fiume

fiume
fiume della vita

lunedì 27 maggio 2013

PERSONE. UN "PICCOLO SIGNORE" NON CREDENTE MA MOLTO VICINO A DIO







ma quando vien lo sgelo le rane cominciano a cantare




"Ci vorrebbe un diluvio di bontà" risuonava all'orecchio di Karinauna voce roca e  vivace, spenta "solo fisicamente" ma viva nel suo subconscio, sorgendo come inusitata presenza proprio  mentre la donna si arrovellava tra l'intrigo dei suoi pensieri per trovare la soluzione a certi perché.   E...eccolo davanti a lei, piccola nel l'allora, avida d'apprendimento e ancora ignorante di tutto. Però quella frase lapidaria l'aveva folgorata come una "verità" assoluta.  Ma il senso profondo lo comprese dopo molto tempo.   Nel presente un martello pneumatico che incessantemente lavorava lavorava.

Autodidatta, di una cultura immensa, onesto sino ai buchi nelle scarpe, artigiano geniale e di stampo socialista.  Questo era quell'uomo che, se conobbe la miseria, mai la scortò di mestizia o di noia. Il suo nome era Giovanni ma tutti lo chiamavano per cognome, Settimio. Anche mia madre lo chiamava per cognome e a ruota pure io.  "Signor Settimio?...Mi dica signor Settimio. Buon giorno signor Settimio. Signor Settimio come sta? Signor Settimio cosa ne dice?...   Tagliava il salame a fette sottilissime perché diceva che era meglio intuire il "piacere di desiderarlo" che averne a sazietà. Mangiarne troppo c'è sempre il pericolo di una intossicazione e allora si che sono guai con il rischio "anche" di voler dimenticare per sempre il "pregiato" salame.        Giovanni creava delle biciclette bellissime e uniche che vendeva a prezzi stracciati, regalandole come se fosse lui a dover ringraziare e non chi le aveva avute in dono. Si spostava con la bicicletta fatta da lui, portando sul seggiolino il suo ultimo figlio (ne aveva avuti cinque e questo era l'ultimo avuto per grazia dei suoi focosi spermatozoo funzionanti alla grande anche in tarda età. Credo fosse sui sessant'anni, più o meno) e pedalava senza conoscere nessuna distanza, felice e, a volte accompagnando la pedalata persino col canto.  Spesso si fermavano. lui e il bambino, nei prati senza traccia di sentieri, gioiendo del sole, dei fiori selvaggi, dei radicchio che raccoglieva e portava a casa come un trofeo, come  per i pesci quando riusciva a pescarlo nel fiume.  Diceva "Oh questi si che purificano il sangue e non fanno ingrassare"  mentre li odorava  e li guardava come un regno meraviglioso di cui "lui" ne era il re.  Ogni tanto reprimeva la preoccupazione di offrire un' istruzione meglio della sua, a quel suo ultimo figlio,a quel l'inaspettato occhio della terra e, intanto pensava vagamente di poter guadagnare qualcosa con le "invenzioni" che metteva a punto con le biciclette che faceva.   Ma le enormi somme non vennero mai. Lui trovava sempre un modo di  rimandare l'invio dei suoi Brevetti perché gli pareva sempre di doverli perfezionare.     D'inverno si soffregava le mani energicamente per scaldarlo lasciando alto, tracce del suo fiato che Karina inseguiva distraendosi dal buco nello stomaco e sognando dentro le circonvolute di quel fiato che sapeva di aglio, di pane inzuppato nel latte, di brina.   Non conosceva cosa significasse la parola stanchezza, quell'uomo, anche se si alzava alle cinque per aprire la bottega e andava a dormire all'una dopo la mezzanotte per aspettare l'ultimo cliente che gli aveva lasciato in consegna la bicicletta fatta da lui, e che tutti chiamavano  signor Settimio.  La sua schiena  era sempre dritta sui polpacci forti per le camminate, le ciclettate e un centinaio o due di flessioni al giorno.  Spesso si spazientiva contro il "mondo intero" oppure perché non aveva fatto giornata coi soliti avventori che avevano dimenticato a casa i soldi per l'affitto della bici...E allora lo si sentiva imprecare "Mo boia d'un mond leder, ma porca la miseria, porca puttana Eva  ecc ecc."   Bastava comunque poco per farlo tornare del suo umore, allegro e buono. Il parlare d'astronomia,della specie umana venuta dalla scimmia, di Copernico e di Galileo e qualche volta anche di Dante.    Non era credente, ciononostante mai considerò con ironia le credenze di altri uomini che costituivano conforto e forse anche un tormento in più con cui fare i conti, un motivo buono per innalzarlo agli occhi di Karina che pensava di  non  aver  mai conosciuto homo più vicino a Dio di lui.

Abitava in un alto casermone rettangolare, col pozzo nel giardino comune, la bottega di meccanico affacciata su quel pozzo da dove a sera, con le mani sui fianchi, si metteva sulla porta  per ammirare il bel faccione della luna coi grilli che scalpitavano per essere i primi ad uscire facendo zittire i merli e i gatti per qualche frittata che leccava l'aria. Ed era allora che i suoi occhi cambiavano colore diventando bianchi come le stelle, da azzurri che erano.  Karina lo vede coi suoi doppi occhiali, chino a leggere i giornali di scienza o gli articoli di politica, a sottolinearne i passaggi più interessanti, e il fiato coi ghirigori, il suo orgoglio tramutato in lacrime, la sua curiosità di bambino, la luce del sole quando poteva filtrare, e lui felice felice di poter immaginare tanto e un poco anche capire, mentre alzando la testa e guardando lontano diceva "Ecco nello spazio dove vivono milioni di astri e di stelle e di pianeti, nel tempo così infinito che io non potrò mai confinare a tempo neppure da intuire,nella materia infinita anche quando si sfalda sino a diventare alimento per i vermi,ecco formarsi una bolla di sapone, un organismo fatto di quella bolla di sapone, durerà giusto qualche istante poi scoppierà. Ecco ciò che siamo. Che sono". Poi chiudeva gli occhi perso in un suo sogno lontano, ma fortemente precluso all'allora  ragazzina che era a Karina.

Amava Turati e Camillo Prampolini i "miei difensori" diceva, anche se in cuor suo, ho sempre pensato fosse più anarchico che socialista, ma solo dentro al cuore, fuori era l'emiliano che sa adeguarsi ai tempi difficili per sopravvivere  restando rivoluzionario dentro.  Un socialismo spontaneo generoso e ingenuo,il suo. Un poco alla Bakunin, insomma, quando cercava di superare le contraddizioni implicite all'anarchismo col "volere"in modo assoluto un determinato tipo di rivoluzione e di società finale e di "non volere", in modo altrettanto assoluto,qualsiasi forma di direzione politica del movimento rivoluzionario per volgerlo a quello scopo; dove la figura del rivoluzionario sia rappresentata dalla passione e dalla generosità, capace di elevarsi al di sopra di ogni vanità personale e familiare, refrattario all'ambizione e all'egoismo, nemico degli oppressori e degli sfruttatori del popolo, in missione permanente al servizio della rivoluzione, mettendo "corpo e anima, pensiero e volontà,passione e azione, con tutta la sua capacità,la sua energia,"la sua fortuna" a servizio dei "fratelli", assicurando agli altri aiuto, sostegno e difesa fino all'estinzione del possibile.  Cosa che faceva sorridere la sua compagna e sposa, di cultura decisamente marxista, mentre Karina restava allocchita e con gli occhi sgranati come una deficiente che beve tutto senza capire nulla.

Karina si ferma incurante del piede infossato nella terra ancora umida dalla pioggia di ieri rievocando scena e parole.  E si domanda come mai un sogno così bello come quello di quell'uomo non abbia potuto trovare la strada per allargarsi e diventare prassi di vita.    Sovrappensiero si avvicina a una rosa. Troppo alta perché lei si possa  incendiarsi del suo profumo. Per forza, si è dimenticata di potarla nel tempo giusto.  Allunga comunque il collo e lo tira come fosse l'elastico che non è, e invece della rosa si becca un graffio da una spina. Quasi impreca anche lei come faceva quell'uomo. Si succhia il sangue. Ha uno strano sapore dolciastro e che le ricorda il sapore di etere che le restò in bocca una settimana quando fece l'appendicite. E pensare che sono passati tanti anni!   Le ha lasciato delle tracce sul dorso della mano "Acqua brunita" si dice,"Ma che sarà mai se si mescola a qualche lacrima che non è riuscita a trattenere?  Anche questo, a breve sarà solo un ricordo di un pic  un poco doloroso e nulla più"   Si avvia verso la porta di casa lasciata aperta e che ora sbatte. Con due falciate è lì. La chiude e ancora ricorda. Una canzone  incisa su un dischetto di plastica trovato insieme a una rivista che "lui" voleva sempre ascoltare, cantare, incitandola a fare altrettanto. .  Improvvisamente la donna  si ricordò dei panni stesi e corse a ritirarli.  Negli occhi l'immagine di quel "piccolo signore"  forse un poco troppo originale, che imprecava a volte contro il mondo intero, i suoi capelli tirati all'indietro, la voce un po roca ma sempre allegra, seria  solo quando affermava "Ci vorrebbe un diluvio  di bontà".  E  Karina che non piangeva mai quando era sottoposta a dure prove, di fronte all'immagine lontana e mai sbiadita di quell'uomo, le versò come per bellezza da trattenere al cuore, mentre sentiva totalmente la verità assoluta racchiusa dentro la frase di quell'uomo che tutti chiamavano con rispetto,  Signor Settimio. sussurrandosi piano e senza nessuna impressione di fargli il verso le stesse sue parole, serie, velate solo da un poco di malinconia.  "Ci vorrebbe un diluvio di bontà". E questa era la sua realtà che anche Karina avrebbe voluto. Importante, oggi, più di una qualsiasi invenzione


Mirka




"Mattinata"" (  R.Leoncavallo)









Nota- Ovviamente il cognome Settimio è un cognome farlocco per l'ovvia questione di privacy







30 commenti:

  1. Un diluvio di bontà, si, che bello! In questi giorni di pioggia, evocare un diluvio così quasi sembra di cercar l'azzurro del cielo.

    p.s.: Mirka, ma come si fa a cantare così Mattinata? C'è quella povera orchestra che non sa più come fare a stargli dietro.. per non parlare del pseudoacuto finale. Fischi meritati.

    RispondiElimina
  2. Non hai una ragione ma cento e una a dire così di Bocelli che,tra l'altro non mi è mai piaciuto. E che è un tenore?... Ma credimi MARZIO ho cercato su you tube altri cantanti possibili e passabili non trovandone uno. Forse Di Stefano ma in quella versione non mi garbava,Pavarotti non me lo si dava, altri mancavao. Però mi frigge ancora aver postato questo video. Proverò a vedere se ne trovo un'altro. Ciao.Mirka

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Trovato una degna sostituzione.Ora mi sento meglio anch'io.Evviva,Mirka

      Elimina
    2. Decisamente meglio. Ma prova a sentire questo Del Monaco. A parte il fraseggio un po' antico, con le portature tanto in voga negli anni passati, un'interpretazione piena di mattina, di fresco, appunto, senza troppi gigionamenti....

      Elimina
    3. Vero MARZIO e grazie perchè hai pensato a farlo tu.Mirka

      Elimina
  3. Grande per narrazione,la statura di un'uomo d'altri tempi,la vita umana che spazia oltre i propri confini,vivendoli,con cuore bambino,ma con maturità cosciemte in ogni attimo vissuto. Grazie e basta,perchè non saprei che altro dire.Giorgio S.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si,GIORGIO d'altri tempi ma con traccia nell'oggi. Grazie a lei come sempre tanto gentile.Mirka

      Elimina
  4. Pochi, oggi, saprebbero vivere come questa persona, semplice ma essenziale di suo,col senso della gioia nel fare del proprio giorno l'inizio e la fine in coerenza di se,ma accettando la realtà dipanandola come qualcosa di suo e unico da vivere.Molto bello aver cominciarto e finito con quella frase veramente straordinaria. "Ci vorrebbe un diluvio di bontà". Sergio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ...ci vorrebbe un diluvio di bontà. Un abbraccio d'affetto SERGIO,Mirka

      Elimina
  5. Narrazione che prende per la descrizione reale di un'uomo del quale s'intuisce non abbia mai perso l'occasione per affermare la sua umanità,il suo "credere" operando,nel suo tempo,come se fosse eterno o solo un giorno da vivere con gioia faticosa. Lo riflette benissimo anche la foto postata,la musica.Cappello.Klaus Voigt

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Credere operando come eternità o solo un giorno da vivere fu sicuramente l'espressione più autentica di quella persona,KLAUS, è anche per me.Fatica che si trasforma in leggerezza di gioia.Grazie di cuore,Mirka

      Elimina
  6. E' bello avere tra i ricordi una persona così. Credo sia stata anche molto formativa per te. Complimenti per lo scritto,la foto,la musica.Beatrice

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si BEATRICE,quando ritorna alla mente è bello anche se non è nella mia natura imitare o predispormi a farlo pur riconoscendo ogni valore scaturito dal "senso" morale della vita. Bacio,Mirka

      Elimina
  7. Che bella persona, vera e appassionata, questo signor Brambilla. La sua esistenza ti rappacifica con il triste mondo che ci circonda e ci succhia. La fede formale in Dio non è niente senza la tenerezza, la compassione e la generosità: quel regalare le biciclette inventate da lui.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Domenica.Quella persona fa veramente parte del mio percorso di cammino. Ogni tanto ritorna alla memoria dentro a quelle immagini impregnate d'autentica fede dilatata a tutto il suo operare Nell'esercizio della virtù,con la consapevolezza dei suoi limiti umani accettati serenamente non essendoci in lui l'ambizione di superarli nè d'essere altro da ciò che era. E regalava SI quelle stupende biciclette che lui inventava solo per l'orgoglio d'averle fatte,la gioia d'aver assicurato,almeno per qualche giorno, il pane alla sua famiglia. Si.A volte mi ritorna in mente, coi suoi occhi azzurrissimi che qualcuno ha ereditato insieme ad "altre" capacità,la sua allegria mai smessa se non quando lasciò questa terra, in pace pur NON credendo a nessun tipo di religione anche se la bontà era in lui e Dio dentro a quella bontà.Mirka!...

      Elimina
  8. Credo d'aver conosciuto la persona descritta da te. Io ero bambino ma ho preciso il ricordo della stima che avevano tutti. Brasva come sempre! Un'abbraccio caloroso da chi sai.A.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi fa piacere ricordarlo così anche attraverso i tuoi occhi bambini A. che con gioia saluto. Mirka

      Elimina
  9. I suoi racconti hanno l'autorevolezza delle fiabe. Semplici e meravigliose insieme.Un'abbraccio affettuoso.Giorgio.S.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Raccontarsi caro GIORGIO si raccoglie sempre la vita diventata fiaba con il lieto fine ma anche no. Qui il lieto fine c'è stato con il compimento attravers e dentro la coerenza a una natura fatta di umili e grandi cose con sguardo verso l'unica direzione possibile. Grazie infinite a lei con il piacere sempre di sentirla. Mirka.

      Elimina
  10. Le maschere dei farisei e dei sepolcri imbiancati sono molteplici e filiformi e noi lo vediamo ogni giorno (dissacrato). Su questa persona,invece non ci sono dubbi del suo essere vicina a Dio anche se a volte imprecava. Forse i motivi per farlo li aveva tutti. Complimenti davvero e grazie.Enrico S.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si ENRICO per questa persona mai vi furono dubbi di nudità del volto,vero anche di capelli, pur se a volte impomatati da un poco di brillantina. Allora però lo esigeva il costume. Un grazie lo si ricambia sempre col cuore quando lo si sente sincero. E il suo lo è.Mirka

      Elimina
  11. Sì l'enunciato "diluvio di bontà" è la chiave di svolta per questi nostri tempi. Mi è tornato in mente, leggendo questa narrazione tenera e avvolgente, un grande libro di Erich Fromm, L'ARTE DI AMARE, dove molto si insiste sul tema della "filia" (privi della quale, ci polverizziamo avendo vissuto inutilmente9.

    Andrea

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'arte di amare ANDREA è semplicemente quel sentire la vita facendola buona ma..a pochi dei miliardi che popolano la terra è dato il provarlo e poi praticarlo.Mirka.

      Elimina
    2. Verissimo MARIO anche se nei fossi ci entrò,ma per provare la gioia dei piedi insieme al suo bambino divenuto nell'adesso forte e galantuomo come quel papà.Mirka

      Elimina
  12. Straordinario! Trovare una persona con la coscienza allegra, senza cristallizzrsi in sterili sogni,ma con gli occhi spalancati alle realtà sociali, senza per questo farsi carico di salvezza.Intenso e stimolatore a riflettere su ciò che conta veramente.Un carissimo saluto .G.M.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Peccato non sia invece la norma caro G. però se un riflesso vivo d'identità è guizzato,forse a distanza d'anni o di secoli anche nel dna qualcosa guizzerà. E questa è la mia presente e postuma certezza.Abbraccio,Mirka

      Elimina
  13. Una persona talmente viva da essere ancora qui affinchè la si legga con gli occhi umidi. Molto toccante.Davvero.L.S.

    RispondiElimina
  14. "Questi non ciberà carne nè peltro,ma sapienza,amore e virtude" (Dante) Credo che quella persona avesse a cuore il divino poeta,perchè oltre a seguire l'amore,che s'impara e cresce leggendo il Purgatorio,sapeva commuoversi davanti al cielo. E questa era la miglior prova di quanto fosse "molto" vicino a Dio. F.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non so se quella persona fosse cresciuta nell'amore leggendo il Purgatorio dantesco,certamente la sua predisposizione naturale fu quella di passare attraverso tutti e tre libri e fermarsi sull'ultima pagina dell'ultimo libro poco prima di spirare.Mirka

      Elimina