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fiume della vita

giovedì 19 gennaio 2017

LA BARBONA (clochard)





Chi mi conosce sa che amo scattare fotografie, come la scrittura e un tempo il cantare facendo fiorire emozioni in me e in altri.  È aria che respiro, che mi esce dalla profondità della pancia e dal sentimento del cuore. D'improvviso mi si allargano le narici, il naso arriva al cielo e lentamente respiro come per luce che si congiunge, m'è entrata dentro, trova il suo posto naturale fuori e ovunque ci sia una realtà che cattura.  Un fiore che sta per sfiorire, una fogliolina tenera che spunta, un'alba come un tramonto, l'uomo nei suoi aspetti più variegati. Quando nasce, quando è vecchio, la sofferenza prima che muoia, i segni delle maschere, la gioia che si propaga a vista. Insomma, luci e ombre, il "particolare" , il brivido dell'autentico.  Come quella volta.  Stavo andando a Piazza del Popolo. Passavo da via del Babbuino e mi dirigevo a un appuntamento al quale tenevo molto. Ero in ritardo, eppure non ho esitato  a fermarsi su una figura a terra avvolto lata da diversi colori, alcuni non definibili. Tra le mani aveva una specie di piattino. Mi colpì il suo sguardo intelligente e perso nel lontano. So che non avrei dovuto...eppure cercando di non darlo a vedere tentai di catturare con lo scatto l'espressione così intensa della donna. Colsi invece tutta la sua tristezza consapevole nel l'improvviso del gesto di coprirsi il volto col piattino. Fui io allora a provare vergogna. Una vergogna doppia, quando lei si tolse il piattino dal volto mostrandolo tranquillamente nudo e quasi fiero.  In quel momento entrambe avemmo coscienza che qualcosa di molto bello era passato tra di noi attraverso un sentimento buono scambiato rivelando ad entrambe l'intenzione vera che aveva spinto i reciproci gesti. La verità dell'autentico che annullava ogni fraintendimento.
Nei barboni c'è un pudore finissimo e delicatissimo che i ricchi di quattrini non conosceranno mai. Una dignità che oltrepassa l'immaginazione del possibile e certamente oltre ogni conformismo fatto passare per vero. Turbata sino al scombussolato delle viscere, mentre correndo proseguiva altrove,  pensavo quale motivo poteva avere spinto quella clochard  a quella scelta obbligata e certamente non schiavista. Forse un non volersi sotto mettersi ad altre ben più feroci sottili umiliazioni o ricatti non contestabili neppure a un prete. E per poco non  ho inciampato in un sampietrino sul frullo di un pensiero intuito per un qualcosa di tragico che ci sta sempre dietro ogni rovina. Una verità che gli occhi producono, trovando il coraggio eroico di adempiere con una scelta senza futuro  a l'unica alternativa capace di salvare se stesso al terribile specchio che implacabilmente rimanda al vero autentico e riflesso. Mirka  





"Cortigiani vil razza" (Rigoletto -G.Verdi)



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