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fiume della vita

giovedì 8 maggio 2014

QUELLA INUTILE VESTA SCULLATA

C'est, perfois, tout ce que nous reste.






 Mi raccontavi che, "dopo" ogni trasgressione ti quietavi.        Io assertivo perché empaticamente ti capivo, mentre nel cuore si apriva a me l'inquietudine per un destino già segnato.  Così simili e così diversi a camminare insieme su una strada che portava al fiume su rive che si univano solo per arginare l'impetuosità dell'acqua.    E dicevi di colonie passate davanti a te.  Volti, tanti, tutti, quasi tutti, senza sorrisi, e non ti accorgevi  che ferivi l'unico sguardo "giovane"  che ti sbatteva in faccia come un sole spavaldo d'orgoglio ma oscurato dall'ombra di un salice.   E pensare che per te avevo messo il mio abito più bello.  Quello più scollato.  Chissà perché all'improvviso mi trovo tra le labbra quella vecchia canzone, forse, cara pure a te. "Te si fatta na vesta scullata, un cappiello un 'e nastre...
E' vero, fui cieca di seconda vista, in quel tempo, ma nell'ora presente, tutto è impresso su pellicola e mistero senza titubanza di domanda, indifferente alla risposta.
E' incredibile come certe ferite possono prendere quasi stabilità di calco come da cemento,  per rinascere così, senza un motivo preciso, in un giorno di maggio, sulla vibrazione di un'eco o su una nota perfettamente intonata lasciata come conchiglia scheggiata sulla spiaggia dopo l'alta marea trovata in invernale stagione.






Mirka





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