fiume

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fiume della vita

domenica 27 ottobre 2013

QUEL DISCO IN MANO OVVERO L'IMPORTANZA DEL PERDONO



"Resta seduto al tuo tavolo e ascolta--- devi solo aspettare, stare tranquillo, immobile e in solitudine. Il mondo ti si offrirà spontaneamente per essere smascherato, non ne può fare a meno, si presenterà ai tuoi piedi". (Franz Kafka)




Lascia che la natura faccia il suo corso. Lasciando che ogni cosa si comporti in conformità con la sua natura intrinseca, tutto ciò che deve essere fatto sarà fatto. (Lao-Tzu)



A volte torna quel lampo  e così ti domandi perché quel giorno fosti così  restia ad accogliere l'invito di conciliato ripudiandone l'abbraccio.        A volte torna prepotente a bussare alla porta del cuore come lombrico che strisciando diventa dente di leone.       A volte torna come lampo che annuncia il temporale sparandosi la glottide, rompendo la falsa quiete dei pensieri che convinsero l'orgoglio d'essere nel giusto più che l'istinto in trionfatore di misericordcompagna a scorrimento di legge nelle vene.

E' vero che il male c'era stato e scheggiato di vetri aveva lasciato la strada in salita, già verde di prati, coi fischi del vento Zeffiro lusinghiero a compagnia,  e poche nuvole in cielo se non per prove affrontate e vinta.     Eppure le scaglie di ferro furono seminate e fecero danni a un cammino cominciato con passione , preparazione da campionati in sicurezze di maratoneta deviandola ad altro.     Ero si molto giovane eppure la Fenice  (teatro) era già casa se.         Ricordo come fosse ora.   
      
Passò del tempo e si continuò a marciare ignorando le piaghe,  la rabbia da Impotenza, scivolando in liquida danza di gamberi nei suoni della piccola orchestra che "qualcuno" ne guidava il preciso ritmo, perché il ritmo di quel l'insieme orchestrale era fatto da un'unica anima e ventidue corpi.       A volte ritorna alla memoria, e il furore ti prende come allora, ma sei "qui" , e bene o male, un bel pezzo di strada l'hai fatta, e dignitosa per giunta, sentendo sempre la terra a palpitazioni con gazzelle attorno, rubando comete nel regio del fuoco .   Allora devi benedire più che  farti oscurare il viso mi dico.

Fu davanti a un cinema.    Si aspettava l'autobus.    Tu da una parte del marciapiede, io dall'altra.      Ti vidi e compatta mi sono trovata impolverata di rosso porporino.    Pensai  "in questo modo lo ignoro  e sarà questo lo schiaffo che avrei voluto dare in quel tempo",  per averne volutamente bloccata la strada già sicuramente  luminosamente tracciata.       L'elettricità era nell'aria. Tu cercavi di infrangerle come un uccello tessitore quando da altezza di foglia rompe il digiuno e canta.      In bella vista un disco.     Feci a tempo a scorgerne il titolo nei suoi caratteri cubitali.   "I virtuosi di... e subito dopo un nome".   Un nome talmente "familiare" da sapere anche non vedendolo..        Il tuo era un gesto chiaramente conciliativo spalmato su labbra umide e in ascolto d'un alfabeto braille.     Stavo per cedere all'abbraccio del perdono ma.... mi si parò davanti l'autobus.     Il 78 lo ricordo bene.   Così salii con passo svelto, e i polmoni pesanti di fresco rancore pur nella sua giusta ragione ma già in dissolvenza.       Un mese dopo seppi forse anche  per lettura di giornali non ricordo bene, che la morte ti aveva accolto mettendo fine a una malattia dolorosa e affrontata con coraggiosa silenziosa dignità, lasciando invece a me il disturbo di un colore morto  accantonato dentro a un mucchio di foschia sfrigolante, a volte, come upupa per aver mancato all'appuntamento col perdono.     Avrei almeno creato erba medica per entrambi, se il mio orgoglio non avesse germinato gramigna invertendo la spontanea generosità del gesto ritirato dentro all'osso e nel midollo. 

 Mi dispiace che, se così non fosse non sarei qui a scriverlo senza alcun pudore.       Non sapevi che il male lo tesseva a te più che a una foresta disseminata a polveriera com'ero io allora... e che ora continua col tarlo del tarlo del rimpianto.  
  
Dovevo crescere per capire che, donandogli un sorriso sparato come fanno i fuochi d'artificio nel mare e visibili per chilometri e chilometri e con la gente che  li inseguono come varianti di magie o come orologi di sole sarebbe stato buono.     Buono per un cammino più libero e non con  l'impellente bisogno di riportarlo alla memoria spingendoli ad affidarlo al cartaceo dei miei diari, a un mezzo virtuale, affinché qualcuno, che sa, o che si trova a passare, stupito lo raccolga e mediti, se crede, o lo tenga per quando sarà venuto il tempo anche per lui, quello che io ho sperimentato con l' importanza del perdono.      Perdono che, pieno e senza indugio assolva da ogni possibile colpa, involontaria  (dubita non poco) non, e da me tenuto così a lungo nella grigia dimensione del rimosso.       Perché, se voglio essere onesta, questa rigidità a non concederlo, io lo sentivo come un cancello chiuso (anche se a livello inconscio) che  impedisce la fluida leggerezza, consapevole, da qualche parte, che "qualcosa" accomuna sempre l'uomo, nel bene come nel male.    Anche per la razza dannata di chi come me è poco incline ai compromessi. e, che, qualora non lo si riconoscesse in tempo, anche un cristallo purissimo potrebbe diventare palla che gira su pantano inaridito di inutili lacrime.     Perdonare non è mai presto, tardi se si indugia come sovente si fa, come ho fatto, pure ascoltando una vocina allo sbalzato del danno ricevuto, che mi dice di lasciare il perdono al Superiore bilanciere più che alla bontà del mio cuore.

A volte, come oggi, capita di pensare d'essere vivi.    Che si è restati  in piedi con l'odore selvatico dei lamponi appiccicato alle narici, della grandine che un rovo ha scorticato le ginocchia, un poco d'amaro regolato su un'ora di orologio.      Un viaggio con molte stazioni e poche soste.  Sette cadute e un'ottava per rialzarsi.     Un vagone pieno di sogni con un buco dentro, la memoria implacabile per maturare nel  cuore e nella mente.      Senza far rumore per non svegliare i morti. Oppure si.    Magari li faremmo piangere.    Per noi più che per loro.        E questo sarebbe l'atomo di bene e fortuna che, ancora loro ci regalano per riparare con un Credoun  Pater, un Ave, usciti dal fondo, perché a qualcuno bisogna pur dirlo, sentenziava con dolcezza il mio amico Gilberto esperto in terapia di dolente umanità anche e qualora negando il sorriso del Perdono.

Mirka
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"Intermezzo"  (Cavalleria Rusticana- P. Mascagni)









17 commenti:

  1. Quanto hai ragione... e quanto c'è di cuore, di compassione, di perdono nell'intermezzo della Cavalleria

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    1. Si Marzio. In questo Intermezzo c'è la passione,il cuore, che precede la mestizia della fine con lampi di luce che illuminano le tenebre prima di rivelarle a noi nella profondità immensa che così spesso le cela.
      Mirka

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  2. Val sempre la pena cercare di sciogliere un nodo prima che se ne aggiunga un'altro ancora più grosso,ancora più intricato. Fatto...quello che ne consegue non è più affare nostro. Un post molto umano e toccante. Un caro abbraccio.Salvatore

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    1. Il nostro,nel dopo, SALVATORE sarà quello d'aver provato a seminare altro, con un pò di mal di denti e la licenza di sciogliere con molta calma i lacci grovigliati delle nostre scarpe mentre arriva il segno di una rustica pietà. Grazie infinite,Mirka

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  3. Perdonare non vuol dire scordare il male subìto...è piuttosto conquista di tolleranza che cambia la vita. Eppure, talvolta, gli eventi, fuori, devono fare il proprio corso...perlomeno prendere coscienza, a questo punto, della facoltà di perdonare; porsi in discussione da questo punto di vista; in attesa che il tempo faccia il proprio dovere di chiarezza; è buona cosa, infatti, non pretendere troppo da se stessi. Un post stimolante il tuo, tale da stimolare in me queste riflessioni in ordine sparso...

    Andrea

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    1. Già il Tempo e lo spezzarsi di un'incantamento che ti trasformava in cavallo da galoppo,ANDREA che ancora per poco scalpiteranno in echi col tuo stesso cuore che batte saltando un colpo perdendo il ritmo del galoppo.
      Mirka

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  4. Perdonare chi ci ha ferito profondamente o "tarpandoci le ali",è un'impresa enorme e talmente faticosa che,forse,si potrà risolvere in punto di morte.Però tu sei ancora viva e hai perdonato perchè sei buona. Un fortissimo abbraccio.Elsa Fonda

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    1. Impulsiva,schietta sino ad andarmi contro si,e buona quel tanto per credere che Provvidenza,Dio o chi per esso l'abbiano in conto di promessa che "delude sempre". Abbraccione,Mirka

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  5. A "quella" persona gli rodeva la coscienza e ostentando quel disco ammetteva il suo errore,il desiderio di porvi rimedio chiedendoti di perdonarlo.Tu l'hai capito,ma non eri ancora pronta a uscire dal conflitto tra ragione,istinto,dolore probabilmente ancora vivo. Sei sincera e non potevi far finta. Il tempo (lungo) te l'ha concesso e hai vinto. Un caro abbraccio.M.Berni

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    1. Non si vince con chi è morto,Monia,tuttalpiù ci si aiuta a mettersi in guardia all'appuntamento prossimo presente che puntualmente fallirai perchè distratta. Bacio,Mirka

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  6. Perdonare è la più faticosa e dolorosa delle conquiste.Speriamo di riuscirci, attraversando il sentiero del distacco,della lontananza,dell'indifferenza,della pietà,e alla fine con una preghiera fatta "più per noi che per loro". Affettuosamente l'abbraccio.Enrico S.

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    1. Grazie ENRICO con tanto di vapore e vento in poppa. Mirka

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  7. Un post che al momento non fa per me. Io chiudo con chi mi ha fatto del male e lo cancello perchè la vendetta non rientra nella mia natura. Un abbraccio.Grazia

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    1. Ti capisco perfettamente GRAZIA. A ognuno il suo viatico o la sua catena che presto butterà scegliendo la libertà del volo. Mirka

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  8. Col tempo ci si chiede solo perchè certe cose andarono in quel modo,poi la rassegnazione per una volontà superiore che comunque dirigeva al perdono. Un bacione.L.S.

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    1. ...e un pò di rimpianto L. per non averlo fatto coincidere col tempo interno.Baci,Mirka

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  9. La nostra vita è sempre legata ad alcuni incontri pilastro che ci segnano con una forza straordinaria nel bene o nel male. Ci sembra allora d'essere diventate altre persone. Un punto fisso da cui riprendere il cammino,con la fatica di lavorare su un rancore che c'ha indurito dentro e che per molto ci ha impedito la scioltezza che reca il perdono,fintanto che la maturità ci aiuta a nascere nuovi. Un bel racconto in cui ti si legge in pieno. Vittoria

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