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fiume della vita

giovedì 7 aprile 2016

INTRECCI E IL PIANTO DI UN BAMBINO





Primi di aprile. L'aria invia profumi e il primo caldo del sole.  E bello tenere la finestra aperta  fare i propri compiti quotidiani   scrivere.  Scrivere per me è uno di questi compiti quotidiani.  Come bere due bicchieri d'acqua al mattino  disfare il letto e rifarlo   qualche flessione per sfidare la ruggine o la muffa   lavare la tazzina del caffè   ascoltare o suonare al pianoforte uno dei preludi di Bach del clavicembalo ben temperato  ecc.   Quando scrivo sono fortemente concentrata e nulla mi può distogliere ne il telefono ne i rumori proveniente dall'esterno.   Eppure questa mattina mi attirò il pianto di un bimbo. Sono sempre molto sensibile ai bimbi, sia che ridono sia che piangano.   Il piccolo poteva avere otto mesi o verso lì.  Ho in memoria il distinguo per affermarlo.   Due voci adulte si intrecciarono. Pensai  saranno dei nonni che hanno avuto in affido il piccolo.  E provai tenerezza immaginando l'ansia, sicuramente eccessiva, ( che coliche al pancino, il dentino che fora la tenera gengiva fa urlare il giorno e poi anche la notte  ) la preoccupazione, l'impotenza per i mille dubbi, la responsabilità.   Oppure, mi dissi,saranno due giovani (adulti) alle prese col primo bambino.   Pensai con orgoglio ai miei figli e a molti altri giovani.     Sotto alcuni aspetti i giovani d'oggi sono più maturi e realisti della mia generazione.   I miei genitori venivano da una guerra atroce e devastante, maturi oltre la stessa giovinezza e costretti a costruire (sulle macerie) senza pensare ai sogni se non solidificando lo  nella semina di un presente per risanare le profonde ferite e dar loro consistenza di nuovo e di speranza . Per cui lavorare (sodo, trascurando in parte anche la famiglia) era per loro una sintesi tra passato e una forza rivoluzionaria che faceva convergere il fare con la coscienza rigorosa, forse, incuranti, per necessità, alla formazione in atto che si stava formando nel tessuto sociale e  percependo  piano piano l'amaro della disuguaglianza di una pseudo democrazia  con relativa soggezione, da parte di molti, anche se ammansito dalla carezza dell'uguaglianza e dalla libertà  (formale) data come promessa nell'uovo pasquale e abilmente divulgata dai media.  Cosa che noi, nati da quella generazione dura e forte di quei sopravvissuti alla tragedia della guerra,  il Sogno c'è lo inserimmo, pur attentissimo a tutti i più lievi cambiamenti d'umore e di inserimenti politici e sbottavamo immediati e irruenti  svelando senza mezzi termini il nuovo del padrone. Perché noi volevamo veramente un mondo nuovo, e credevamo che solo sfidando i nemici di sempre, togliendo loro la maschera d'ogni buonismo fosse l'unica cosa doverosa da fare, l'unica virtù che valesse quanto la vita, il sentimento più vero e ardente contro ogni Democrazia col manganello nei pantaloni.      A questo pensavo mentre davo valore a quel tipo di giovani e a quel lato di maturità che aveva loro permesso di  potere estrarre il positivo (buono) dalle lezioni negative lasciate da noi.  E di questo ne sono convinta come sono consapevole dello spietato impietoso giudizio a noi riservato.   Cosi che,  nell'orgoglio iniziale  cominciò a prendere forma anche la profonda tristezza per l'ingiusto (cattivo) chiuso dalla corazza del freddo egoismo.   Mi dissi un giorno quando questi giovani saranno arrivati alla mia stessa riva, capiranno e smarriti si cacceranno dal volto un'invisibile lacrima per un tardivo rimpianto di non essere stati capaci di scavare oltre la superficie e dentro un'umanità forse anche fragile ma fatta con la sostanza dei miracoli. Andai alla finestra per chiuderla. Dal mio balcone il primo fiore blu. Sorrisi perché nel frattempo anche il bimbo si era tranquillizzarlo. Mi sono detta ora saranno gli Angeli a vegliare su di lui.   Con lentezza mi sono incamminatosi al lettore per mettere un CD della mia musica preferita.   Se non fosse stato l'improvviso della pancia a ricordarmi del negozio più vicino per mettere anche lei tranquilla.   La quotidianità.

Mirka




"Shape Of My Heart"





5 commenti:

  1. L'affresco di un bel quotidiano. Dal pianto di un bimbo alle riflessioni più profonde sui salti generazionali,i loro conflitti,un'economia diversa dei sentimenti,i nemici di sempre, (egoismo soprattutto) nel presente oscurato sotto la scorza di un'equilibrio solo apparente nella realtà,oggi quanto mai dinamicamente presente. Mi congratulo vivamente,invece,del tuo equilibrio. F.

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  2. Se non ci fossero i nonni sarebbe instabile anche quella maturità dei giovani a cui tu alludi. I nonni sono sempre stati una "necessità sociale",ma la nostra generazione fu quella che insegno il coraggio della ribellione per costruire un modello mondiale per il bene di tutti,soprattutto delle parti più deboli,delle minoranze,attenti alle trappole dei perversi meccanismi sociali e,consegnando all'etica i valori più ancora che a un nucleo familiare spesso risolutivo per i clan. Ultimi casi Boschi Guidi Riina. Mi complimento con te per il bellissimo posto. Un caro abbraccio Elsa

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  3. Un quotidiano F. guidato da abitudini irrinunciabili e care per nutrire ancora qualche buona radice. Una di queste è lasciarsi attrarre da un bimbo, piangere e ridere con lui. Per ogni altra cosa il suo Tempo. Grazie per il tuo intervento sempre gradito.

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  4. I nonni una perla da riconoscere come grande valore che si tramanda Elsa quando la loro presenza non è invasiva. Loro (noi) conosciamo il senso profondo di ogni sacrificio quello che dà e raramente chiede. Ed è etica sempre. Etica che non conoscerà mai deviazione negligenza o riposo. Ti ricambio abbraccio e affetto. Mirka

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  5. Belle analisi. Come sempre del resto,concrete e insieme da sognatrice. Al quadro ti metto solo un'altro colore. Se i giovani,oggi,sembrano più maturi lo debbono ai loro nonni. Se non ci fossero loro sarebbe dura. Veramente dura. Gianni

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