fiume

fiume
fiume della vita

venerdì 16 settembre 2016

ROMANZO INCOMPIUTO





 Ogni partenza per     era un respiro affannoso che si calmava sul predellino del treno o dell'aereo,  ma  ogni addio era un viaggio senza ritorno.  Un viaggio con l'ansia del deserto da riempire di ciliegie e melograno o un ghiaccio da scaldare con la febbre che saliva col mercurio di un'invisibile asticella, le mani frenetiche fra una pausa di Scrittura, telefono, grattatine alla matassa di bracia dei capelli, baci all'aria che si annidava, nodi da sciogliere con la mano al telefono,  il bisogno sempre nuovo di dirsi  tu sei qui, noi esistiamo se siamo insieme.  Ed era questo l'unico modo per conciliare quelle mani sempre in perpetuo movimento. Movimentate vele coi delfini in  gioco, il corpo  frutto maturo per essere liberato dal l'inutile peso di un tronco comune.   Si era appreso un linguaggio segreto, tutto nostro, tra lo scherzoso e lo scrupolo che rende serio anche lo scherzo e che spesso ci lasciava balbettanti ed estenuati per aver messo tutto  di noi tra sentimento e intelligenza, per cui anche a distanza, o mentre si parlava al telefono se ne poteva vedere la luce che illuminava i reciproci volti riflessi in un Immaginato specchio che rideva.  Ci si scriveva infinite lettere. Lei nel grande terrazzo di casa, lui nel suo studio presumibilmente ordinato o pensato tale.  Ma per lo più il mezzo più efficace di comunicazione era affidata all'intuizione che assumeva sostanza di forma e colore più che di parola così facile nel depistare dalla verità del sentire.    E finalmente il nuovo incontro quasi sempre coincidente coi reciproci impegni, qualcuno organizzato da Lui.  Venezia, Firenze, Milano, Zurigo,  Berlino,  Roma,  e le altre strade del mondo. Un frullare di ciglia   la valigia con la cerniera sempre pronta a esplodere     la danza dei taxi o dei treni    l'alchimia come deterrente di comunicazione    il coraggio che disegna e cancella ostacoli e prove e si trova vincente. Che uscire dagli schemi è vittoria di Sé e d'amore.   Eppure qualcosa non tornò in quel l'ingranaggio perfetto. I ritorni erano sempre una tragedia con a dosso un'impenetrabile senso di sconfitta e   come di perdita. Non la sofferenza naturale di quando si è costretti a lasciare la persona amata, ma quella più dolorosamente sottile di un Sé che viene a meno o se ne perde un pezzettino. Restavano è vero, a mezzo del l'aria, gli occhi vivissimi di entrambi che bombardavano luce, ma un velo di insoddisfazione restava. Un'insoddisfazione che lavorava su l'inconscio pur con la ferma volontà di non opporsi al Destino.  Fra una pausa di razionalità e un'altra di meditazione, mai veramente a fondo, a soddisfare la vanità di lei spiccava l' adorazione di lui nel piacere visibile di sentirla parlare. Un parlare che lui chiamava la sua melodia  infinita. Una sinfonia che si sostituiva alla realtà diventando spazio su cui navigare. Bello sicuramente ma non appagante per cui qualcosa andò storto. Eppure i connotati per essere un romanzo concreto e a lieto fine non mancavano se...Se non ci fosse stata la pretesa da parte di lui di quella disciplina (militare) che a lei ricordava il filo spinato di Dachau anche se costruito con fili d'oro e pietre preziose. Ecco, questa era la sensazione che si portava a presso dopo ogni incontro,  rendendola inquieta, nervosa, negativa sino al disfattismo. Che per lei l'arte come l'amore era conoscenza seria ma in punta di piedi, proprio perché ci si avvicina al l'imponderabile sacro, uno studio attentissimo senza distrazione, esaltante e insieme prudente, un Sogno prolungato e continuativo di Bellezza trascendente la stessa fisicità, attraverso mille forme, con la manifestazione di energia che rinasce ogni volta da una pioggia d'oro o da Leggi non scritte che riempiono il Se e liberano l'universo e da cui l'ispirazione trae la sua intensità. Si adeguava è vero anche se oscuramente sentiva che per venirsi veramente incontro, comunicare e realmente comprendere non bastava la volontà che spesso ci si chiede senza trovare risposte valide ed esaurienti, ma alla fine anche il nostro istinto si concilia con la coscienza. E lì riunisce come fa il Cielo con le stelle senza il danno dello scontro. Che a volte si crede di conoscere e si soffre perché "qualcosa" manca al l'appello fino a che non lo completa l'azione del Tempo che dà ragione a un nostro misterioso sentire.       Rimpianti? No. Che la natura va assecondata guidandola con la profondità lieve di chi vuole vederla crescere ricca di germogli sempre in fiore e di frutti buoni da donare ai passanti, mentre degli occhi rivedono il Castello di Berlino 37, Anna la dolce domestica sdentata e dal naso sempre rosso, ( consolava la sua solitudine col vino), il lungo maggiordomo che sembrava un faro sempre spento, l'interminabile Steinway, spartiti anche su la testa, grammatiche di tedesco a terra e sul cuscino, un quaderno e una penna sempre nascosti in tasca, una giovanissima ragazza alla finestra sempre troppo incantata a guardare il cielo e un prato  (immaginato) su cui liberamente danzare a piedi scalzi, la percezione quasi allegra sulle gambe impazienti per l'ingaggio (stabile) al Theaterkasse saltato ad altre vite più ubbidienti e brave, il cuore un poco pesante per il pianto, forse, di una madre, la leggerezza scalpitante verso ogni sentiero ignoto, Protetta dal l 'Esercito di Angeli con scudo frecce ed arco.  No. Non tengo Rimpianti per questo Romanzo restato Incompiuto forse per intercessione divina o più ancora per la forza di una indomabile natura. Un Sogno. Questo si.  Ma cresciuto dentro al regno della Libertà guidata con Amore INCONSAPEVOLE che spesso solo a posteriori si comprende che ciò che si era dato era Amore e solo amore. Quello che irradia sempre Programmi di luce in coppia a un'idea razionale mai disgiunta dalle Leggi del cielo (pur non conoscendone l' interpretato se non per la gioia che trasmette il cuore) col prudente dubbio che implacabile fruga o...per una misteriosa Fede non sottoposta a nessun numero che non sia il Compiuto dei cerchi.


Mirka 


"Andante" (n. 21 -C Major -  K 467 - Concerto per piano e orchestra-W. A. Mozart)







  Nota: Questa non è una fola (favola, invenzione) ma un pezzetto di un mosaico che si chiama vita.  Vita fatta da tante vie spesso intricate come un labirinto da percorrere inseguendo la corrente, e dove ci aspetta all'angolo di una via il bivio per una "scelta"  verso la quale il Destino opera e spinge anche noi, nomadi erranti e in cerca, speranzosi di un filo avvolto fra le mani da non perdere mai come impronta che ci ha lasciato la sorte,  prezioso inciso della propria reale individualismo, nata dalla sorgente da cui veniamo.  In zampilli sempre diversi, proprio come un teatro composto da tante scene...e che mi piace condividere fin che.

Nessun commento:

Posta un commento