La luce non si riconosce che attraverso l'oscurità. ( Proverbio Yiddish)
L'ora era questa. Un dodici a mezzo di giornata. Suonava sempre il "campanone" della chiesa per annunciare l'ora del pasto agli operai della Slanzi, una fabbrica sparita "anche lei" da qualche anno. Almeno per poco era lo staccarsi dalla fatica del lavoro. Ore 12. Pareva che tutto si fermasse dentro a quell'ora. Il rumore assordante quanto familiare dei macchinari che assicurava il pane, il mestolo restato nell'aria della sposa o della madre, il cane sull'attenti davanti a un cancello, il gatto alla finestra, il tempo scandito dai rintocchi mesti e perfetti che segnavano la brevità "gioiosa" della tregua.
L'accoglienza era sempre fatta con la voce di ragazza allegra che capricci non conosce perché sa che la vita è fatta di realtà che non inganna l'oste, che i conti tornano se tu con loro non hai bluffato, nella lealtà dei patti di Archimede o di Pitagora, il sogno solo sul cuscino. "Chi è?" mi giungeva come tamburo che la festa annuncia, da un piano più vicino al cielo che agli scatoloni di cantina, squillante più del drink del campanello che premeva la sotto scrivente, con smaniosa insofferenza. Ma io sapevo che, quando le attese non sono state vane, portano felicità al giorno anche quando il giorno si avvia al compimento. Ma che tuffo di zampilli mi portavo al cuore e, se non fosse stata per la mia pigrizia che si alterna con la corsa, avrei lasciato chiuso l'ascensore e fatto a salti quella scala come al tempo della settimana giocata nel cortiletto di sotto.
Oggi il mio passo s'è improvvisato lento come quei rintocchi di campana che facevano risuonare l'aria in multipli echi a cerchio o ad onda. Ho indugiato per un attimo davanti a quel portone che al numero civico fa 52, per proseguire veloce come se avessi il fuoco sulla coda che non ho. Giusto il tempo per sentire il finale d'orologio che sapeva di antico come antico è sempre un pianto che con forza si trattiene. Un poco per darsi un tono di adulta accettazione, un poco per fare finta che l"assenza" sia solo un gioco a nascondino.
Mirka
" Adagio" (Concerto BWV 974 Bach da A. Marcello)
Grazie per questa intensissima poesia accompagnata da musiche sublimi.Sergio
RispondiEliminaGrazie a te SERGIO per il piacere che tu m'hai lasciato.Mirka
EliminaCon la sua descrizione abbiamo visto ogni cosa e ci siamo commossi per un ricordo così delicato e profondo.Grazie per queste bellissime musiche,le foto.Giorgio S.
RispondiEliminaSono io a ringraziare lei GIORGIO per aver condiviso i miei piccoli pensieri la musica grande.Mirka
EliminaGrazie cara per questo ricordo così vivo velato dalla commozione di quelle musiche divine.Ti abbraccio forte.Lilli
RispondiEliminaLILLI ti ricambio anch'io l'abbraccio d'affetto con la sincerità di sempre.Mirka
Elimina'Che tuffo di zampilli' porti al cuore anche tu!
RispondiEliminaGrazie PAOLA,sempre gentile.Mirka
RispondiEliminaBelli e veri i tuoi pensieri, dolenti soavemente le musiche scelte e significative le foto. Quell'ora viene per tutti e gli strappi fanno troppo male. Anche se sappiamo che i vecchi debbono morire e se sarebbe peggio perdere un giovane, comunque il dolore è crudo, il ricordo rimane come una ferita che il tempo pietoso fa cicatrizzare bene o male, ma poi basta il tocco di un orologio o una vecchia cravatta ritrovata oppure un vestito polveroso, una musica, un sapore, un odore.
RispondiEliminaE' così DomenicaLuiso.Grazie,
RispondiEliminaMirka