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fiume della vita

mercoledì 24 aprile 2013

25 APRILE 1945-ALCUNE RIFLESSIONI-LE DONNE.

Sempre in testa le DonneA combattere coi fatti, a rivendicare diritti giusti, nel silenzio di se, sempre oscurati se non addirittura cancellati.

...Sporco trucco la guerra! A ogni cippo un pensiero, un grazie, una prece piena di "fisica realtà"  fatta di un bacio, una stretta, la considerazione più alta che si dà a un homo.




No, il 25  APRILE DEL 1945 non è un film anche se su quella data ne sono stati fatti tanti di films. Ma una realtà del nostro Paese chiamato Italia.

Si usciva da una guerra, con i partigiani ancora feriti in qualche ospedale, tanti i morti dopo essere stati incarcerati, torturati dalla ferocia fascista. Spesso solo per un motivo, quello d'essere di opinione diversa, d'essere comunista o rivoltoso al regime di dittatura che imperversava da anni.

L'aria era calda, quel giorno, mi raccontava mi madre. Pareva che il sole si fosse inchiodato al centro del cielo, ma senza far chiudere gli occhi a nessuno, quasi fossero diventati coscienza piena da contrapporsi allo stesso cielo.  Noi in festa e impazienti di recuperare ogni attimo messo ai sospiri, alle lacrime, al cuore appesantito d'ansia, di paura e d' angoscia, rifarsi di giustizie negate, fare esplodere i sentimenti migliori come fa la primavera col polline, i fiori, i frutti, la spiga ancora verde.   In tutti i volti che spingevano le bandiere o dietro le stesse, l'orgoglio d'aver fatto il proprio dovere per salvare il Paese e conquistarsi la libertà così duramente violata. Ognuno con le sue personali esperienze umane, con verità ingigantite o minimizzate secondo a fili spezzati e poi ripresi.  E questo lo si poteva vedere negli occhi duri di chi ti stava vicino, nel l'allegria infilata nelle buche delle guance scavate, nei grembiuli delle "sdore" messo sul vestito buono, sulle schiene alzate nello sforzo orgoglioso di ignorarne la rigidità che volentieri si sarebbe un po piegata.  Anche le gonne sventolavano come le bandiere tenute saldamente in mano. I berretti in testa agli  uomini coi calzoni troppo larghi ma puliti, qualcuno con la pelle della faccia rigata, i calzini colorati e corti delle donne,  la camicetta aperta per lasciare vedere una sciarpa rossa. E ogni cosa pareva animarsi di esistente con un'anima dentro anche se qua e là si poteva scorgere una piega amara come doppia bocca che scandisce la colpa per essere riusciti a restar vivi al posto del fratello o del più caro amico.  Perché la ricucitura dolorosa delle ferite e degli strappi, consolida sempre un po di colpa o la rimozione di qualcosa che fa male...

Ed è rivivendo quel 25 aprile del 1945 attraverso le memorie di mia madre che con rischio di vita altissimo e consapevole operò dandone testimonianza orale a me e ai suoi nipoti  e lasciandole nei suoi quaderni scritti con la sua scrittura fine che mi vien fatto l'associare alla Resistenza il valore della donna così a lungo sottovalutato, spesso persino messo a tacere dai figli o dagli stessi mariti quasi fosse colpa da nascondere quel coraggio, visto più come un'infrazione di un modello circoscritto all'angelo che silenzioso protegge il focolare e non come assunzione di responsabilità cosciente e capace di pagarne ogni conseguenza. 

Credo che, questo voler costringere la donna a soggetto passivo e incapace di scegliere anche a costo della vita, nell'operare responsabile per il bene della collettività, (nello specifico, per la libertà del proprio Paese) sia da considerare come la cosa più offensiva ed arrogante, allora come oggi. E qui vien fatto di pensare (io penso) che il processo verso un percorso di libertà delle donne sia rappresentativo, soprattutto in quel periodo, ma non escludendo l'oggi, di un agire, per il loro sesso, innaturale, da incoscienti se non addirittura da cretine, come se il rischiare consapevolmente la vita, l'avere paura e affrontarla, non fosse una forza reale e morale, ma un anelito  (desiderio) a una più piena e totale libertà verso una emancipazione da tenere a freno. Perché se questo fosse, la conseguenza sarebbe stata quella di  oscurare il potere maschile a favore di un familismo o paternalismo, abolendo così l'azione della donna se non addirittura cancellandone persino la memoria sfigurata dal l'anonimato.

Anche le donne dovrebbero ricordarsi che, venendo a meno tra loro la solidarietà, inevitabilmente verrebbe a meno ogni carattere civile di resistenza, consapevoli, comunque che, questa si trova sempre nella forza singola prima ancora di formarsi collettivamentecome scelta, appunto, di non lasciarsi schiacciare.

Ecco come io festeggerà il 25 aprile. Ricordando mia madre.  Ogni Donna della Resistenza di allora e di oggi.  Cantando per la conquista di un'emancipazione a caro prezzo pagata.  Una libertà da ogni sudditanza e arrogante schiavitù anche se in gabbia dorata, forse votata ad "altra" morte, si, ma liberamente e consapevolmente certa della giusta scelta.

Mirka 









"Litany" (Vassilis Saleas -M.Theodorakis)








Le foto appartengono all'archivio storico di Novellara (R.E.)

14 commenti:

  1. Bellissimo post, questo, che rende giustamente onore alla memoria di tua madre. C'è solo da leggerlo per poi riflettere, in tempi come gli attuali. Ma la MEMORIA VIVA di uno dei pochi moti di fierezza del popolo italiano non è in svendita. Aggiungo solo che uno dei libri più belli da me letti è per l'appunto LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA ITALIANA. Un abbraccio

    Andrea

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    1. Grazie di cuore ANDREA.Un caro abbraccio e...sempre un'evviva malgrado tutto e ciononostante?...Mirka

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    2. Bello. Ridona il "senso" dell'unione per avere lottato" insieme perchè la guerra,la distruzione,la morte e con se, le sofferenze ingiuste e imperdonabili inferte a degli innocenti e a degli inermi,diventasse l'inizio di una nuova primavera,non solo per crescita "responsabile" ma nell'operare sui cuori e sulle coscienze. Rivalutando la presenza femminile,con nuovi importantissimi significati attraverso e dentro la "rivendicazione di diritti" fondati anche sull'esperienza personale e politica del presente come progetto di società futura e al di fuori da ogni ruolo tradizionale non è che portarne alla luce anche l'intelligenza e capacità ad operare in tal senso. Salvatore

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    3. Sempre aggiunte preziose,SALVATORE! Si,credo sia una questione di identità creata da una comunanza di età,dentro a un'intreccio instricabile tra morale,spinte pulsionali naturali di schieramento, politica,in alcuni già delineata come orizzonte,per cui l'opzione ideologica si pone come questione di coscienza da difendere a costo della propria vita,affinchè sui fondamenti di quella ideologia,si crei la possibilità che questa possa essere,nel futuro,liberamente espressa e praticata.Ma quanto tempo ci vorrà perchè si realizzi a vera realtà?...Credo che la lotta,questo tipo di lotta, resterà sempre aperta.Grazie infinite per l'ottimo supporto.Mirka

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  2. Sono complesse le motivazioni che spinsero le donne a combattere contro il fascismo e i nazisti.Un intreccio di concause,certamente,ma pregnante il senso di sè, della dignità,dell'orgoglio di chiamarsi donna,non come soggetto passivo,come tu giustamente hai detto,ma come soggetto attivo e non solo succube dei ruoli imposti dalla tradizione di quel tempo o dalla chiesa stessa,allora molto forte e dominante.Spesso però,il coraggio e la combattività a quelle donne,soprattutto se erano comuniste,veniva ,non solo come realtà della doppia oppressione della donna nella società,ma soprattutto con la consapevolezza che esiste una forza femminile a cui attingere per combattere quella oppressione e per consentire a ciascuna di "scegliere" la "sua" idea di libertà. Ecco il "valore" e la "dignità" del proprio sesso. In Emilia tutto questo era molto sentito. Bellissimo post,Mirka che porta a riflettere sul tempo d'allora, su quello di adesso. Ti abbraccio.Grazia

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    1. Vere e acute le tue analisi GRAZIA. Essere comuniste per le donne di allora,era un compito che impegnava tutto l'essere per un progetto comune che fa vedere le donne come parte centrale di formazione dello stesso,ma con enormi difficoltà per la donna, dovute alla diffidenza degli organismi dirigenziali coi quali bisognava fare i conti e,che ne limitavano la reale libertà d'espressione,essendo essa valutata più come "forza portatrice", meno per il valore personale visto se non addirittura con fastidio...Abbraccio fortissimo e...sempre Evviva.Mirka

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  3. Interessante documentazione e riflessioni.Credo anch'io che per le donnea farle schierare contro ogni angheria,ogni violenza,contro la dittatura fascista imperante,forse senza neppure rendersene veramente conto perchè lo facessero.Un 'antifascismo per istinto più ancora che per formazione di coscienza. A volte però, la famiglia e la società erano strettamente connesse e non in contraddizione fra loro o con l'idea del mondo,cosichè la lealtà "familista" è semplicementeuna premessa per quella che diventerà una forte coscienza civile,nel ricordo di una lotta disinteressata condotta a costo di sofferenze e discriminazioni,più per imperativo morale,di fierezza di sè, dando l'avvio a una volontà che ne avrebbe determinato la scia a proseguire,scegliendo la propria autonomia di scelta,consapevole anche se irata di ostacolo d'ogni tipo,di pregiudizi pressochè impossibili a morire. Questo post mi trova d'accordo su tutto.Un grande abbraccio. Maria R.

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    1. Spesso la presa di coscienza è da collocarsi ai tempi bambini se non all'infanzia stessa,nei ricordi delle ingiustizie subite,l'aver avuto a che fare coi "padroni" ,la violenza fascista usata come mezzo di arroganza e potere per far tacere,col bastone le antipatie personali dando il diritto all'esercizio di violenza,verso chi si rifiutava di prendere la tessera del partito ,o discriminando le classi o le razze,o verso chi si opponeva per idea contraria manifestandola anche civilmente ma con il coraggio che gli veniva dalla sua dignità e convinzione. Cito un caso della mia famiglia.Uno zio moriì in seguito la ferocia delle bastonate infertogli dai fascisti solo perchè apertamente si diceva anarchico. La battaglia comunque non si chiuderà mai.Anche se in altre forme,anche se in modo subdolo e strisciante,anche se esercitato con l'unto sacrale..Un abbraccio caloroso e anche a te,a NOI, sempre un'Evviva malgradotutto eciononostante.Mirka

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  4. Per capire a fondo una questione storica di questa portata basta fare riferimento anche a coloro che scrivono, alle loro riflessioni intorno alla lotta delle donne e non solo intellettuali o uomini impegnati nella politica, ma anche artisti o scrittori… che hanno seguito con sensibilità e profondità l’istanza della liberazione femminile.Tu , carissima sei uno splendido esempio di donna artista impegnata nel Sociale sulla scia della tua splendida mamma.Un abbraccio
    Con affetto, Mary.

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    1. E' pura verità quella che dici e affermi,cara carissma MARY artista impegnata nel sociale come sono stata io e tutt'ora sono sino a che gli occhi..Grazie,Mirka

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  5. Bellissimo post dove la figura femminile è riportata alla luce per i suoi immensi meriti,per il coraggio,la responsabilità,la forza interiore e fisica,la capacità di organizzare altre donne mentre le formavano in vista di una futura emancipazione che l'avrebbe inserita nella società civile e politica,dandole parità di diritti. Concordo pienamente con quello che ha scritto Nugae.Ti abbraccio.Debora

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    1. Hai centrato l'essenza di questo post DEBORA (e come poteva non esserlo per una donna come te che da sempre si occupa di giustizia e di diritti lesi?) Per le donne di quel tempo (ma non escluderei la partita aperta anche oggi) spesso si combatteva a doppi colpi.Uno contro i fascisti e gli invasori,l'altra contro il meschino potere degli uomini quando lo usavano,lo usano per imporre un diritto di possesso,.Nell' arroganza a far sentire una pseudo superiorità insita nel loro sesso,con le gocce psicologiche dispensate quotidianamente a mò di ricino per umiliare o svilire la fiducia del valore femminile,a vanto d'una maschia forza che deve avere sempre la meglio persino su una riconosciuta intelligenza.Ma...sebben che siamo donne paura non abbiamo abbiam delle belle buone lingue ecc ecce.Un bacio,Mirka

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  6. Le donne! Che meraviglia di coraggio,di resistenza,di pazienza,di sopportazione,di luce nel buio dell'anonimato quotidiano! E quanti pregiudizi di diversa natura,con forti dubbi sulle loro possibilità ne hanno ostacolato l'autonomia impedendo loro l'apertura ai settori dominati dagli uomini (politica,imprenditoria,amministrazione,nel campo della cultura ecc). Fa eccezione il campo dello spettacolo,forse perchè considerato una specie di "porto franco" per lo sviluppo della personalità femminile,al di fuori del suo destino di moglie e madre. Spesso ammirate non solo per il fascino esercitato e il talento artistico,ma anche per la vivacità intellettuale e sociale,tanto da influenzare altre donne,la politica italiana. Se pensiamo a come stimoò la musica di Verdi Giuseppina Strepponi,ad es. ,la funzione primaria di Adelaide Ristori nella trama di contatti diplomatici e politici di Cavour che,successivamente,condusse all'Unità d'Italia,per arrivare alla Callas,alla Tebaldi,allaSimionato,nella canzone Carla Boni,la Flo' Sandons,la De Angelis,la Pizzi che,negli anni cinquanta espressero così bene l'Italia povera d'allora,ma genuina e ricca d'iniziative che avrebbero portato ai famosi anni settanta con Mina,Milva,Orietta Berti,la Vanoni ecc. E che dire del cinema a cominciare da Anna Magnani,la Lollo,Sophia Loren,l'indimenticabile Claudia Cardinale,la splendida Vitti,la nostra Melato?...E le due registe? la Wertmiller e Liliana Cavani? Idem per la scenografia (Suso d'Amico) per la danza (Fracci) ,le concertiste (Ornella Puliti Santoliquido,Marcella Crudeli,Pina Carmirelli?...Ah! le donne!!! Bel post davvero. Un bacio.Beatrice

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    1. Grazie mille BEA per il prezioso contributo a questo post. I pregiudizi furono il fondamento spietato per giudicare la donna incamminata a calcare le scene nel teatro, come nel canto,equiparata nella voce popolare a quella della prostituta,fin dall'inzio dell'ottocento (vedi Strepponi) e più indietro con Isabella Andreini e,in tempi ancora più recenti, quando anch'io cominciato gli studi di canto dovetti fare i conti con la famiglia del mio fidanzato perchè paragonata alla stregua d'una "ragazza persa". Solo da poco quei vecchi pregiudizi moralistici e bigotti presero la via della razionalità dando loro la forma e lo spessore di cultura, il rispetto doveroso e dovuto per aver valutato l'ineccepibile professionalità accompagnata da un'osservanza "veramente" morale costruita e conquistata attraverso l'esercizio di un rigore difficilmente lasciato in balia a frivolezze. Ovviamente le eccezioni di trasgressione non mancano anche qui. Ancora grazie e un'abbraccio fortissimo.Mirka

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