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fiume della vita

giovedì 27 dicembre 2012

I PERCHE'. GLI SBOCCI, Sensualità, REPRESSIONE, E COSI' VIA.



"Ecco perché a 83 anni, mi sono accinto a narrare il mio mito personale. Posso solo fare dichiarazioni immediate, soltanto raccontare delle storie e, il problema non è di stabilire se queste siano vere o no, poiché l'unica domanda da porre è se ciò che racconto è la mia favola, la mia verità". (C. G.  Jung -Introduzione alla sua biografia)





Ci sono segni che, anche se invisibili all'occhio, si sentono come crepe sulla pelle, che bruciano come d'innocenza violata o semplicemente introdotta a una precoce maturità impastata con la farina madre della ribellione e della diffidenza.   
  
La scatola dei biscotti è ormai vuota."Dovrò riprenderli al più presto, oppure decidere di mettermi a dieta", pensava Aurora, non propriamente convinta, addentando l'ennesimo pavesino.     I suoi occhi passavano dal verde cupo di bottiglia, all'azzurro bizantino, per fermarsi a un bianco increspato come onde di un mare in tempesta subito calmato da una luna piena che, risucchiandone il salato nel suo faccione, lo addolciva lasciandolo come olio versato.  Ed era felice di ricordare anche gli episodi più dolorosi e inquieti su un destino che si era sempre messo in mezzo fra la sua naturale inclinazione alla gioia, e quello di scaraventare una secchiata d'acqua gelida in faccia a qualcuno nel pieno d'una festa.
Si buttò indietro con uno scatto infastidito il solito riccio piombato su un occhio e, con cupezza raggiunse il posto dove aveva vissuto il tempo della sua infanzia fermata agli albori dell'adolescenza.   Gli occhi non le brillavano in quel prisma sfavillante che tutti le hanno sempre detto di portare, sono invece una fredda lama sospesa a mezz'aria.
Eccola tredicenne e in "sboccio". Le gambe lunghe e mai ferme, il corpo magro ma con la rotondità di due piccoli soli che si fanno avanti da un vestito di cotonina aperto da un colletto di pizzo macramè che la zia le ha voluto fare per rendere meno lugubre il grigio di quel vestito. Ha due grosse trecce dal colore delle castagne ramate fermate da un grosso nastro alla sommità della testa. E' seduta in un banco davanti a un quaderno di aritmetica. Non ha voglia di fare quel l'operazione e così mordicchia la matita. E...guarda fuori inseguendo nuvole e tutto quello che passa dall'esterno.    Prima ancora della voce sono gli occhi a distogliere Aurora dal suo mondo di libertà felice, entro il quale si rifugia così spesso per difendersi dalla crudeltà di una realtà che la obbligava a mediare l'asprezza con una falsa sottomissione e che, per la quale, a volte, persino si odiava.    Subito abbassò gli occhi fingendo un interesse "profondo" al compito che assolutamente doveva portare a termine: "Ti ho vista, sai, mentre eri incantata a seguire chissà quali fantasticherie!"  le gracchio' la voce all'orecchio destro trasmettendone la cannonata all'altro e poi rimbombante dentro  la testa."No, dolce Madre, mi creda, pensavo solo a come risolvere l'operazione". Uno strattone a una treccia le sciolse il nodo del nastro, e le incendiò il centro della sua natura, facendola sobbalzare e portandola a graffiare la mano che l'aveva colpita. (Non si era tagliata le unghie e sapeva che, anche per questa dimenticanza la punizione,"puntuale", sarebbe arrivata). Un altro strattone alla ormai sciolta grossa treccia non riuscì ad impedire ad Aurora la volontà di non dargliela per vinta con altre reazioni che non fosse una perfetta indifferenza, muta di suono.    Si concentra invece a misurare la progressiva tensione dei suoi nervi in quella sfida immane. Sente i denti che si serrano mentre aumenta lo stiramento dei muscoli facendo indurire ancor più i due piccoli soli quasi usciti dalla scollatura del colletto scivolato.    Tante saette  d'occhi trapassano il sipario e curiose frugano i pensieri della Madre e della compagna. Aurora vede e non vede, tanto estranea è diventata a ogni cosa che la circonda. Solo la "sua" volontà nel mostrarsi totalmente insensibile, conta. Non le sfugge però la durezza dello sguardo di quella cornacchia che lei aveva chiamato col nome di dolce Madre.   Sente  l'elettricità propagata nell'aria generata da quei corpi  di elastico e in attesa... La monaca fa alzare la giovane dal suo banco di studio, e la spinge fuori tirandole la treccia come se fosse un guinzaglio per i cani.   Aurora è rossa in volto e se lo sente quel rossore, trasmettendolo alle vene pronte a scoppiare. Passa tra le compagne. Si stira le labbra sino alle orecchie, rosse pure loro, cercando di rassicurarsi che non succederà nulla, che lei non ha paura, anche se il cuore le batte come un maglio forsennato. Ha solo vergogna per quelle piccole sfere rivoluzionarie che non riesce a nascondere e che hanno fatto diventare una belva la dolce Madre.   E' lungo il corridoio che attraversano, a lei sembra di non averlo mai visto. Poi le scale. Un transetto di chiavi le fa capire che è arrivata alla destinazione di un viaggio che non sa.  Eccola dentro a una piccola stanza, fredda come quelle chiavi, e gli occhi senza ciglia che lì l'hanno introdotta. Trema il suo orgoglio, però non lo dà a vedere. "Spogliati" le ordina tagliente la voce.  Per un attimo Aurora esita sul da farsi. Poi la guarda dritto negli occhi e con uno scatto da cucciola pantera si libera del vestito e della maglietta che protegge il suo corpicino. Sprezzante, lascia cadere tutto a terra. Ora è completamente nuda. Non voleva così la sorella Madre?...Non trema più. Aspetta. Semplicemente e tranquillamente. Vede la cornice della finestra nera e ancor più bianco il vetro che fa da specchio a un giardino bellissimo. Si perde un poco. E sente. Sente aprirsi un armadio, sente strappare della tela, sente delle mani spietate che le imprigionano i piccoli seni e stringono stringono...Fa male. Il respiro è venuto a mancare ma non cade. Resta immobile e dritta mentre sente trasformarsi la ribellione in scherno che assomiglia alla pena. Pensa, sempre guardando in faccia la sua carnefice. "Ecco, forse, il mondo dei grandi è questo! Frustrati e poveri a cui non sarà mai dato di conoscere la gioia del sentir cantare il proprio corpo, la leggerezza delle capriole fatte senza ipocrisia o remore, sul confine dell'urlo primitivo. Ecco chi è preposto all'educazione delle giovani vite! Una sadica tiranna si, purtuttavia  incapace di annientare una volontà, la fiducia della sfida per un futuro diverso, e tutto da costruire, anche se  con tutte le incognite, le delusioni, gli inganni, i fallimenti.
E sarà proprio lei, quella aguzzina a dar vita a una donna forte con la fascia-reggipetto che le tagliava le teneri carni, senza incidere sulla sua identità di foresta, difficile da esplorare se non per la mano di chi doveva conoscere veramente l'amore.

"Puoi rimettere i vestiti" le mormora immobile e statica la cornacchia. Aurora raccoglie lentamente la maglietta e il vestito. Sempre lentamente lo indossa, sempre guardandola abbozza persino un sorriso, dolce, mentre pensa ad altro. E che importanza ormai può avere se, anche nei giorni di rossa liquidità, come del resto lo sarebbe stato per tutte le compagne, lei sarà messa in disparte come una impura da guardare in lontananza. Aurora  è consapevole della sua diversità e non teme di dire "Ho voglia di sputare in faccia a quel mondo fatto di bianca sporcizia, di soggolo svolazzante a mo di cornacchia caduta in un secchio di candeggina.

Solo  più tardi avrebbe imparato a farsi domande dandosi risposta senza aspettare la conferma dagli altri, a non vergognarsi più di nessuna parte del suo corpo, ma ad amarlo perché da esso, oltre che portatore di vita, poteva trarne piaceri sottili e darli, ricordandosi e rigenerandosi  sempre come per una prima volta.
Ci sono corazze che nascondono l'animale umano in quanto inibiti a mezzo di una educazione sbagliata, e i cui comportamenti per quanto mascherati da "buone intenzioni" recano danni a se e agli altri, riempiendo l'anima di colpa, creando manifestazioni di patologia, tiranni con paure inconscia e, invidie, crudeltà che inevitabilmente conducono al sadismo e a ogni forma di perversione senza rendersi conto che, il loro, è solo una reazione terribile a "uno stato vegetativo" che come un vampiro si nutre della vita altrui facendone scempio.

In quel tempo Aurora si chiedeva solo "perché", nel rispetto dell'unica alternativa che le restava. Stringersi al mistero del suo corpo in "sboccio", e fiorire gioire nel nascosto di se stessa, forse anche un poco temendo, ma senza mai sentire un velo di sporcizia. Quella sporcizia che, crescendo avrebbe creato in altri, sfortunati come quella monaca, la colpa, la malattia, e ogni crimine, anche sociale, in lei, proprio da quel male tracciato da un quasi invisibile segno, un "pezzo da novanta" dell'intero e, dalle mille delizie tanto per essere in perfetta sintonia con Keats.

Mirka










"Die Scopfung"  (The Creation -J.Haydn)



9 commenti:

  1. Ho letto con commozione e molta attenzione questo capitolo del tuo romanzo "Il destino nel nome".Concordo pienamente su tutto.Grandi gli accostamenti musicali e le fotografie.Ti abbraccio.F.

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  2. Una terribile testimonianza che,per fortuna vede la protagonista vincente.Per i contenuti dell'argomento sono d'accordo su tutto.La repressione sessuale, soprattutto se cominciata in tenera età,crea mostri o...artisti maledetti. Bellissima anche la musica.Ti abbraccio con stima e affetto.G.M.

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  3. Come ha detto Jung "non è stabilire se siano vere, ma se siano la mia favola,la mia verità". Racconto duro quello che hai messo in bocca ad Aurora la cui volontà di non soggiacere agli altri,la ebbe vinta persino sul destino.Grazie anche se abbiamo ancora i brividi. Mi ha colpito "lo stato vegetativo".La vita è sempre rivoluzione,altro è semenza di morte.Maria R.

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  4. Che dire, Mirka? Già la vita è difficile di suo. Perché ci si mettono gli "educatori" a complicarla ulteriormente? Perché umiliare, far vergognare un innocente, per le proprie incapacità a risolversi?

    Un abbraccio.

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  5. GRAZIE A TUTTI.

    Credo che,la formazione sessuale, vada guidata con naturalezza,semplicità e con la responsabilità che non deve mai mancare.
    Ad Aurora poteva andarle peggio. Fu fortunata grazie anche al suo istintivo senso della VITA,sana,svincolata e gioiosa,anche se dovette combattere a lungo sulle sue "innaturali" inibizioni.
    Mirka

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  6. Le persone frustrate,o inibite,o represse,invidiano la bellezza che "sboccia", perchè rappresenta la parte più naturale negata a loro e,se (educatori) si daranno da fare,in tutti i modi,per fare macelleria di quella bellezza confinandola fra le "tentazioni" del diavolo anzichè dell'alta creazione.Elsa

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    1. ...e nel caso di monache o di religiosi,ciò che li muove alla crudeltà non è che rabbia per una infelicità negata a seguito di una repressione della "loro" energia sessuale,relegandoli in un habitat dove solo il male si annida,perenne testimone di una imbrattata innocenza in atto di sbocciare.Mirka

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  7. "Io so che nello scrivere debbo accecarmi artificialmente per poter dirigere tutta la luce su un punto oscuro" (Lou Salomé) Ecco,in questo racconto,Aurora ha focalizzato tutta la sua forza su un punto luminoso.Luciano V.

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    1. Il punto luminoso di Aurora,LUCIANO, fu sempre quel punto mai oscurato di fedeltà alla GIOIA situato e visibile anche negli angoli più riposti del suo corpo e della sua anima e,di cui, inseguirne le tracce fu sempre gioco anche se spesso doveva ingarbugliarle la vita.Grazie per avermi citato Lou Slomè che amo da sempre.Mirka

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