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fiume della vita

giovedì 26 giugno 2014

FRANCO FERRARA UN NOME UNA STORIA













La chiamava principessa. La "sua" principessa di Eboli. Eboli non quella del libro di Storia Sperimentata duramente sulla propria pelle, ma l' Eboli del Don Carlo di Giuseppe Verdi. Io lo chiamavo IL MIO MAESTRO. E quel "mio" rappresentava per me un sentimento di stima assoluta a cui affidarsi totalmente. Credo di non aver mai usato quel pronome personale di appartenenza a qualcuno. Né per mio marito anche se lo chiamavo mio, né per un grande amore. Solo una volta. Ma è Storia di Destino avverso sul quale nulla si può. Sono sempre stata restia a concedere fiducia piena. Parca sino all'avarizia alle sdolcinate del tipo tesoro amore angelo e compagnia santissima. Quindi anche quel l'ammirazione che precede sempre l'entusiasmo, la stima, la fiducia, l'abbandono incondizionato a consegnarsi per lasciarsi guidare, per Lui c'era.  A pelle, e cresciuta durante tutto il nostro percorso. E insieme a tutto questo, la gioia, la spontaneità, l'essere me stessa in tutte le sue forme. Ed era naturale, per me, quando ne intravedeva da lontano l'ombra, lanciare all'aria e a gran voce (col timbro naturalmente ricco di armonici forse dovuto agli zigomi alti regalati da Madre natura) la parola Maestro, corrergli incontro, abbracciarlo o infilare con gesto naturale il braccio dentro al suo. Ovviamente con rispetto. Quel rispetto che teme il sacrilegio per ogni mancanza anche quelle involontarie, uscite così e le tiene d'occhio con l'attenzione vigile che si dà al più esclusivo gioiello avuto inaspettatamente in dono. 
Ciononostante la mia anima era sempre in tremore mentre si osservava a coltivare l'utilità di quel tesoro, per non sbagliare. A venirmi in soccorso fu sempre comunque il mio istinto sicuro che non permise mai la più lieve ombra che si frapponesse a quella luce piena di splendori . Era lui, l'istinto, che costantemente vegliava sulla colpa d'essere giovane. Quasi un'adolescente fatta adulta con un buon anticipo sui tempi, e per rigore disciplinare d'ambiente che mi educò senza mollare un attimo la presa. Così con la più autentica gioia si accingeva a imparare e con scrupolosa serietà si esercitava per mettere in pratica tutto ciò che avevo capito. Strano come anche a distanza di tempo, sia possibile affermare che non mi fu mai difficile comprendere ciò che stavo apprendendo, anzi pareva essere il prolungamento di una cosa mia che non sapevo d'avere ma che mi era stata rivelata. Dio che felicità quando potevo dimostrargli, coi fatti, che stavo operando proprio come lui mi aveva suggerito guidandola su quell'esatto sentiero che prontamente e attentissima stavo percorrendo! 
Non era di molte parole il M. Franco Ferrara, ma nella profondità di quel poco c'era l'essenziale di quello che era necessario sapere. Stava poi all'apprendista il compito di scavare, impegnarsi a trovare altri agganci per sviluppare del suo ancora avvolto dalla nebbia e arricchito da quella guida straordinaria e sicura. Interessante analizzare a posteriori quel legame che così profondamente incise il mio viaggio cominciato da poco. Io desiderosa di conquistarlo, sedurlo e affascinarlo in tutti i modi possedendo lo con quel comune "mio". Insomma da libera e selvaggia com'ero e come sono, avrei venduto l'anima in cambio della sua prestigiosa protezione ma restando me stessa. Io la "sua"allieva, lui il "mio" Maestro. Due persone alla "pari", un cammino "parallelo".  Incredibile ma questa era la realtà percepita allora e che sento nella pelle adesso.  Lo si riteneva inflessibile sul comportamento che doveva unire moralità e senso etico, nelle sue ricerche di assoluto da esigere a tutti coloro coi quali aveva a che fare, allievi e persino maestri già affermati, intimorendo non poco  (si dice, che anche Karajan fosse  preso da nervosismo quando sapeva della presenza di Ferrara), eppure per la mia brevissima esperienza di lui e con lui, posso solo affermare che mai dolcezza più autentica fu racchiusa in quella esigenza di assoluto. Ogni suo gesto diceva questo, la sua "intensità" parlava dello spirito sensibilissimo che era, dell'Alto senso morale che lo animava e che superava di molto i "limiti" del civile, spesso così facilmente imbevuti di ambiguità o sfumati per la ambiguità. Anche questo sapeva il mio istinto pur senza comprendere veramente che la felicità che provavo dipendeva proprio da questo. Adesso so che per vivere,  vera e piena, avevo bisogno di questo, anche solo progettando un'idea per il suo addivenire reale. L'intensità dato dalla assoluta reciproca Fiducia. 

 Come ogni genio  (violinista organista pianista compositore direttore d'orchestra ) il Maestro sapeva raccontare quel tanto da infiammare l'immaginazione che per me aveva il potere di un rito. Un rito iniziatico. Un vantaggio enorme per  una  giovane donna assetata di grandezza come ero io allora.

In seguito... venni a sapere che il Maestro soffriva di una misteriosa malattia nervosa inspiegabile ad ogni diagnosi che lo aveva costretto a ritirarsi al pubblico per dedicarsi a Corsi di formazione orchestrale,composizioni,direzione di colonne musicali per film,ecc. Sodalizio alquanto felice con l'amico Nino Rota e di cui anch'io posso vantare  del l'enorme onore della frequentazione,anche se ugualmente breve. Tra i suoi allievi  Riccardo Muti,  Giuseppe Giglio,  Riccardo Chailly, Daniel Oren, Nicola Samale, Eliaku Inbal, Zoltan Pesko, Franco Petracchi, Gian Luigi Zampieri (l'ultimo) e moltissimi altri ancora.
 Era nato a Palermo. Morì a Firenze a 75 anni stroncato da una crisi cardiaca.  Da poco aveva ricevuto il premio "UNA VITA PER LA MUSICA" accolto dal Maestro con queste parole "forse non lo merito neanche. In tutti i modi ringrazio. Io non so parlare in pubblico. Farò un grande inchino. Non posso neanche dirigere un pezzo per ringraziare".


Una delle più alte lezioni di umiltà che solo gli spiriti eccelsi e liberi dalle pastoie e dal ciarpame della vanagloria possono impartire a chiunque abbia l'orecchio spalancato per accoglierne l'insegnamento. A me l'obbligo di riconoscere il trionfo eclatante del Don Carlos nel ruolo della principessa d 'Eboli dovuto unicamente ai suoi insegnamenti. Per tutti un patrimonio vivo perché non si disperda.


 Perché non è vero che la morte celebra il possesso definitivo della persona ma è solo un'ascesi" di un processo che continuerà a vivere e che mai si identificherà con la morte.

 Così io ricordo
 Le mie meravigliose "Vacanze Musicali" a Venezia. L' essere rivelata a me stessa con una guida così preziosa. Il personale dovere a tenerla viva e presente affinché la speranza possa diventarne sostanza dinamica della continuità di un valore purissimo cresciuto sulla roccia della più rigorosa moralità senza che si alteri la pelle neppure sfiorandola come si fa con un fiore profumato.


Mirka


  "O don fatale"  ( Don Carlos -  G. Verdi)




NOTA: Perché si scrive?... Mi viene alla mente la domanda che posero alcuni blogger sui loro blog tanto tempo fa. Dopo gli anta, e io li ho superati da un poco, non è certo il narcisismo che fa muovere la penna. No. Assolutamente no. O invece si  che  guizza a nostra insaputa in qualche parte del subconscio come quel pesciolino rosso visto nell'acquario di Disneyland non molto tempo fa!?...  Magari sarà anche una vecchia abitudine quella di mettere il nero sul bianco, felici di  farlo leggere a qualcuno che l'istinto dà per certo che lo apprezzerà, ma ho la propensione a credere sia piuttosto la necessità di dipanare il fitto del telo che ha formato la nostra esistenza per rilevare a noi qualche angolo restato ancor nel buio. Senza remore e nella cruenta di qualche verità riemersa a distanza e che noi  si ignorava. Oppure per evitare che qualcun altro 'saccheggi' quello che non sa e pensa essere come l'ha sentita lui. Oppure per vederci come eravamo un tempo e come siamo ora nella dinamicità di un interno che non è cambiato o forse un poco anche si. O perché qualcuno si incuriosisce e senza pressappochismo sia tentato a fermarsi su un dettaglio di quel puzzle strano, particolare e complesso per ricomporre buona parte di un disegno significante con dei tanti possibili, senza la pretesa di obiettività ma dentro la luce di una diversa comprensione data dalla lettura.  Perché fin che si esiste "materialmente" ,  gli equivoci possono essere inseparabili "amici"  (si fa per dire) anche dentro le case e davanti a un profumato piatto fumante. E infine perché si amano le biografie.  Tra i miei molti interessi continua a vivere anche questo piacere del quale non ne ho mai fatto nascondiglio. Un caro saluto a tutti.













10 commenti:

  1. E stato una fortuna avere avuto un Maestro dello spessore di Franco Ferrara in età giovane come la tua di allora. Ma è uguale fortuna poterne rivelare la grandezza con un ricordo così vivo da emozionare anche chi come me non l'ha conosciuto. Un caro abbraccio. Sergio L.

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  2. Sono felice per essere riuscita ad essere sempre me stessa. Emozionare non è mummia nè pasto per accademici parrucconi ma vita che sgocciola fuoco mentre guarda il tramonto. Mirka

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  3. Ringrazio per questa profonda e commovente testimonianza.
    Sono stato il Suo ultimo allievo e, nonostante si avvicinino i 30 anni dalla Sua scomparsa non passa giorno in cui non dedichi un pensiero memore e grato al Maestro per quanto ci ha dato con generosità incondizionata.
    In questo sito ho raccolto ricordi personali, piccoli cimeli fotografici, reperti audio e video: http://francoferrara.wordpress.com
    Il mio lavoro è mantenere viva la memoria del Maestro soprattutti ai miei studenti.
    Gian Luigi Zampieri

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  4. Tutto ciò che collega l'universalità dei valori espressa nella persona di un uomo,grande come il M.Franco Ferrara non può che aggiungere un altro seme di bene che sicuramente prolificherà al di là di ogni immaginata intenzione. Grazie di cuore per avermi segnalato il suo sito nel quale sicuramente vibreranno tutte le note del Maestro a infinita melodia e come monito a non discostarsi mai da ogni cosa bella donata con la coscienza di sforzi continui e forse lasciati al mistero del sospeso a cui nulla si può se non accettarlo con serena fiducia. Un carissimo saluto GIAN LUIGI e a prestissimo. Mirka

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  5. Uno dei più grandi direttori del secolo scorso. L'ho conosciuto solo nelle sale di registrazione. Fu sufficiente per non dimenticarlo mai e dare una svolta a tutta la mia vita musicale ma non solo. Grazie per questo delicatissimo commovente racconto. Monica B.

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  6. La fortuna di certi incontri MONICA,un già predestinato per sconvolgere tutta la nostra vita e dargli la forma di creta pronta per il vasaio. Che cos'è il tempo se non un'idea sulla quale scolpire la luce della memoria che sgocciola freschezza al levar del grande astro come al suo declino per dar spazio a sorella luna? Ti abbraccio,Mirka

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  7. Un grande del secolo da poco passato che brillò di luce propria e facendosi interprete della grandezza altrui facendola crescere di energia vulcanica e splendente via via che ne approfondiva il pensiero,lo spirito,con la la profondità della conoscenza pronta a farsi ancella ma solo per la musica. Grazie per questo post che mi tocca per una viva condivisibile emozione. Franco

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  8. Grazie a te FRANCO per questa reciproca condivisione al di là d'ogni parete tempirale. Mirka

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  9. Ma che bello ripercorrere una strada meravigliosa che appartiene anche a me leggendo questo post. Mi sono commossa da non trovare nessuna parola se non aggiungendo GRAZIE M.Franco Ferrara. E.Santi

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  10. Ciao cara,quando le emozioni affiorano è come se un fiume in piena straripasse senza far male. Ti abbraccio forte. Mirka

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