fiume

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fiume della vita

martedì 10 maggio 2016

LE DIVERSE UMANE REALTA'




Nel palazzo dove abito, aperto da una striscia di cielo e da un tentativo di giardino, incontro il giorno buono o meno sul volto delle persone già affacciate al cancello aperto lentamente  o sbattuto of course con fragore di vetri ostinati a restare in piedi con tutta l'intenzione di prendersi il "loro" tempo.  Ci si saluta come educazione virtuosa ha insegnato, si accompagna il saluto come se si fosse interrotta una conversazione fatta il giorno prima o si accenna un sorriso come si fa a teatro col binocolo.  E' un palazzo tutto sommato, tranquillo, quello in cui abito adesso.  Qualche uccello che canta al mattino e nelle prime ore del pomeriggio c'è sempre, l'abbaiare di qualche cane nelle prime ore della sera anche, e solo a sorpresa delle urla di una ragazzina probabilmente  imparate da genitori non proprio amanti del canto gregoriano, o di qualche giovane gasato di birra e di voglie non risolte che spaccano il collo e non solo la moto.

Per la strada,quando la luce non abbaglia e il vento non obbliga agli occhiali degli spioni, accoglie i colori dei negozi, la vita silenziosa che ci tromba dentro, i banchi del marocchino con le arance più belle esposte a coprire quelle marce, qualche risata e qualche strillo raccolto fra una ragnatela di fumo e una sgommata d'auto, una faccia musulmana sempre pronta come un gatto a capire, sbattendo in faccia ai passanti il giornale o i calzini firmati cotone anzi che nylon, un tizio smarrito e sempre in bilico di cadere al semaforo giallo.

I bar gremiti come pugili d'assalto che arretrano solo per un'occhiata dritta e ferma, teste bianche, rosse e pelate sul gratta e vinci di turno, col cuore che martella desideri messi proprio male se si sentono battere oltre la camicia per smettere poi  come se davvero ci fosse il morto. Spesso mi viene da piangere per loro e insieme a loro. 
 L'improvviso di spalle, a volte, mi raggiunge a sorpresa di cielo, guizza d'anguilla il sangue, mentre cospira il tuono sul filo di una sotterranea corrente, nel mentre intenerisce la memoria e il cuore su quel passo lento come chi viene da molto lontano e da lungo viaggio, apparendo come la più bella e lieve nuvola sorta da chissà quale arcobaleno, portato su ali d'aquila reale di un tempo che fu e  che ora nel l' ora presente scarti  se non per concentrati visioni di superbo volo.

I bus vecchi come il Signore non più onnipotente, buoni e giusti  solo per l'Odissea spietata della schiena e delle budella, ( incerta molto la vittoria), i fiumi umani dagli odori più svariati di cucine grasse e speziate, alle tracce del nero del cemento, il sudore del lavoro. Un palcoscenico di comparse i cui protagonisti principali sono i cellulari,  qualche pantalone gonfio per lo struscio fugace e voluto di una mano allungata, subito afflosciandosi senza la posata farfallina.  Mascelle irte di peli e dure anche nel sonno di teste danzanti il ballo della salsa.   Sono pochi quelli che ridono se si escludono i ricercatori di chat. Qualcuno crede di parlare al suo vicino senza accorgersi del monologo che ha imbastito come  fanno i matti.   Un bambino cinese ingurgita Coca Cola, rutta e si diverte a chiedere scusa alla madre. Mi fa ridere quel gioco ancora abbastanza innocente e rido. Altri bimbi, dai colori più svariati sgambetta su enormi passeggini che bloccano l'uscita sotto l'occhio compiaciuto di papà e mamma. Stringo la fronte e penso che ci vorrebbe poco chiudere il passeggino, prendersi in braccio il pupo e lasciare libera la via ma... Ecco l'umanità che ogni giorno incontro.   Eppure lo stupore in agguato mi prende come un violino di antica risonanza arrivato alle orecchie della mia memoria, quando qualcuno sbatte gli occhi su di me, giovani o vecchi che siano e immediatamente mi cedono il posto e io penso  caspita sono  diventata una  Rita Levi Montalcini o improvvisamente molto sfortunata...  o quando gli occhi mi cadono su persone di ogni età  con le poesie di J. Keats fra le mani, un saggio di Z. Bauman,  un libro  di S. Màrai.  E guardo e strani ti gli occhi, indugio a guardare senza vergognarsi per l' insistenza e mi dico  No.  Nulla è  ancora veramente perduto. E' solo un poco logorato il tempo, per troppa inerzia, per molta pigrizia delegante, il troppo lavoro che non piace o fatto solo per soldi  oppure preoccupati  seriamente per un contratto in "forse"  o     per  Catene alle Ali.   Così mi si rinfrancato si fa il passo stanco e torno svelta sorridendo a casa, orgogliosa e fiduciosa che,   Eppur Si  Muove  anche se da sveglia non ne avrò certezza né conferma.


Mirka ( Zorba) 




"Io non mi sento italiano" (Giorgio Gaber)






9 commenti:

  1. Carissima,come tuo uso hai descritto in modo molto colorito un'umanità grigia. Le realtà umane che ci circondano ci raccontano di un palcoscenico dove si trovano le figure di sempre. Alcune predisposte a concedersi al dialogo,qualcun altro chiuso nella sua arrogante prepotenza,qualche rarissimo caso in transito dal tempo ma con un'alone di splendore,altri che si fanno guidare dalle illusioni su un vano pensiero inutile e sciocco. Poi ci sono gli schiavi che lavorano per i padroni di sempre,la femmina e il maschio sempre più impudichi e sfacciati,e quelli che si orientano alla cultura come "scelta" di bene perchè sa che quello sarà l'unico potere capace di sconfiggerne un'altro. Affettuosamente ti abbraccio. R.S.

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  2. Che bello saper godere di ciò che è appagante percependo il piacere reciproco e col rispetto dovuto a ciascuno. Purtroppo per molti manca l'uno e l'altro. Continuiamo a sperare nel virtuoso della educazione e in chi legge per farne tesoro e aprirsi a un nuovo modo di vivere. Liliana

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  3. Un post che riflette chi siamo,dove andiamo e la virtù capace di governare se stessi con una buona cultura tenendo separato il resto che non gli appartiene in una descrizione perfetta. Complimenti. F.

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  4. AMICI CARISSIMI, GRAZIE GRAZIE PER I VOSTRI APPORTI PREZIOSI. Li terrò a cuore e in memoria come se fossimo tutti e tre a parlarne come da tempo antico. Baci e brndisi gustato col dovuto rituale del silenzio

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  5. Un'umanità informe senza l'ombra della felicità addosso. Precari in patria e schiavi del nostro tempo,con una politica che legittima l'inciviltà esaltando il privilegio del più forte,incentivando la furbizia più che la coscienza del rispetto,i falsi idoli come obiettivo e scopo. Ma...speriamo in quel "eppur si muove". Salvatore

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  6. Grazie Salvatore. Mi fermo al tuo Incipit "Un'umanità informe senza l'ombra della felicità addosso". E rifletto sul "Buon Uso Della Vita". Ancora grazie, Mirka

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  7. L'umanità è questa. I bisogni di sempre,un pò di sfrontata anarchia,la parvenza d'una intolleranza per ogni costrizione,il sogno (notturno) della libertà. Paolo P.

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  8. Questo post evidenzia una realtà scarsa di coscienza gia chè la coscienza è la memoria della società fatta propria dal singolo individuo. Un caro saluto Mirka. Salvatore

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  9. La coscienza Salvatore pare terra di nessuno, oggi, anche se di "qualcuno" continua il duro esercizio confinato all'isola di S. Elena.

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