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fiume della vita

giovedì 12 gennaio 2017

L'AMICO




Eravamo amici. Un'amicizia complice, semplice, sottile e profonda, lieve come lo sguardo di un bambino che si burla di tutto e tutto prende sul serio. Non si aveva bisogno di troppe parole per capirsi e afferrare il senso giusto su e fra ogni parola. Non ci si vedeva ogni giorno ne ci si sentiva ogni giorno, eppure entrambi sapevamo di esserci respirando la stessa aria. L'intuizione precisa  era il collante che ci legava l'uno all'altro diventando strada. un'unica strada. Lui sentiva quando avevo bisogno di presenza fisica. Mi telefonava. Piccoli e lievi avamposti di schermaglia per testare la profondità del mio umore poi   l'immancabile invito a mangiare qualcosa alla  "Fontanella Borghese" o alla "Buca di Ripetta" e, davanti a un piatto scelto dal suo palato raffinatissimo e a un calice alzato guardandoci negli occhi ( marrone dorato i suoi) cangianti come il mare della Maddalena (isola) i miei, si ritrovava l'armonia di sempre, la gioia grata per un'amicizia così bella consolidata dalle affinità e da un'allegria anche se velata di presaga tristezza.  
 Ultimamente aveva preso l'abitudine di passare a casa mia verso le quindici per un baby whisky prima di andare al giornale dove lavorava come redattore di politica estera. Sul divano di pelle bianca vicini si era seduti e come al solito si scherzava su quello o quell'altro personaggio politico a sipario chiuso, quando i miei occhi caddero su le sue mani, belle, curate e senza bisogno di oro per accrescerne lo splendore, notando con stupore che all'indice della mano sinistra luccicava qualcosa in più. Non so il motivo ma al cuore saltò un colpo anche se bonariamente cominciai a prenderlo in giro  ma come un anello? tu così avverso   tu che provieni dal Manifesto (giornale) tu contro ogni forma borghese tu tu ecc ecc. Prima di rispondere lui si guardò l'anello poi la libreria che gli stava di fronte poi ancora l'anello, infine con un tono di voce ancora più bassa di quella solita che non gli avevo mai sentito quasi fosse rivolto più a se stesso che a me mi disse "Questo è un emblema di famiglia. Una pietra con lo stemma del mio casato. L'ho fatta incastonare e ora lo porto con me. Immediatamente ho capito che qualcosa di troppo serio stava succedendo e sul quale non si poteva scherzare.     Dopo sei mesi moriva per un tumore al cervello. Sulla sua lapide volle che fosse inciso questo "Brevi sono le forme che il caos inquieto produce".  Aveva quarantadue anni. Oggi avrei dovuto incontrarlo a Bracciano. Non posso farlo dal momento che sono ancora influenzata anche se so con certezza che ovunque mi sentirà con quella Bella Ciao appena accennato deponendo una rosa rossa dal lunghissimo gambo verde ancora umido di linfa c sul cofano della sua ultima dimora in territorio ostile, nel giorno del suo funerale.  Si muore una sola volta nella realtà, ma tante sono le morti fisiche o di cuore, per chi resta ancora sulla strada e in cammino.  Mirka


"Gnossienne" ( n. 1- 2- 3- Erik Satie)




3 commenti:

  1. Che racconto intenso Fortunati tutti e due per la vostra amicizia.
    Cristiana

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  2. O Cristiana che piacere risentirti! Si. Fu un'amicizia che raramente capita nella vita e se capita lo è una sola volta. Ciao e sempre Evviva

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