  mi ha zampettato nell'anima,quando il primo pedardo di luce  entrò nella  stanza scoperchiandomi gli occhi.
Ed ecco animarsi le cose.   Gli occhiali sul comodino, il libro caduto a terra, l'abbaiare d'un cane, i miagolii indistinti dei gatti, il coccodè al suo secondo di vittoria.       Solo il mio cuore si azzittiva.   Ma solo per far largo a quelle voci di vita .   Ovunque guardassi era oro.  Uh! mi dissi, che  sia  diventata oro pure io?     Ho annusato l'aria viziata della notte,giusto quel tanto per ingurgitare la mia essenza e trarne la forza per quel balzo fatto subito dopo.    Ho cercato di catturare  quello che vibrava nella luce e compresi che,ciò che vedevo non era che un'esplosione rappresentativa del cosmo affinchè mi svegliassi e potessi gioirne per un'altro giorno ancora.   Ero viva,e questo mi bastava, senza per questo sentirmi scema per aver dimenticato i crucci,tutti i crucci, oh quelli ci sono,eccome,come quel chiodo fissato al muro della casa illuminata dal primo sole, fissati nella mia retina e nelle ossa indolenzite.   E ancora una volta ho "scelto" .  La scelta della  coerenza.  Coerenza d'essere me stessa e vera nell'emozione che mi dava  quella luce mattutina.    Col suo eterno,dentro, il positivo buono in quell'attimo da vivere, con qualche brace, senza fumo, nelle cose che ho "qui", bagnate ogni tanto da qualche lacrima improvvisa e sincera.

E allora che sia per tutti un Buon Risveglio, al di là d'ogni sospesa  intenzione,l'abbrutimento di ragione o di coscienza,nell' impulso nuovo per portare a felice compimento il proprio giorno,la propria  vita filtrata dalla luce entrata da qualche fessura misteriosamente lasciata incustodita, nella consapevolezza che tiene conto d'ogni cosa.  Della sua brevità strettamente connessa l'una all'altra. E auguri.  Auguri soprattutto a me che il chiodo del "trasloco" è ancora ben piantato ma speriamo che me la cavi.

Mirka.




"L'alba separa dalla luce l'ombra" (F.P.Tosti-Parole di G.D'Annunzio)


giovedì 27 giugno 2013

LA" MIA" ARTE DELLA FUGA


  
 e... dall'azzurrità multipla del cielo alla sbrigliata fantasia della notte













La stanchezza   mi portò (S)finimento.  
 La disciplina al sonno  mi liberò dal "dubbio" .
Un'unica verità regalata 
da quella  specie di fremito che io ho definito
 Arte Della Fuga.


Mirka





"Contrapunctus BWV 1080" (Arte della fuga -J.S.Bach)







lunedì 24 giugno 2013

NON CI FAR CASO

...e nei ritmi della ragione ritrovai la pace e un nuovo senso per allargare il volto


Sai 
  mi oscuro in volto come facevo un tempo.    Temporale da lontano e che ora non fa più paura.       Lampo che t'arrossa il volto e poi sparisce là dove s'azzuffano i demoni e che Pan con un tocco li sgomina.   Potenza dell'istante che rende la ragione dell'essere uno dei molti per riportarlo all'Uno.     Potenza metamorfica che alla duna originaria porta e la concentra al centro.    Non ci far caso.    E' solo una variante, un numero che si unisce agli altri nella prospettiva  di farsi tondo.    Ma è  nella mia doppia menzogna  ch'io mi salvo dalla seriosità d'un vivere,restituendomi un mai perduto senso di quel bambino che i conti sbagliò sempre tra la paura e lo smisurato riso.   Non ci far caso.    Tutto passa come la luce che si alterna al buio,la pioggia al sole, ogni stagione con dentro un'anno in più,i sensi rifatti dall'emozione di un ricordo che subito sparisce e lo devi reinventare se non vuoi morire.   Non ci far caso e,se anche tu arrivassi a questa mia conclusione,saprai anche sbottare nella fragorosa risata come facevi un tempo,non come gli attori che siamo stati ma nudi di noi vibranti della sola nota vera che ci siamo regalati.    La nostra umanità fatta di tutto e niente.ma ricca d'alchemici immaginifici incanti .   Non ci far caso.    La mia camicia bianca non ha macchie anche se si è strappata da qualche parte dove occhio non vede e che si può aggiustare con l'incantesimo d'un fiore sottratto a qualche muscolo che non serve più.      Ti voglio bene.  

Mirka  








"Imagine"  (J.Lennon)





giovedì 20 giugno 2013

IO NON TI VEDO

....e fu quel cielo a darmi il battesimo della malinconia



Io non ti vedo

eppure so 
che sotto questa cabina
cristallina vive la misteriosa vita

cintura invisibile che lega 
i pensieri mentre li scarta 
per lo zoccolo del cuore

Coscia contro coscia
fummo e muti 
come in Terra Consacrata.



Quando a volte scende la sera e con la sera la nostalgia dell'impossibile è lacrima ferma sul sentiero verso Damasco...allora è lì che,anche il dolore si forma in materialità di sostanza o come Canto di Ossien che alterna la dolcezza con la profondità d'un antico eco.  Conforto d'una  grazia che sperimenta la speranza lacrimata di passata gioia,il grande assente così bene racchiuso nei versi del Grande sopra tutti i tempi "AAmor mi mosse e mi fa parlare" ,o più semplicemente  il prezzo della nascita dell'eterno,nell'uomo.

Mirka

  "Lento"  (Concerto in la min Op.129-  R.Schumann)





lunedì 17 giugno 2013

SOLIDARIETA' AGLI ARTISTI GRECI (ovvero quando gli gnomi di palazzo...)

...gettare uno sguardo al di là della cortina che separa gli anonimi manipolatori del mondo circostante è scoprire che questi altro non sono che "vittime che creano altre vittime"




Oh memoria togliti di mezzo!. Troppo mi ricordi le gioie effimere come  quel  cantar di vittoria,credendola guerra  e non battaglia che  acquieta per un riposo necessario quanto illusorio e i dolori. Oppure fa d'ogni sospeso una dominante che risolva a cerchio almeno per chi ancora resta.

Quando la Storia si ripete è un riaccendersi di memoria che vorresti subito spegnere. E non per vigliaccheria o per ignavia.    Ricordo come fosse ora la freddezza regalata col sorriso. A proposito. Avete mai visto il potere serio mentre ammanetta?... No lui sorride. Sempre. Beh! quello sghignazzo è qui nei miei occhi diventati anima furente.  Oggi la Grecia noi come allora. Accinti per quel concerto d'Inaugurazione-Stagione che si sarebbe mostrata uno schiaffo in piena faccia.  A volte mi chiedo se mai finirà la lotta verso chi  "usa"  a volontà per poi farne lucido per scarpe quando l'uso diventa oggetto ingombrante per l'incapacità a trarne gli adeguati profitti.    Fossero pure prestigio di Storia,orgoglio di Nazione,patrimonio di Cultura da tener ben stretta nel mentre le si dà il più ampio spazio.

E oggi,quando nel telegiornale delle 13,mi si sono presentati quell'orchestra, di strumentisti, quel Coro di artisti per l'ultimo concerto prima della chiusura definitiva della Radio Nazionale,ho rivissuto in ogni nota,in tutto quel luccichio d'occhi,negli echi vibranti lasciati a fine "spettacolo",un'identica atmosfera come quella del 2 Dicembre del 1992 a Roma Anche lì si era consapevoli che il sipario sarebbe calato per sempre,frammentate le voci e i suoni,dato in pasto alle mosche un'antica cultura nazionale. 

In programma c'era l'Alexander Nevsky di Prokofiev. A metà s'interruppe. Un fremito lungo come chi sa di dover assistere a qualcosa di assolutamente inaspettato e percettivamente tragico, serpeggiò lungo tutte le vene dell'Auditorio. Qualche archetto sospeso un oboe gracchio,in piedi tutti  quasi per invisibile ordine,mentre la cantante nel suo abito lungo e nero interrompeva la sua Cantata . Non riuscendo a proseguire nell'oscena beffa, si rivolse invece  con la sua voce chiara e ferma al numeroso pubblico accorso. Spiegando.invocando aiuto e comprensione,chiedendo perdono per lquel tradimento operato alle spalle degli artisti e che era d'obbligo mettere in pratica deludendo chi era intervenuto con l'interruzione dello stesso.concerto.  Con la fierezza naturale e compagna di tutta una vita,l'artista si diresse verso l'uscita. Lasciò una breve intervista ai giornalisti  lì convenuti,andò nel suo camerino,si tolse gli abiti di scena,si mise i jeans e una maglietta neppure troppo nuova,le scarpe comode,lo spartito e quaderno nella tracolla e anonima s'intruffolò fra la folla in direzione dell' uscita centrale.   La battaglia era cominciata. Lei doveva correre. Tutti i mezzi erano buoni per informare il Mondo e lo spazio che ignorava e pareva continuare a dormire i sonni dei giusti. E lei li usò  ben sapendo che tutto sarebbe servito solo per loro. Nei due mesi vivissimi di abbracci, allegria spavalda, notti di barricate  ingenue e goliardiche, il caffè portato dai colleghi di turno.

CHE IDIOZIA QUANDO GLI GNOMI SBAGLIANO IL "PUNTO" E RIMBALZANO IL PREZZO ALLE VITTIME INNOCENTI SOLO POCO PRIMA GRANDI PEDINE DEL LORO TERRIBILE GIOCO.

Con stima e affetto solidale a tutti gli ARTISTI GRECI che ora si trovano ad affrontare la stessa ignominia e paura..

Mirka


"Battle on the ice"  ( Op.78 Alexander Nevsky-S.Prokofiev)








domenica 16 giugno 2013

STORNELLATA DEL GATTO STRAFALCIONE

...il gatto fotografato ieri in sul fare della sera



C'era na vorta un gatto protetto da s.Pantolomeo
la cui dimora era in tana de Noantri.

Il gatto aspettava il  turno de magnà
più che l'erba medica il trifoglio la gramigna
un pesce de A-matrice che ne so una saracca 

tra una costola e l'altra
un dente perduto e uno nuovo spuntato

Er gatto protetto dal santo aveva ossa di efelidi
due chiazze d'oro per occhi
 intorbate  da centrifuga bianca sui bordi


un bell'ovo al tegame pareva il gatto
col tuorlo  differenziato per terminar l'operazione
 " pesce"  lasciato a terra dall'oste sbadato
 forse intento a bisbigliar le preci
 a s.Pantaleo a sua volta intento a sfogliar la  retta simmetria
dei volti oblunghi in divenire forma imperfetta
 di qualche uccelleria o albatros ad ala di polmoni
per rinvigorir il petto moscio per sbadigli 
di sughi lasciati in piatti a languor di stomaco
per perniciosissima abulia che il fiato ha risucchiato.

Povero gatto coi suoi bottoni d'oro dai riflessi verdi
arborescenti d'un rosa di cristallo Mirka



"Romeo,er mejo der Colosseo"  (Gli aristogatti)



sabato 15 giugno 2013

IL CIELO INTANTO CONTINUAVA A INSEGNARE IL VERO

...e mentre il cielo insegnava...io intanto  mparavo (dis)imparando

Esplosione di vita mi è apparso il cielo,ieri, nella sua tremenda battaglia che non risparmia la morte mentre camminavo e m'immergevo in quella danza sfrenata e dolce a un tempo,sentendo oscuramente e con chiarezza insieme  ciò che resterà di noi a imperituro passaggio. Nuvole  di fuoco e acqua  Un TuttoUno d'essenza fatta puntino di centralità vibrante che obbligherà  altri  a guardarsi vivi solo in quella  dualità d'alternanza sfidata con naturalità festosa,quando a sera scende la malinconia e ogni strato di vestito ci strappa con ferocia.

Mirka






"Allegro"  (Sonata k.314 per flauto e orchestra-Mozart)













mercoledì 12 giugno 2013

ROMA NON FAR LA STUPIDA STASERA

Roma di notte è proprio strana cosa si disse la donna ricordando un sogno.





I grilli cantavano sui tetti.        Gli umani formichine con ai piedi il nido.        Il bue pascolava sopra tutti  ponti.          La patrizia prole ad arare i campi.           Una casetta con due lune e niente stelle.          Frulli di pance troppo sazie o troppo vuote infilate a tubo alla Tiberina  Isola per onorare la "Buona Sanità".   .
Strano davero questo sogno dall'aspetto del  bordello, piantato in terra  che un tempo nutrì chi la fondò col latte della lupa ora  macchiato con  razze bianche gialle e nero fondo,coi galli fatti asini.,gli asini padroni ma col cero a un Santo,.    E per finire un'Amorino che perplesso si gratta forte il naso.

Mirka



"Roma nun fa' la stupida stasera"   (Stornelli romaneschi)



Foto da cell

lunedì 10 giugno 2013

CARO E POVERO KLAUS ovvero (LE STRANE ANALOGIE)



A volte mi domando se qualche eco di quelle risate, di quel sax, di tutto quel l'abbaiare, di quei canti possano essersi fermati su qualche ramo di quegli olmi o dentro qualche crepa di roccia secolare.



Non sono attratta dai cani, anzi spesso mi infastidiscono col loro abbaiare insistente,col loro essere sempre "fra i piedi".  Dei gatti è altra cosa. Istintiva simpatia che continua a dialogare con loro, con sorrisi, silenzi complici, qualche coccola selvaggia. Sarà perché con questi ultimi mi sento in perfetta consonanza, quasi in simbiosi, potrei dire.  Eppure con quel pastore tedesco ci andavo d'accordo, affezionandosi persino.

Si chiamava Klaus e, per tutti era inavvicinabile tranne per il suo padrone e per coloro che erano di "casa"Gli era stato regalato ancora cucciolo, affinché potesse essergli d'aiuto a superare una grave forma di depressione che l'aveva prostrato in una cupezza da preoccupare seriamente tutti i restanti familiari.  Si, perché quando l'anima si ammala, niente può stimolarla, né curiosità, né interessi, men meno a sperare in qualche barlume di gioia da vivere.  Così Klaus entrò come un terremoto in "ogni spazio" si potesse guardare, piedi inclusi.   E ridonò una illusoria significativa al tempo, almeno come risveglio d'attività motoria che pareva definitivamente condannata a restare blocco di granito su una poltrona all'angolo d'una camera perennemente tenuta al buio.    Che, la morte d'una persona cara, (sposa) dopo anni di atroci sofferenze, può portare a un'altra morte, anche se solo apparente.

Dietro la pressione di amici comuni, incontrai Mario, così si chiamava il padrone del cane.  Si creò immediatamente una corrispondenza di "amorosi sensi" e di affinità (anche lui amava la musica, suonava il clarino, alternandolo al sax contralto, gli piaceva fare lunghe camminate nei boschi o nelle campagne, osservando con attenzione la natura, rispettoso dei suoi cicli e abile a prevenirne ogni inizio di sofferenza o bizze.   Rude e semplice, come chi della razionalità sa farne la logica di tutte le cose. Forse scarseggiava in umorismo ma aveva un orecchio finissimo e perfetto come lo era nelle scienze quantistiche, ma soprattutto nel campo dell'elettrodinamica da tener testa a Maxwell anche se non ne fu mai consapevole del tutto, o forse saperlo gli era indifferente. In seguito anche l'umorismo migliorò, mentre nella sua professione continuò a restare bravo e basta.    Si divenne inseparabili compagni di vita.   Da Roma, dove entrambi si aveva le reciproche case, ci si spostava spesso, per lunghi o brevi periodi, nel suo cascinale situato in Abruzzo, poco distante dell'Aquila e da Campo Tosto.    Lì si conduceva una vita naturale, ma ricca veramente di tutto.   Io mattiniera come l'allodola, usando un termine familiare anche nella globo sfera, lui gufo a dormire a volontà nella talamus comitis o herelis camera, visto che doveva compensare le ore piccole passate alla ricerca della perfezione dei suoni... Per me questo, comunque, non costituì mai un problema.. Saltato giù dal letto come la felpa dei gatti, volavo le due scale che portavano alla cucina con incredibile leggerezza, preparato il caffè, la fetta di torta alle mele o i biscotti allo zenzero che io mi facevo premura di farli in abbondanza, affinché non mancassero mai, mangiavo qualche frutto di stagione, facevo esercizi di respirazione sul prato, studiava i vari spartiti a gambe incrociate, con l'aria frizzantina e purissima, di fronte alle radici d'un platano, d'un olmo e di un fico, mentre in lontananza scorreva lento e pigro un fiume; tranquillo come una laguna e con un colore che invidiava l'argento e il cristallo.   Poco distante il gorgoglio allegro della fonte di S.Bonifacio. Durante il giorno si leggeva, o meglio ero io che leggevo ad alta voce,(spesso poésie a lui piaceva molto Pascoli e Cardarelli e a me piaceva molto accontentarlo assieme a qualche romanzo di Calvino), si andava per boschi anche solo per il piacere di respirare i profumi della sacralità del posto, si parlava con la gente e, a volte tra le discussioni ci entrava anche la politica (poca in verità perché lui s'infuriava e non c'era  poi nessun modo di rabbonire  Non c'è più lo Stato di Diritto,capisci? diceva e io ridevo per come lo diceva ma annuendo con tutto il corpo).    Alla sera, subito dopo cena, altra felicità col preparare un piccolo splendido coro femminile. Klaus...tra i piedi. Col tempo si era diventati amici, anche col cane.  Non gli risparmiavo gli scherzi, qualche biscotto, di nascosto dal padrone glielo allungavo sempre e lui come per un tacito accordo non abbaiava quasi mai.   Non esagerare"  mi rimproverava qualche volta Mario "Dagli affetto e rispetto ma... ricordati che hai davanti una bestia e come tale la devi trattare"  finiva sempre la sua geremiadi scandita dai suoi toni bassi e dolci come un contrabbasso.     A volte però gli metteva un piccolo cesto come di paglia legato al muso "non si sa mai"  brontolava dispiacendo se ne forse più ancora del cane.   Io gli davo retta per un poco, poi ritornavo alle mie abitudini fuori da ogni crescita di autentica maturità (scherzi. biscotto coccole).  Però adesso che ci penso, questo lato infantile che tutt'ora favola,  quante volte mi ha aiutato a superare dei momenti difficili,  spingendosi a un coraggio puerile solo perché inconsapevole, ma vero perché mi creava la sicurezza per affrontare ogni prova.     Chissà che anche questo non non mi sia stato trasmesso da qualche gene ereditato che, con ingenuità continua a perdurare, nel corso degli anni, nelle innumerevoli occasioni della vita quotidiana, con sguardi, pause, arguzie,silenzi, sorrisi, espressioni d'ammirazione o di rimprovero.


Un giorno, credo fosse nel mese di agosto, Mario a letto, io sul prato a far ginnastica, Klaus tra la mia faccia e le mie gambe, zitto e fermo come l'alibi d'antica storia. Anche se un poco infastidita per la presenza così prossima al mio volto, continuavo gli esercizi, muovendo ora le braccia, ora le gambe, la testa e tutti i mille muscoli. Però la vicinanza del cane mi distraeva non permettendone più la necessaria concentrazione. "Via via Vai via!"  gli respirava addosso con tutta la durezza  di cui ero capace. No, lui stava lì, senza muovere un palpito. Solo i suoi occhi mandavano strani bagliori metallici e freddi.  Il cuore cominciò a pomparmi come fossi a Maranello, mentre invece rallentavano i movimenti del corpo.   Me lo trovai steso e lungo su di me e...peso. "Mario Marioooo  Via  Klaus... Basta  Vai v i a!" ringhiai diventando anch'io uno strano animale.    Non so se per qualche metamorfosi di Apuleio, o altro miracolo, forse dello stesso  protettore del posto certo Beato Andrea, (su questo Beato circola anche libro scritto da lui, più per dare omaggio alla sua terra,  che per fede, dal momento che la sua limpida mente razionale e la semplicità del suo cuore non si accordavano nè coi papalini nè coi smantellati), fatto sta che il cane mi liberò dal suo peso tedesco e io lentamente,nsenza guardarlo in faccia potei alzarmi da terra  Mi pareva d'avere il ballo di  S.Vito, ciononostante riusci ugualmente ad arrivare in casa.  Raccontato del fenomeno a Mario che, strano anche lui non disse nulla.  Con noi, in quel tempo, c'era anche Lara il setter irlandese della figlia Tiziana.  Il resto del giorno  lo ricordo come impregnato d'una inquietudine alla E .A. Poe giacché non potevo fare un passo senza avere i "guardiani" ai fianchi.   Arrivò l'ora d'istruire il coro.  Radunati a cerchio, e felici,loro, perchè ignari di  tutto meno dell'ora da vivere in pienezza. All'improvviso Klaus si fa spazio con prepotenza e mi piomba addosso.  Le melodie si tramutano in urla da casa dei matti   "Mario Mario corri vien su" Lui era già lì. Con una voce che non gli conoscevo ingiunse al cane l'ordine di uscire.    Non ho mai saputo cosa avvenne tra il padrone e il cane. Ma da quella volta Klaus si tenne lontano da me pur guardandomi sotto la palpebra.

Ora lui non c'è più  E' morto pochi anni fa dello stesso male che colpì il suo padrone un anno dopo quell'episodio  Diagnosi Insufficienza Renale seguita da infarto fulmine. Così come capitò al mio gatto Omero che lasciò la sua casa d'origine per "scegliere" me nello stesso giorno della dipartita del mio compagno di vita Mario..

A volte ci si domanda perché si creino così strane inspiegabili coincidenze e del perché alle orecchie, nitidamente severi e dolci suonino certe parole, certi guaiti che all'umano assomigliano.


                                                                  



Mirka



"Finale" ( Dal film La mia Africa S. Pollack)



venerdì 7 giugno 2013

"ESSERE" DENTRO AL MOMENTO SENTENDOLO INFINITO



...o divina irrealtà

C'è un piacere quasi sensuale a guardare un cielo che mette brividi d'infinito, lasciare la tana dei ladroni che ci appare il mondo, il male che abbaia per le strade come un cane impazzito e contamina le teste. .  Si diceva la donna sentendosi felice. Eppure non le bastava esserlo e sentirlo solo per se stessa .  Voleva mostrare quella felicità a tutti coloro che incontrava, essere gentile di parola, (a volte non lo era), generosa all'ascolto, (interrompere le era quasi congeniale), buona, predisponendosi ad esserlo veramente  ( perché lei sapeva benissimo che, in certi momenti anche quella che pensava bontà, era compiacimento che s'incammina verso il sentiero che porta alle gratifiche       Ma quell'istante era talmente pieno e bello!    L'aria spruzzava d'alberi in fiore e con qualche frutto, ii rosmarino che faceva immaginare l'operosità di mani, l'organetto del moldavo unito all'armonia di quel cielo e di quella terra improvvisamente senza peso, una bimba che a gran voce chiamava per essere presa in braccio.  "Ecco la vita che io vivo in questo momento e che benedico, anche se domani, sara contraddetta da dubbi e pesantezza per la stanchezza dei troppi sforzi, come lo fu per altri prima di me"  Si disse la donna in quell'ora del crepuscolo, con il silenzio piombato addosso, mentre altre voci diverse e misteriose, quelle interiori che lei ben conosceva, cominciavano a dialogare senza far chiasso.        Lentamente le si chiusero gli occhi.      La pesantezza per la fatica di riordinare i libri  ammucchiati per terra insieme a qualche ormai inutile cassetto, erano sparite e con loro tutti gli altri crucci. Appunto. La circolarità dell'istante infinito.

Mirka

"Suite per violoncello" (Op.72- B.Britten) 





 

mercoledì 5 giugno 2013

IMPROVVISO FIORITO DALLA TERRA DELLE SCIMMIE

ah quante volte lasciai che il pianto s'asciugasse  all'improvviso  sole







Ho raccolto l'aria che sapeva di pioggia e ne ho fatto bevanda per la mia terra arsa. 
 Questo si disse la donna ripulendosi  da una lacrima restata ferma sulla sua lingua infuocata da multiformi ustioni dovute alla speranza.

Bianca M.


"Notturno" (Op 27 N.1- Chopin)








lunedì 3 giugno 2013

SUITE IN DO MIN


 ...nell'assenza di pensieri... fu il suono a vincere  il tempo




Mi pavoneggiavo
 in quel bustino stretto

lo specchio mi rimandò 
la tua immagine

 sorridevi

come un antico sposo
che l'ha messo in conto.



Mirka

"Sarabanda" (Suite in Do min N. 5 -BWV 1011 -J.S.Bach)





domenica 2 giugno 2013

COSA CI FA "LEI" QUI.



...forse non fu neppure la cosiddetta "lotta di classe" ma l'applicazione degli umili testimoni del Vangelo




"Cosa ci fa "lei" qui?  la apostrofò il Don. "Perché?  le rispose serafica la donna. "sto andando in Chiesa. Non vede?".  "Si vergogni! "rossa" com'è fin dove non è ammesso di guardare!".  la fulminò il Don con le braci delle parole Wolverine. "Se ne vada!  Lei sporcherà il santo manto di Maria e di tutti i Santi."  finì la barzelletta il Don, appoggiando la bicicletta sul selciato della Chiesa e mettendo le mani sui bei fianchi solidi come la pietra che mai aveva scavato ma che scagliava con gusto da domenicano prima maniera che, i Torquemada non son presenti solo nel Santo Ufficio consacrato un certo tempo. "Ma che dice, Don, vergognarsi del mio rosso sin dove non è ammesso di guardare?... Sarà anche così. Però Io vanto il bianco delle mani pure rovinata dal lavoro forte. Lei, non so. Il suo "nero" mi ricorda troppo i manganelli come le coscienze sporche di certi solidi imbustati"  le rispose la donna con fierezza, mentre tranquillamente le voltava le spalle e saliva i pochi gradini che la separavano dalla Chiesa, il Don agguantò la bicicletta e come uno spaventapasseri scappò oltre biascicando  giaculatorie inedite come di cornacchia colpita da una freccia ben centrata.

Dai quaderni di mia madre (2 giugno 1952)

E io rileggendo tutto questo, ho pensato che, dapprima, là, e poi  tra loro ci furono martiri soppiantati dai carnefici.  Perché l'orgoglio, il fanatismo, l'ambizione, invasero i sacerdoti del Signore, scambiandosi gli umili ministri dell'uomo e dio in vili cortigiani di un papa, (quelli d'allora intendo)  che Roma non fu più la Città Santa, ma una Babilonia....un bordello, nel dir di Dante e poi ancora del Petrarca.     "Ahi! serva Italia! di dolore ostello, Nave senza nocchiero in gran tempesta, Non donna di province, ma bordello." Dante (Inferno) Petrarca (Rime)

Mirka




"Riso amaro" (Film)