fiume

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fiume della vita

lunedì 30 marzo 2015

UNA CAMMINATA QUASI TRANQUILLA



Roma pare sempre un giorno di festa. Di sabato solo un poco di confusione in più. I sampietrini quelli di sempre per scarpe comode. La carrozzella che aspetta.. Un sorriso mi riporta a qualche anno addietro, la mia testardaggine a salita, l'imbarazzo del giovane tenente ad accontentarsi. I marciapiedi scomparsi per la gente che stra borda e che i due bordi del gran fiume unisce. Fiume di un'umanità vociante e variegata. Questo è ciò che provo da sempre. Dall'altro lato di quello che doveva essere un marciapiede e che ora non è più, sbuca la testa di un amico perso nel tempo. Ci salutiamo con la mano, ma i passanti ci separano e di lui resta solo l'ombra di un ricordo chiaro. E' ancora un bell'uomo. Il tempo non ha lasciato tracce devastanti sul suo volto. Un lampo mi attraversa la memoria. La  "linea di confine" che lui metteva sempre nei rapporti con l'altro sesso. Quasi per un'oscura paura di perdersi,i miei affettuosi rimproveri molto vicini alle "prese in giro" per quelle strane ossessioni.  Chissà se ha imparato a concedersi, ad amare!  Diceva di annoiarsi e allora per uscire dal tedio ricorreva agli eccessi. Lucidamente e sempre in delirio. La folla comincia a darmi fastidio e mi innervosisce. Odio la confusione,così s'immette in una stradina laterale al lungo Corso che da Piazza Venezia finisce a Piazza del Popolo.  Via Della Vite mi cattura con le sue vetrine  e i suoi balconcini. Ammiro. Sogno. Sospiro e,senza rendermi conto sono in via Fratina. All'angolo,un suonatore di sax. Ha l'aspetto di uno che dalla vita non chiede altro che questo. L'invidia un poco e per poco mi fermo ad ascoltarlo. Proseguo senza indugiare come se avessi preventivato ogni itinerario e meta. Ma è semplicemente una forza d'abitudine quella che mi spinge. A via Della Croce passo davanti al Re Degli Amici. Sono le 16 e a quell'ora ci sono solo i camerieri che trafficano. Però mi rivedo a uno di quei tavoli, col piatto che fuma, il vino rosso che l'accresce, il piacere nel silenzio di quattro occhi felicemente complici.   Ma eccomi in via Vittoria.  Accademia di S. Cecilia e un numero 62. Cerco l'ultimo piano di quel palazzo sontuoso e che adesso mi è completamente estraneo. Allora nella sua povertà c'era la vita vera e dinamica di un popolo talentato e ricco di artisti  come gli Attardi e i Monachesi  i Ghiglia sorridenti anche quando per mangiare dovevano portare all'oste uno dei loro quadri. Nell'aria e dentro le stanze poi vibrava sempre l'elettricità. Lì non si conosceva la morte o meglio se arrivava era per chi era già usurato dagli anni e la si accompagnava con dolore consapevole che così doveva essere, una lacrima, un fiore, un ricordo buono e tutto finiva in altra pagina da riempire senza troppe soste di sterili domande.  Il portoncino è socchiuso.  Allungo la vista oltre misura. Il piccolo cortile nel fondo non c'è più. Al suo posto una nudità greca,ai muri stampe della Roma antica. Tolgo gli occhi da lì per rivolgersi ancora all'ultimo piano dello stabile. La finestra è spalancata. Spalancata come allora. Manca però la testa fuori,la mano che sventola un libro, una spalla nuda scappata a una camicetta alla zingara, la luce nei bagliori di un volto. Dio la memoria! Che elastico tirato a piacere o a comodo!  Ricordare è bello eppure non vorrei farlo che,rivivere può rappresentare anche uno stato che più non gli assomiglia trasformato com'è.  Scatto delle foto senza emozione solo per ricordarmi che lì le ho provate, vissute,  flussi nelle vene. Con indifferenza proseguo la camminata. Sono in via del Babbuino. C'è una fontanella all'angolo. Una giovane suona al violoncello il Largo di Handel.  Ha un suono intenso e vibrante. Qualcosa comincia a serpeggiarmi in gola. Mi chino e dentro la custodia del violoncello metto un segno d'incoraggiamento. L'improvviso di un qualcosa mi piomba in testa facendomi cadere il berretto da fantino. Ho un moto di stizza e mi rivolto con la parola "a braccio" ma il rosso di una bandiera trasforma la mia irritazione in sorriso. Arrivo a Piazza Del Popolo. So che c'è la manifestazione della FIOM guidata da Landini.  Sta parlando Rodotà. Come un gatto mi faccio largo tra la folla per ascoltare meglio. "Non dobbiamo attenderli. Se siamo qua è perché crediamo che si può cambiare nella sinistra. Se siamo qui è perché sentiamo l'urgenza di ridefinire i valori universali, la nostra Costituzione con la solidarietà  contro ogni eversione,contro il razzismo e il cinismo dilagante che ha imbarbarito la nostra società. Non dobbiamo arrendersi a chi ci porta a credere che tutto è finito e nulla si può. Noi dobbiamo lottare contro questi assassini della Speranza. . Chi soffre ha bisogno di noi. Lottiamo per loro. Il nostro impegno è cominciato da questa Piazza".  Mi guardo attorno. I volti che vedo sono tutti consapevolmente seri.   E saranno quelle parole a guidare anche me sulla via del ritorno a casa insieme al peso della stanchezza.

Mirka






"Quando m'en vò" (Boheme -G.Puccini)







2 commenti:

  1. "Non dobbiamo arrenderci", potrebbe essere un mantra da scandire tutti assieme, contro coloro che vogliono toglierci ogni speranza.
    Ma ai miracoli non ci credo.
    Cristiana

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  2. Credo che i miracoli debbono essere avviati o principiati dalla volontà degli uomini, il Dio li completerà poi. Ciao Cristiana e avanti popolo. Mirka

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